Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4608 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 25/02/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 25/02/2010), n.4608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.D.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 326/2006 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 12/06/2006 r.g.n. 558/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 12 dicembre 2003 il Tribunale di Oristano respingeva la domanda di A.D., intesa ad ottenere la condanna dell’INPS a corrisponderle la pensione di reversibilità, quale coniuge divorziato del defunto D.V., rilevando che la prestazione presupponeva, ai sensi della L. n. 74 del 1987, art. 13, comma 2, la titolarità dell’assegno di mantenimento, che invece difettava nella specie. Tale decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Cagliari, che, con sentenza del 12 giugno 2006, accoglieva la domanda attorea ritenendo, invece, che non occorresse la predetta titolarità formale dell’assegno, essendo sufficiente per l’ottenimento della prestazione di reversibilità, oltre al possesso dei requisiti contributivi, la sussistenza di un effettivo stato di disagio economico, che nel caso della A. era rimasto accertato.

Di questa sentenza l’INPS domanda la cassazione deducendo un unico motivo di impugnazione. L’intimata non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione della L. n. 74 del 1987, art. 13, come autenticamente interpretato dalla L. n. 263 del 2005, art. 5, nonchè vizio di motivazione, l’INPS deduce, formulando al riguardo uno specifico quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., che l’art. 5 cit. ha eliminato ogni dubbio esegetico in ordine ai requisiti per l’ottenimento della pensione di reversibilità da parte del coniuge divorziato, prevedendo che occorra l’avvenuto riconoscimento giudiziale dell’assegno di mantenimento.

Tale motivo è fondato.

Come la giurisprudenza di questa Corte ha affermato con orientamento ormai consolidato, il diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità (o a una quota di essa in caso di concorso con altro coniuge superstite), ai sensi della L. n. 74 del 1987, art. 13, presuppone – anche ai sensi della L. n. 263 del 2005, art. 5, norma interpretativa, quindi retroattiva e applicabile anche ai giudizi in corso – che il richiedente al momento della morte dell’ex coniuge sia titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto, non essendo sufficiente che egli versi nelle condizioni per ottenerlo e neppure che in via di fatto o anche per effetto di private convenzioni intercorse fra le parti abbia ricevuto regolari erogazioni economiche dal de cuius quando questi era in vita.

Alla stregua di questo principio di diritto la sentenza impugnata va cassata, essendo pacifico che l’attrice non aveva ottenuto alcun provvedimento giudiziale relativo all’assegno di mantenimento.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decida nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto della domanda.

Nulla per le spese dell’intero processo ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003, convertito nella L. n. 326 del 2003, non applicabile nella specie ratione temporis).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

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