Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4610 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. un., 21/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 21/02/2020), n.4610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sezione –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21332/2018 proposto da:

INDUSTRIA MECCANICA VARRICCHIO – I.ME.VA. S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. MERCALLI 13, presso lo STUDIO PISELLI & PARTNERS,

rappresentata e difesa dagli avvocati PIERLUIGI PISELLI, ANTONIO

LIROSI e ANGELO LALLI;

– ricorrente –

contro

AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

CODACONS – COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI PER LA DIFESA

DELL’AMBIENTE E DEI DIRITTI DEGLI UTENTI E DEI CONSUMATORI, in

persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE MAZZINI 73, presso l’Ufficio Legale Nazionale del

Codacons, rappresentato e difeso dagli avvocati MARCO RAMADORI, GINO

GIULIANO e CARLO RIENZI;

– controricorrenti –

MARFIN S.R.L., (già Mercegaglia s.r.l.), in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SAN BERNARDO

101, presso lo studio dell’avvocato ANGELO PIAZZA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNUNZIATA ABBINENTE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

TUBOSIDER S.P.A., METALMECCANICA FRACASSO S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, CAR

SEGNALETICA STRADALE S.R.L., SAN MARCO S.P.A. – INDUSTRIA

COSTRUZIONI MECCANICHE IN LIQUIDAZIONE, ILVA PALI DALMINE INDUSTRIES

S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, ILVA PALI DALMINE S.P.A., STEAM GENERATORS

S.R.L.;

– intimati –

sul ricorso 22841/2018 proposto da:

TUBOSIDER S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. MERCALLI 13, presso lo

STUDIO PISELLI & PARTNERS, rappresentata e difesa dagli avvocati

PIERLUIGI PISELLI, ANTONIO LIROSI e ANGELO LALLI;

– ricorrente –

contro

AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

CODACONS – COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI PER LA DIFESA

DELL’AMBIENTE E DEI DIRITTI DEGLI UTENTI E DEI CONSUMATORI, in

persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE MAZZINI 73, presso l’Ufficio Legale Nazionale del

Codacons, rappresentato e difeso dagli avvocati MARCO RAMADORI, GINO

GIULIANO e CARLO RIENZI;

– controricorrenti –

e contro

MARCEGAGLIA S.P.A., INDUSTRIA MECCANICA VARRICCHIO – I.ME.VA. S.P.A.,

METALMECCANICA FRACASSO S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, CAR SEGNALETICA

STRADALE S.R.L., SAN MARCO S.P.A. – INDUSTRIA COSTRUZIONI MECCANICHE

IN LIQUIDAZIONE, ILVA PALI DALMINE INDUSTRIES S.R.L. IN

LIQUIDAZIONE, ILVA PALI DALMINE S.P.A., STEAM GENERATORS S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3197/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 29/05/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere FABRIZIA GARRI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

1. Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3197 del 2018, in accoglimento dei ricorsi proposti dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nelle controversie promosse da Tubosider S.p.A., Marcegaglia S.p.A. e Industria Meccanica Varricchio S.p.A. (I.ME.VA. S.p.A.) avverso il provvedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie del 28 settembre 2012 n. 23931, riuniti i ricorsi in appello principali ed incidentali, ha rigettato i ricorsi incidentali delle società ed in accoglimento dei ricorsi proposti dall’AGCM ha ritenuto che il provvedimento fosse legittimo sul rilevo che l’Autorità avesse legittimamente prorogato la durata del procedimento prima della scadenza inizialmente fissata e con atto adeguatamente motivato.

1.1. Ha poi rigettato gli appelli incidentali delle società escludendo che fosse maturata la prescrizione e che l’Autorità fosse incorsa nella decadenza prescritta dalla L. n. 698 del 1981, art. 14, comma 2. Quanto poi alla riferibilità dei comportamenti anticoncorrenziali alla società Marcegaglia S.p.A. il giudice di appello ha ritenuto che secondo la costante giurisprudenza della CGUE il comportamento illecito di una controllata poteva essere imputato alla controllante qualora quest’ultima si sia attenuta alle istruzioni della prima alla luce dei vincoli economici e giuridici che legano le due entità giuridiche, salva la prova del contrario nello specifico non offerta.

1.2. Con riguardo poi alla prova della condotta il Collegio ha ritenuto che le evidenze raccolte nel corso del giudizio penale, nel rispetto del diritto di difesa, fossero utilizzabili. Ha escluso che l’istruttoria fosse carente o contraddittoria, che il quadro probatorio posto a fondamento del provvedimento sanzionatorio fosse adeguato, essendo stato provato il coordinamento di fatto e consapevole dell’attività di più imprese indipendenti e la conseguente restrizione della concorrenza attraverso la ripartizione delle forniture e la contemporanea condivisione dei prezzi di riferimento nel periodo tra il febbraio 2003 e l’aprile 2007.

1.3. Ha osservato poi che era onere delle imprese offrire la prova della liceità delle condotte tenute per escludere la concertazione e lo scambio di informazioni ed offrire una spiegazione lecita delle condotte tenute, restando senza rilievo la circostanza che non ne sarebbero derivati effetti restrittivi della concorrenza stante il divieto assoluto di costituire cartelli anche in assenza di conseguenze positive.

1.4. Con riferimento al quantum delle sanzioni applicate, il Consiglio di Stato ha ritenuto che queste fossero proporzionate all’illecito accertato (intese orizzontali di prezzo o di ripartizione dei mercati) ed alla durata della pratica concordata (più di un quadriennio).

1.5. Quanto alle attenuanti, il giudice di appello ha escluso che la collaborazione informativa e documentale (dovuta per legge) integrasse quel contributo qualificato nell’accertamento e repressione della condotta illecita che ne autorizzano la concessione.

1.6. Ha escluso infine che l’esistenza di una crisi nel settore di attività, peraltro restata indi mostrata, legittimasse l’intesa restrittiva.

1.7. Con riguardo alla specifica posizione dell’impresa Marcegaglia, ferme le considerazioni svolte in tema di prescrizione, ha ritenuto irrilevante la minor durata della partecipazione all’intesa ed ha ritenuto corretto il calcolo della sanzione.

2. Per la cassazione della sentenza propongono separati ricorsi la Tubosider s.p.a. e la Industria Meccanica Varricchio – I.ME.VA. S.p.A. entrambi affidati a tre motivi. Hanno resistito con controricorso in entrambi i giudizi sia il CODACONS che I’AGCM. La Marfin s.r.l., già Marcegaglia s.r.l., ha depositato controricorso e contestuale ricorso incidentale adesivo affidato a tre motivi. L’I.ME.VA. S.p.A., la Tubosider S.p.A. ed il Codacons hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

3. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi proposti dalla Tubosider S.p.A. e dalla I.ME.VA. S.p.A. avverso la medesima sentenza del Consiglio di Stato, la n. 3197 del 2018, resa nei giudizi riuniti nn. 21, 22 e 23 del 2014.

4. Venendo all’esame delle censure formulate dalla Tubosider S.p.A. e dalla I.ME.V. S.p.A., aventi il medesimo contenuto, si osserva quanto segue:

4.1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 111 Cost., comma 7, e deduce che la sentenza del Consiglio di Stato – nel limitare la sua indagine alla verifica di assenza di travisamenti e vizi logici nella ricostruzione dei fatti e della avvenuta corretta individuazione, interpretazione ed applicazione delle disposizioni giuridiche – avrebbe, nella sostanza, omesso di esaminare criticamente i fatti e le prove e sarebbe così incorsa nel denunciato rifiuto di giurisdizione pervenendo all’adozione di una decisione “anomala o abnorme”.

4.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia ancora una volta la violazione dell’art. 111 Cost., comma 7, e deduce che il giudice amministrativo, con eccesso di potere giurisdizionale, avrebbe invaso la sfera di attribuzione riservata al legislatore esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete. Si sostiene infatti che la sentenza, nell’escludere che l’attività sanzionatoria dell’autorità sia priva di termini e sostanzialmente imprescrittibile, col prevedere che qualsiasi atto istruttorio del procedimento sia idoneo ad interrompere la prescrizione, avrebbe creato una regola nuova e non prevista. Evidenziano le ricorrenti che i medesimi fatti, ritenuti rilevanti in sede penale, si erano prescritti tanto che l’indagine era stata archiviata. Al contrario l’accertamento dell’illecito concorrenziale, secondo la ricostruzione del giudice di appello, sarebbe sostanzialmente imprescrittibile. Il controllo sulla giurisdizione, ad avviso delle ricorrenti, sarebbe reso necessario dall’esigenza di assicurare una tutela a fronte di un’interpretazione abnorme che viola il diritto di difesa costituzionalmente garantito.

4.3. Con il terzo motivo le ricorrenti denunciano ancora una volta un eccesso di potere giurisdizionale – per diniego di giustizia, violazione degli artt. 24,101,111 e 125 Cost., e per mezzo dell’art. 117 Cost., comma 2, degli artt. 6 e 13CEDU, e dell’art. 105 c.p.a. – evidenziando che erroneamente il Consiglio di Stato, pur avendo accertato la legittimità delle proroghe e pertanto non maturata la prescrizione/decadenza, trascura di rimettere le parti davanti al primo giudice il quale, al contrario aveva ritenuto illegittime le proroghe ed assorbite tutte le altre censure formulate. Sostengono le ricorrenti che in tal modo sarebbero state private di un grado di giudizio, in violazione dell’art. 105 del c.p.a. e che proprio da quell’omessa pronuncia, per effetto dell’assorbimento in primo grado, sarebbe sorta la necessità di rimettere al primo giudice la decisione della controversia. In conclusione ritengono le ricorrenti che per effetto di tale mancata rimessione la sentenza sarebbe censurabile sotto il profilo denunciato per eccesso di potere giurisdizionale.

4.4. Con il ricorso incidentale la MARFIN s.r.l. denuncia la violazione dell’art. 111 Cost., comma 8, sub specie rifiuto di giurisdizione con l’adozione di una decisione anomala o abnorme e denuncia che il sindacato del giudice amministrativo per assicurare la pienezza della tutela giurisdizionale non deve limitarsi ai profili di logicicità e correttezza giuridica ma deve in maniera più penetrante estendersi al controllo dell’analisi compiuta dall’Autorità.

4.5. Il secondo motivo denuncia l’invasione della sfera di attribuzione riservata al legislatore, mentre con il terzo la società MARFIN deduce anch’essa, con riguardo alla mancata rimessione al primo giudice dal parte del Consiglio di Stato delle questioni ritenute assorbite dal TAR, un diniego di giustizia in relazione agli artt. 24,101 e 125 Cost., per mezzo dell’art. 117 Cost., e degli artt. 6 e 1CEDU oltre che dell’art. 105 cod. proc. amm..

5. Le censure formulate con i ricorsi principali riuniti e con quello incidentale, possono essere esaminate congiuntamente e sono in parte inammissibili ed in parte infondate per le ragioni che di seguito si espongono.

5.1. Come chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 6 del 2018, l’eccesso di potere giudiziario, denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, deve essere riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, quando il giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento) ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento). Del pari è sindacabile il caso di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici (violazione dei limiti esterni della giurisdizione). Il controllo di giurisdizione invece non può estendersi al sindacato di sentenze di cui pur si contesti di essere abnormi o anomale ovvero di essere incorse in uno stravolgimento delle norme di riferimento. (cfr. Cass. sez. U. 20/03/2019 n. 7926 e 11/11/2019n. 29082).

5.2. Orbene, seppure sotto diversi profili, con le censure formulate viene denunciato semmai un cattivo esercizio della giurisdizione rispetto al quale queste Sezioni Unite non hanno alcun potere di intervento.

5.3. Va premesso che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, non si estende al merito, con conseguente sostituzione di un proprio provvedimento con quello impugnato, ed è contenuto in una verifica diretta dei fatti posti a fondamento dell’atto estendendosi, ove necessario per giudicarne della legittimità, anche ai profili tecnici, con esclusione di valutazioni ed apprezzamenti che presentino un oggettivo margine di opinabilità nel qual caso il sindacato è limitato alla verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilità, atteso che il giudice non può sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità Garante (Cass. Sez. U. 07/05/2019 n. 11929).

5.4. Nel caso in esame la sentenza si è confrontata con le censure formulate nell’appello ed interpretando le norme evocate ha tratto conclusioni che possono non essere condivise ma non si traducono nel denunciato rifiuto di giurisdizione.

5.5. In coerenza con la nozione di eccesso di potere giurisdizionale ricordata, che non ammette letture estensive neanche se limitate ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento, tale vizio non è configurabile per “errores in procedendo”, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo e neppure quando si deduca che la sentenza sia incorsa in uno stravolgimento delle norme di riferimento. (cfr. Cass. Sez. U. n. 7926 del 2019 cit.).

5.6. Poichè nella specie il controllo esercitato dalla sentenza si è mantenuto nei limiti descritti non è ravvisabile lo sconfinamento denunciato.

5.7. Non vi è stata invasione della sfera di attribuzione del legislatore ma, semmai, un error in iudicando interno all’esercizio della giurisdizione. Si è accertato che la prescrizione del procedimento era stata interrotta da specifici atti destinati all’accertamento ed alla repressione dell’infrazione e, quanto alla denunciata decadenza, si è verificato in concreto che l’Autorità non aveva lasciato decorrere inutilmente i termini stabiliti dalla legge (L. n. 698 del 1981, art. 14, comma 2) ed applicabili anche agli illeciti amministrativi sanzionabili da parte dell’Autorità.

5.8. Si tratta ancora una volta di una interpretazione delle norme di legge che non sconfina nell’eccesso di potere giurisdizionale essendo comunque riconducibile nel perimetro, eventualmente, dell’error in iudicando.

5.9. Con riguardo poi al denunciato diniego di giustizia per non avere il Consiglio rimesso le parti davanti al TAR per l’esame delle questioni ritenute assorbite in primo grado va rilevato che non è ravvisabile un radicale stravolgimento delle norme di riferimento, tale da ridondare nella “manifesta denegata giustizia”, con la compressione del giudizio in un solo grado, dato che la ” rimessione al primo giudice” detta un riparto di competenza all’interno del medesimo plesso giurisdizionale, con la conseguenza che si verterebbe semmai in una ipotesi di violazione di legge da parte del Consiglio di Stato, nell’esercizio del potere giurisdizionale proprio (cfr. anche Cass. Sez. Un. 11/05/2018 n. 11536).

5.10. Peraltro si osserva che, in coerenza con il generale principio dell’effetto devolutivo/sostitutivo dell’appello, le ipotesi di annullamento con rinvio della sentenza di primo grado, disciplinate dall’art. 105 del cod. proc. amm., sono tassative e non sono suscettibili di interpretazioni analogiche o estensive. Tra queste non vi rientra la mancanza di pronuncia da parte del primo giudice su una delle domande del ricorrente. Ravvisato infatti l’errore del primo giudice, la causa deve i essere decisa nel merito dal giudice di secondo grado. (cfr. C.d.S. Ad. Plen. 30/07/2018 n. 10).

5.11. Non ha perciò esorbitato dai suoi poteri il Consiglio di Stato che ha proceduto all’esame delle questioni ritenute assorbite in primo grado e che gli siano state devolute.

6. Conclusivamente i ricorsi, riuniti, devono essere rigettati e le spese vanno poste a carico delle società soccombenti e sono liquidate in favore di ciascuna delle parti costituite nella misura precisata in dispositivo. Stante l’esito del giudizio va dato atto della sussistenza,ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per i ricorsi a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuti.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi nn. 21332 e 22841 del 2018 e li rigetta. Rigetta altresì il ricorso incidentale proposto dalla MARFIN s.r.l.. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’A.G.C.M. in Euro 20.000,00 oltre a S.P.A.D. ed in favore del CODACONS in Euro 3000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti, principali ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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