Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4611 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 22/02/2017, (ud. 09/01/2017, dep.22/02/2017),  n. 4611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

UNICREDIT S.P.A., (c.f. (OMISSIS)) e per essa, quale mandataria per

procura a rogito del notaio S.P. di (OMISSIS), UNICREDIT

CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A., rappresentata e difesa, per procura

speciale in calce al ricorso, dall’avv. Iolanda Chimento (c.f.

CHMLND59C65G273F pec iolandachimento-ordineavvocatiroma.org) ed

elett.te dom.ta presso lo studio della medesima in Roma, Via

Cosseria n. 1;

– ricorrente –

contro

AUTOGREGORY S.R.L., (c.f. (OMISSIS)), in persona del liquidatore sig.

S.A., nonchè i sig.ri A.S. (c.f. (OMISSIS)),

P.I. (c.f. (OMISSIS)), R.S. (c.f. (OMISSIS)) e

RU.RO. (c.f. (OMISSIS)), rappresentati e difesi, per procura

speciale a margine del controricorso, dall’avv. I.N. (c.f.

LPINCL3IC2GHSO1N pec nicolaielpo-ordineavvocatiroma.org) ed elett.te

dom.ti presso lo studio del medesimo in Roma, Via del Corso n. 504;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1972/2012 della Corte d’appello di Roma

depositata il 12 aprile 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9

gennaio 2017 dal Consigliere dott. Carlo DE CHIARA;

udito per i controricorrenti l’avv. Nicola IELPO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del primo motivo di

ricorso e l’accoglimento del secondo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Presidente del Tribunale di Roma emise nel febbraio 2001, su richiesta della Banca di Roma s.p.a., decreto ingiuntivo nei confronti della Autogregory s.r.l., nonchè dei sig.ri S.A., P.I., R.S. e Ru.Ro., per il pagamento per Lire 48.583.320, oltre accessori, corrispondenti al saldo passivo del conto corrente della società, della quale gli altri intimati, soci della stessa, erano fideiussori.

Tutti gli intimati proposero opposizione contestando, tra l’altro, la capitalizzazione trimestrale e il tasso usurario degli interessi applicati dalla banca.

Il Tribunale accolse parzialmente l’opposizione e rideterminò il debito complessivo in Lire 47.339.108 (pari ad Euro 24.448,60) eliminando la illegittima capitalizzazione degli interessi. Condannò tuttavia la banca alle spese processuali.

La Corte d’appello di Roma, in accoglimento (per quanto ancora rileva) del gravame degli originari intimati, confermata la illegittima capitalizzazione degli interessi, ha totalmente escluso – in applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Cass. 10692/2007 e successive conformi) – il credito della banca a causa della omessa produzione degli estratti integrali del rapporto di conto corrente, che si era protratto dal 1973 al 2000 mentre erano stati depositati, peraltro dagli opponenti, soltanto gli estratti relativi al periodo dal 1996 alla chiusura.

Unicredit Credit Management Bank s.p.a., mandataria di Unicredit s.p.a. succeduta a Banca di Roma s.p.a. a seguito di complesse vicende societarie, ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. Gli intimati Aurogregory s.r.l. e sig.ri S., P., R. e Ru. si sono difesi con controricorso e memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità dell’atto di appello della Autogregory s.r.l. essendosi questa estinta, per cancellazione eseguita il 1 dicembre 2000, a far data dal 10 gennaio 2004 (secondo il principio enunciato da Cass. Sez. Un. 4060/2010): la citazione in appello, infatti, era stata notificata il 6 giugno 2005, allorchè dunque la società non esisteva più.

Si soggiunge che ciò comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado: quanto alla statuizione sulla sussistenza e l’ammontare del credito della banca, perchè era stata appellata dalla sola società e non anche dai fideiussori, i quali sul punto si erano limitati ad aderire all’impugnazione della prima;

quanto alle statuizioni del Tribunale confermative del rapporto di garanzia, perchè non erano state appellate.

1.1. – Premesso che la circostanza della cancellazione della Autogregory s.r.l., come riferita dalla ricorrente, è pacifica in causa essendo confermata dalle parti controricorrenti, la censura non può essere accolta.

Con la sentenza n. 6070 del 2013 le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito:

– che a seguito della riforma del diritto societario attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo;

– che la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio; pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dall’art. 299 c.p.c. e ss., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c.; qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso.

Tuttavia le medesime Sezioni Unite hanno successivamente altresì chiarito, con la sentenza n. 15295 del 2014, che la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace.

Tale chiarimento, estensibile anche alle ipotesi di estinzione delle società (cfr. Cass. 16495/2014 e 5855/2015), analoghe a quelle della morte o perdita di capacità delle persone fisiche, vale a meglio puntualizzare il contenuto del secondo dei due principi di diritto indicati più sopra. Esso comporta, inoltre, che nella specie l’appello della Autogregory s.r.l. era stato ammissibilmente proposto con atto a firma del desimo avv. Nicola Ielpo, che aveva assistito la società in primo grado in forza di mandato “per il presente giudizio” (e dunque anche per il grado di appello: cfr. Cass. 24092/2009, 2432/1999, 5528/1991, quest’ultima resa a sezioni unite) a margine dell’atto di opposizione, non rilevando l’invalidità dell’ulteriore, inutile mandato rilasciato a margine dell’atto di appello dalla società ormai estinta.

2. – Va aggiunto, piuttosto, che è il ricorso per cassazione ad essere a sua volta inammissibile – come eccepito dai controricorrenti – nella parte in cui è rivolto contro la società estinta.

3. – Il secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia violazione degli artt. 99, 112, 116 e 345 c.p.c., è infondato nella parte in cui si lamenta che la Corte d’appello abbia ecceduto i limiti di quanto effettivamente devolutole con il gravame dei debitori, i quali avevano posto esclusivamente questioni relative agli interessi, senza contestare la parte del debito relativa al capitale, che dunque non poteva essere disconosciuto dai giudici. Vero è, infatti, che, come rilevato nella sentenza impugnata e confermato dall’esame degli atti, gli intimati avevano sempre contestato di dovere alcunchè, sino a formulare addirittura domanda riconvenzionale di rimborso di quanto indebitamente trattenuto dalla banca.

Lo stesso motivo è inammissibile nella parte in cui si afferma, contrariamente a quanto si legge nella sentenza impugnata, che la banca aveva prodotto in giudizio “estratti conto analitici”, senza tuttavia precisare esattamente a quale periodo essi si riferissero e come siano affoliati nel suo fascicolo di parte (cfr. Cass. Sez. Un. 7161/2010), che comunque non li contiene.

Inammissibile è, infine, anche la censura relativa alla condanna alle spese del giudizio di primo grado disposta dal Tribunale, avendo invece la Corte d’appello compensato le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.

4. – In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile nella parte in cui è proposto contro la società estinta e va rigettato per il resto.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso in quanto proposto nei confronti della Autogregory s.r.l., lo rigetta per il resto e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 3.200,00, di cui 3.000,00 per compensi di avvocato, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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