Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4608 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4608 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 1564-2007 proposto da:
BIANCO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
G. BETTOLO 22, presso lo studio dell’avvocato
FELICIOLI STEFANO, che lo rappresenta e difende giusta
delega a margine;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del
Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
GENERALE DELLO STATO,

l’AVVOCATURA

che li rappresenta e difende ope

Data pubblicazione: 26/02/2014

legis;
– controrícorrenti

avverso la sentenza n. 142/2005 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 19/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CIGNA;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAMASSA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 25/09/2013 dal Consigliere Dott. MARIO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Bianco Giuseppe impugnava dinanzi alla CTP di Roma la cartella esattoriale, emessa 1’8-1-1999 e
notificatagli il 18-11-1999, per l’importo complessivo di lire 5.566.480, dovuto per IRPEF ed ILOR, a seguito
di dichiarazione presentata nel 1993 e relativa a redditi dell’anno 1992.
A sostegno del ricorso il contribpente deduceva l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, sostenendo che la
stessa fosse intervenuta dopo la scadenza del termine perentorio (previsto dall’art. 43, comma 1°, DPR

L’adita CTP accoglieva il ricorso.
Con sentenza 142/06/05, depositata il 19-11-2005, la CTR Lazio, preliminarmente, rigettava il ricorso
proposto ex art. 16 L. 289/2002 nel corso del giudizio di appello dal contribuente avverso il diniego
dell’istanza di definizione della lite, dallo stesso nelle more presentata; al riguardo la CTR evidenziava che
qualora, come nel caso di specie, il ruolo si concretizzava in una semplice attività di riscossione delle
somme dichiarate e non versate (o delle sole sanzioni ed interessi per tardivi pagamenti), non era ammessa
la definizione della lite; nel merito, accoglieva il gravame dell’Ufficio; in particolare, la CTR rilevava che la
stessa data di emissione della cartella (8-1-1999) dimostrava che tutta l’azione accertatrice dell’Ufficio
(accertamento, liquidazione dell’imposta, invio del ruolo alla Direzione Generale delle Entrate, consegna
del ruolo all’esattore) si era svolta entro il 1998, e cioè entro il termine- ex art. 17 dpr 602/1973- di cinque
anni decorrenti dall’anno 1994 (anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione); al riguardo
precisava che entro il detto termine dovevano essere formati e consegnati al concessionario i ruoli, mentre
era irrilevante al proposito la data di notifica al contribuente del ruolo (atto dell’esattore e non
dell’Amministrazione).
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il contribuente, affidato a tre motivi; resistevano
il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, che tra l’altro, deducevano, sotto due
profili, l’inammissibilità del ricorso per Cassazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va in primo luogo affermata l’ammissibilità del ricorso.
Sostengono i resistenti che il ricorso è inammissibile, in primo luogo, in quanto è stato proposto nei
confronti dell’Ufficio periferico (Agenzia delle Entrate-Ufficio di Roma 4) ed a quest’ultimo notificato, e non
invece nei confronti del Ministero delle Finanze e notificato -ex R.D. 30-10-1933 n. 16111- presso
l’Avvocatura generale dello Stato; né, sempre secondo i resistenti, possono riconnettersi effetti san t
all’avvenuta costituzione in giudizio dell’Amministrazione delle Finanze, in quanto l’erronea individuazi

600/73) di cinque anni dalla presentazione della dichiarazione.

della parte del giudizio di legittimità non si risolve (ex art. 366 n. 1 cpc e 62 d. Igs 546/92) in una delle cause
di nullità previste dall’art. 164 cpc ma in un motivo originario di inammissibilità del ricorso, emendabile
unicamente con la tempestiva riproposizione del medesimo prima della relativa declaratoria.
Siffatta eccezione /infondata.
Non vi è, invero, alcun motivo per discostarsi dal principio, già ripetutamente espresso in argomento da
questa Corte, secondo cui “in tema di contenzioso tributario, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle

stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per
effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causam” e “ad processum” nei procedimenti
introdotti successivamente alla predetta data spetti esclusivamente all’Agenzia; tale legittimazione
costituisce infatti il riflesso, sul piano processuale, della separazione tra la titolarità dell’obbligazione
tributaria, tuttora riservata allo Stato, e l’esercizio dei poteri statali in materia d’imposizione fiscale, il cui
trasferimento all’Agenzia, previsto dall’art. 57 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, esula dallo schema del
rapporto organico, non essendo l’Agenzia un organo dello Stato, sia pure dotato di personalità giuridica, ma
un distinto soggetto di diritto. Ai sensi dell’art. 72 del d.lgs. n. 300, l’Agenzia ha facoltà di avvalersi del
patrocinio dell’Awocatura dello Stato, il quale, in assenza di una specifica disposizione normativa,
dev’essere richiesto in riferimento ai singoli procedimenti – anche se non è necessaria una specifica
procura-, non essendo a tal fine sufficiente l’eventuale conclusione di convenzioni a contenuto generale tra
l’Agenzia e l’Avvocatura. L’assunzione in via esclusiva da parte dell’Agenzia della gestione del contenzioso
nelle fasi di merito, già attribuita dagli artt. 10 ed 11 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 agli uffici periferici
del Dipartimento delle entrate, comporta inoltre che, nei procedimenti introdotti anteriormente al 1°
gennaio 2001, nei quali l’Ufficio non abbia richiesto il patrocinio dell’Avvocatura, spetta all’Agenzia
l’esercizio di tutti i poteri processuali, ivi compresi quelli di disposizione del diritto controverso e del
rapporto processuale, con la conseguenza che la proposizione dell’appello da parte della sola Agenzia,
senza esplicita menzione dell’ufficio periferico che era parte originaria, si traduce nell’estromissione di
quest’ultimo. Per i giudizi di cassazione, nei quali la legittimazione era riconosciuta esclusivamente al
Ministero delle finanze, ai sensi dell’art. 11 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, la nuova realtà ordinamentale,
caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici dell’Agenzia, in via
concorrente ed alternativa rispetto al direttore, consente invece di ritenere che la notifica della sentenza di
merito, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, e quella del ricorso possano essere
effettuate, alternativamente, presso la sede centrale dell’Agenzia o presso i suoi uffici periferici, in tal senso
orientando l’interpretazione sia il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al
massimo le ipotesi d’inammissibilità, sia il carattere impugnatorio del processo tributario, che attri is e la
qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato” (Cass. S

entrate, divenuta operativa dal 1° gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della

3116/2006); il detto generalizzato fenomeno di successione a titolo particolare, ai sensi dell’art. 111 cod.
proc. civ., delle indicate agenzie fiscali ai suddetti uffici statuali, comporta che “le stesse Agenzie, le quali
possono continuare ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, sono legittimate a proporre – nei
processi in cui il menzionato Ministero era originariamente individuato come legittimato passivo impugnazione pur non essendo state parte nel grado di giudizio conclusosi come la sentenza gravata” (Cass.
2608/2007).

rilasciata all’Awocato iscritto nell’apposito Albo deve essere conferita dopo la pubblicazione della sentenza
impugnata, il che non si sarebbe verificato nel caso di specie.
Anche siffatta eccezione è infondata.
In termini generale va, invero, ribadito il principio già espresso da questa Corte, secondo cui “ai fini
dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al
difensore iscritto nell’apposito albo, richiesta dall’articolo 365 cod. proc. civ., è essenziale, da un lato, che la
procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il
difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata e
pronunciata necessariamente in epoca antecedente al rilascio della procura speciale” (Cass. 7084/2006; v.
anche 2125/2006 e 24538/09); nel caso di specie, tuttavia, la procura non appare rilasciata prima della
sentenza impugnata (la procura è, invero, apposta a margine del ricorso, che contiene gli estremi della
gravata sentenza) né nel controricorso viene precisato da quale elemento è stata tratta la deduzione del
rilascio della procura prima della sentenza
Venendo, quindi al merito, con il primo motivo il ricorrente, denunziando —ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e
falsa applicazione degli artt. 36 bis dpr 600/73, art. 17 dpr 602/73, art. 43 dpr 600/73, art. 39 L. 413/1991,
deduceva che erroneamente, ed in violazione delle dette disposizioni, la CTR aveva ritenuto irrilevante la
data di emissione della cartella di pagamento (8-1-1999) e della conseguente notifica (18-11-1999); al
riguardo precisava che, come affermato in precedenza da questa Corte, i ruoli predisposti a seguito delle
rettifiche eseguite in forza dell’art. 36 bis dpr 600/73 devono essere notificati al contribuente entro il
termine di cui agli artt. 17 dpr 602/73 e 43, comma 1, dpr 600/73, non essendo sufficienti che gli stessi
pervengano nel medesimo termine all’Intendenza di Finanza.
Con il secondo motivo il contribuente, denunziando —ex art. 360 n. 3 e 5 cpc- violazione e falsa applicazione
dell’art. 16 L. 28972002 e dell’art. 36 bis dpr 602/73, nonché insufficiente e contradditoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, deduceva che la ripresa fiscale oggetto di causa derivava
da una vera e propria azione accertatrice dell’Ufficio (come risultava anche dalla narrativa della gvaa
sentenza), sicchè, anche in relazione all’aspetto sanzionatorio ed a quello inerente agli accessori di I

Secondo i resistenti, inoltre, il ricorso è inammissibile anche perché nella fase di legittimità la procura

determinazione fiscale in questione costituiva a tutti gli effetti un vero e proprio atto impositivo; di
conseguenza, erroneamente l’Ufficio aveva adottato la procedura di esazione fiscale di cui al su citato art.
36 ed erroneamente la CTR non aveva considerato sussistenti tutti i presupposti di legge per l’applicabilità
del richiesto condono fiscale.
Con il terzo motivo il contribuente, denunziando —ex art. 360 n. 3 e 4 cpc- violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 cpc, rilevava che la CTR nulla aveva statuito sulla sostenuta illegittimità della portata

concessionario nell’attivazione del procedimento notificatorio.
Il secondo motivo, da esaminarsi prioritariamente per esigenze di ordine logico, è infondato.
Per principio di questa Corte, dal quale non v’è ragione di discostarsi, in tema di condono fiscale l’art. 16
della legge 27 dicembre 2002, n. 289 consente la definizione agevolata non di ogni controversia tributaria,
ma delle sole liti aventi ad oggetto un atto di imposizione fiscale, e cioè di un atto con il quale
l’Amministrazione Finanziaria dello Stato imponga un tributo maggiore, ulteriore o diverso rispetto a quello
dichiarato dal contribuente, con esclusione quindi di tutte le controversie aventi ad oggetto la mera
liquidazione di un’imposta in base a quanto dichiarato (direttamente e/o indirettamente) dal contribuente
stesso; nell’ipotesi, pertanto, di cartella emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 29 settembre 1973, n.
600, occorre distinguere i casi in, cui l’Amministrazione abbia esercitato il potere di “controllo formale”,
relativo alla riscossione nella misura risultante dalla stessa dichiarazione, cui segue effettivamente
un’attività di mera liquidazione, dai casi di “rettifica cartolare”, cioè di rettifica dei risultati dalla
dichiarazione attraverso la correzione di errori materiali e di calcolo, o la esclusione (o riduzione) di
scomputi di ritenute, di detrazioni o deduzioni, di crediti d’imposta; casi nei quali si è in presenza di
un’attività impositiva vera e propria, rientrante per definizione in quella di accertamento (ancorché più
semplice e immediata rispetto alle “verifiche sostanziali”); solo nella prima ipotesi la lite, concernendo un
atto meramente liquidatori°, non rientra tra quelle suscettibili di definizione agevolata, laddove nella
seconda ipotesi non vi è ragione di escluderla, in presenza di un atto con il quale, al di là della sua
qualificazione formale, l’Amministrazione esercita per la prima volta una pretesa sostanzialmente
impositiva, in contrasto con quanto evidenziato dal contribuente nella dichiarazione; alla stregua di quanto
sopra, pertanto, il predetto art. 16 non si applica alle controversie, quale quella in questione, riguardanti la
cartella, emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, con la quale
l’Amministrazione richiede il pagamento di versamenti omessi e delle conseguenti sanzioni; tale atto,
infatti, non ha natura impositiva, derivando, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei
tributi già esposti dal contribuente e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale
dell’omissione, senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell’Amministrazione (Cass. 954
Cass. 9194/2011; Cass. 20467/2013).

sanzionatoria della cartella esattoriale impugnata, atteso che i ritardi erano ascrivibile solo all’inerzia del

Il primo motivo è, invece, fondato.
Al riguardo va, invero ribadito che in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie ai sensi
dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la legittimità della pretesa erariale è subordinata, alla
luce dell’intervento legislativo realizzato con l’art. 1, commi 5-bis e 5-ter, del d. I. 17 giugno 2005, n. 106,
convertito nella legge 31 luglio 2005, n. 156, alla notificazione della cartella di pagamento al contribuente
entro un termine di decadenza, dovendo l’ordinamento garantire l’interesse del medesimo contribuente

Siffatta regola ha un inequivoco valore transitorio e trova applicazione non solo alle situazioni tributarie
anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle non ancora definite con sentenza passata in
giudicato, operando retroattivamente, sia in quanto introdotto per eliminare una lacuna normativa
verificatasi per effetto di pronuncia costituzionale e per garantire – oltre che l’interesse del contribuente l’interesse dell’erario di evitare un termine decadenziale talmente ristretto da pregiudicare la riscossione
dei tributi, sia in considerazione del tenore testuale dell’esordio dei commi 5 bis e 5 ter (Cass. 16990/2012);
la predetta norma, pertanto, è applicabile anche per i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della
detta legge di conversione n. 156 del 2005 che concernano le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre
2001 (art. 36, comma secondo, lettera b, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46), salvo che si tratti di
dichiarazioni per la cui liquidazione i ruoli siano stati formati e resi esecutivi entro il 30 settembre 1999
(caso di specie, in cui la cartella è stata emessa 1’8.1.1999, e quindi il ruolo è stato formato e reso esecutivo
in epoca precedente). In questo caso occorre distinguere: a) le ipotesi di “rettifica cartolare” (o formale),
per le quali la cartella di pagamento deve essere notificata al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31
dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ai sensi dell’art. 43,
primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente “ratione temporis”); b) le ipotesi di “controllo
formale” (o, più rettamente, cartolare), per le quali, a pena di decadenza, deve provvedersi sia all’iscrizione
a ruolo entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione
(secondo il combinato disposto dell’art. 17, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e dell’art.
43, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, entrambi nel testo vigente “ratione temporis”), sia alla
notifica della cartella di pagamento al contribuente entro il giorno cinque del mese successivo a quello nel
quale il ruolo sia stato consegnato al concessionario a norma dell’art. 24 del d.P.R. n. 602 del 1973 (anche in
questo caso, nel testo vigente “ratione temporis”). La prova del rispetto dei predetti termini, in caso di
contestazione, deve essere data dall’ente impositore (Cass. 16826/2006).
Alla stregua di tale principio, non, tenuto in considerazione dalla gravata sentenza, la stessa va, pertanto,
cassata, con rinvio alla CTR Lazio, diversa composizione, che provvedere anche alla regolamentazione delle
spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.
L’accoglimento di detto primo motivo comporta l’assorbimento del terzo.

alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni.

ESENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 24é4/1984
N. 131 TAR. Ali. – N. 5
P. Q. M.

MATERIA TRIBUTARIA

La Corte accoglie il primo motivo; dichiara assorbito il terzo; rigetta il secondo; cassa l’impugnata sentenza
in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla CTR Lazio, diversa composizione.

Così deciso in Roma in data 25-9-2013 nella camera di Consiglio della sez. tributaria.

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