Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4607 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 4607 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: DE MASI ORONZO

ORDINANZA
sul ricorso 2491-2013 proposto da:
COMUNE DI NAPOLI, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA FRANCESCO DENZA 50-A, presso lo studio
dell’avvocato NICOLA LAURENT’, rappresentato e difeso
dall’avvocato FABIO MARIA FERRARI;
– ricorrente contro
MAGAZZINI TIRRENI SRL;
– intimato Nonché
MAGAZZINI TIRRENI SRL, elettivamente domiciliato in
ROMA VIALE G MAZZINI 88, presso lo studio
dell’avvocato OSCAR RAIMONDI, che lo rappresenta e
difende;

Data pubblicazione: 28/02/2018

- controricorrente incidentale contro
COMUNE DI NAPOLI;
– intimato avverso la sentenza n. 154/2012 della COMM.TRIB.REG.

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/02/2018 dal Consigliere Dott. °RONZO
DE MASI.

di NAPOLI, depositata il 04/06/2012;

RILEVATO

che, in relazione ad un immobile sito nel Porto di Napoli, realizzato in area demaniale
ed adibito a “deposito franco”, il Comune di Napoli notificava, in data 15/9/2010, alla
concessionaria Magazzini Generali s.r.I., relativamente agli anni 2005, 2006, 2007,
2008 e 2009, avviso di accertamento per il recupero dell’imposta comunale sugli
immobili (ICI), oltre sanzioni per omessa dichiarazione ed interessi, che la

quale respingeva il ricorso, con decisione successivamente riformata in parte dalla
Commissione Tributaria Regionale della Campania;
che il Giudice di appello, in particolare, riteneva legittimo l’operato dell’ente
territoriale, per quanto attiene l’ICI per gli anni dal 2006 al 2009, in quanto l’imposta
era stata correttamente calcolata sulla base della categoria catastale (D/8) attribuita
all’immobile dall’Agenzia del Territorio, ed illegittima la pretesa tributaria, per quanto
attiene l’anno 2005, per non essere intervenuto l’accertamento dell’ente impositore
nel termine quinquennale stabilito dall’art. 1, comma 161, della L. n. 296 del 2006;
che il Comune ricorre per la cassazione della sentenza con un motivo, la contribuente
resiste con controricorso illustrato con memoria, e propone ricorso incidentale, le parti
hanno altresì depositato istanza congiunta;

CONSIDERATO

che con il motivo del ricorso principale si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c.,
primo comma , n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 161, della L. n.
296 del 2006, per non aver il Giudice d’appello considerato che, ai sensi del
successivo comma 171 della richiamata disposizione, le nuove regole relative alla
gestione dei tributi locali si applicano anche ai rapporti d’imposta pendenti al 10
gennaio 2007, data di entrata in vigore della Legge Finanziaria 2007, e che, pertanto,
per l’annualità 2005, non era ancora spirato il termine ultimo per la notifica
dell’avviso di accertamento, che doveva avvenire entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui il versamento avrebbe dovuto essere fatto;
che con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia, in relazione all’art. 360
c.p.c., primo comma , n. 3 e n. 5, vizio di motivazione, per aver il Giudice d’appello
ritenuto che, ai fini ICI, la revisione della classificazione dell’immobile (da D/8 a E/1),
intervenuta su richiesta dell’Agenzia del Demanio, a far data dal 5 agosto 2011, non
i

contribuente impugnava, dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, la

avesse efficacia retroattiva, considerato che il precedente classamento (D/8), scaturito
da una “voltura d’ufficio”, risalente al 13/4/1984, ed in atti dal 24/10/1996, era
contraddetto da precise circostanze documentali inerenti la descrizione dell’immobile,
ed il concreto impiego dello stesso in attività sempre strettamente connesse con
quelle portuali;
che con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma ,
n. 3 e n. 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 7, comma 1, lett. b),

assorbente questione, oggetto anche del gravame, concernente l’esenzione del
compendio concessorio dall’ICI, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 504
del 1992, riguardante i fabbricati del gruppo E (fabbricati a destinazione particolare),
essendo esso “destinato al traffico marittimo e/o ad operazioni strettamente
necessarie alle attività portuali”;
che con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma , n.
3, violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 29 del Codice della Navigazione, per
non avere il Giudice d’appello considerato che la soggezione all’imposta del
concessionario di beni demaniali presuppone che la concessione gli attribuisca uno
“ius aedificandi”, costituente un “quid pluris” rispetto alla normale utilizzazione del
bene demaniale, cosa che non si verifica quando la stessa riguardi l’uso di un
immobile già esistente e di proprietà demaniale, in quanto, in tal caso, le modalità di
utilizzazione, mantenimento e restituzione del bene coincidono con le statuizioni della
concessione ed in essa si esauriscono;
che con il quarto e subordinato motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c.,
primo comma , n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 14, D.Lgs, n. 546 del
1992, per non avere il Giudice d’appello disposto, come peraltro richiesto da entrambe
le parti del giudizio, l’integrazione del contradditorio nei confronti dell’Agenzia del
Territorio e dell’Agenzia del Demanio;
che il motivo di ricorso principale è fondato alla luce di quanto stabilito dall’art. 1,
comma 161, L. n. 296 del 2006, applicabile anche ai rapporti di imposta pendenti alla
data di entrata in vigore della legge, giusta il successivo comma 171, norma che fa
riferimento alla rettifica, da parte degli enti locali, delle dichiarazioni incomplete o
infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle
omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, e che ha portato a cinque anni il
termine per l’esercizio del potere di accertamento (in rettifica e d’ufficio) entro il
quale gli enti impositori possono contestare ogni genere di irregolarità;
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D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere il Giudice d’appello esaminato la decisiva ed

che il nuovo termine decadenziale si applica anche ai rapporti d’imposta pendenti al
1° gennaio 2007 – data di entrata in vigore dei commi sopra citati – vale a dire ai
rapporti per i quali non era ancora spirato il termine entro cui il Comune doveva
notificare l’accertamento, cosicché per le annualità d’imposta pendenti si è
determinata una implicita proroga dei termini entro cui i Comuni potevano notificare ai
contribuenti l’accertamento;
che il nuovo termine decadenziale (l’art. 1, comma 161 I. 27.12.2006,n. 296 prevede

rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti,
nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi
versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con
avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in
rettifica o d’ufficio devono essere notificati a pena di decadenza, entro il 31 dicembre
del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o
avrebbero dovuto essere effettuati.”) trova applicazione anche nella fattispecie in
esame, trattandosi di rapporto d’imposta ancora pendente alla data sopra indicata,
avuto riguardo appunto ai più brevi termini stabiliti dall’art. 11, D.Lgs. n. 504 del
1992, nella sua originaria formulazione, per cui il previsto quinquennio non era
interamente trascorso quando, in data del 15/9/2010, il Comune di Napoli notificò
alla società Magazzini Generali l’avviso di accertamento per il recupero dell’imposta
non versata;
che il primo motivo del ricorso incidentale, concernente la mancata retrodatazione
della nuova rendita, va disatteso in quanto la regola stabilita dal D.Lgs. n. 504 del
1992, art. 5, comma 2, per la quale le variazioni della rendita catastale hanno
efficacia a decorrere dall’anno successivo alla data in cui sono annotate negli atti
catastali, non si applica soltanto quando l’Agenzia del territorio modifichi un
precedente classamento, correggendo errori materiali, anche su sollecitazione del
contribuente, altrimenti, in quanto su quest’ultimo graverebbero ingiustamente le
conseguenze negative degli eventuali ritardi dell’ufficio (Cass. n. 20854/2004, n.
20734/2006, n. 15560/2009, n. 20463/2017);
che, ciò premesso, la decisione impugnata dà atto della circostanza che l’Agenzia del
Territorio ha modificato la classificazione dell’immobile (da D/8 a E/1), su richiesta
dell’Agenzia del Demanio, e che “la applicazione del nuovo classamento viene
riconosciuto con effetti dal 5/8/11”, e quindi per revisione e non per effetto
dell’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del potere discrezionale di
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che “gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla

revocare, in autotutela, un proprio precedente provvedimento ritenuto illegittimo, o
per correggere eventuali errori materiali di fatto;
che, allora, non basta dedurre che il precedente classamento (D/8) utilizzato per
determinare la base imponibile ICI, pacificamente scaturito da una “voltura d’ufficio”,
risalente al 13/4/1984, ed in atti dal 24/10/1996, sarebbe contraddetto da precisi
documenti ufficiali inerenti la descrizione dell’immobile, attestanti che lo stesso è
stato sempre impiegato per attività strettamente connesse con quelle portuali, in

contribuente, ai fini della dichiarazione e del versamento dell’imposta, che per l’ente
impositore, tenuto ad uniformarsi alle risultanze catastali;
che il

secondo motivo del ricorso incidentale va disatteso in quanto,

qualora

l’immobile venga iscritto in una diversa categoria catastale (nella specie D/8) per la
quale non spetta esenzione dall’imposta, è onere del contribuente, che pretenda
l’esenzione, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato
medesimo assoggettato a ICI;
che, inoltre, l’accertamento dei requisiti in difformità della attribuita categoria
catastale non può, neppure, incidentalmente, essere compiuto dal giudice tributario
che sia stato investito della impugnazione dell’atto impositivo, perché il classamento,
rispetto alla pretesa tributaria, è l’atto presupposto e, in ragione del carattere
impugnatorio del processo tributario, circoscritto agli atti che scandiscono le varie fasi
del rapporto d’imposta, legittimata a contraddire in merito all’impugnativa dell’atto
presupposto può essere solo l’Agenzia del Territorio, e non il Comune;
che il terzo motivo del ricorso incidentale va disatteso in quanto, che la tesi della non
soggezione all’imposta degli edifici costruiti su area demaniale marittima, perché
asseritamente non costituenti oggetto di un diritto reale di superficie (in quanto
comunque destinati a rimanere nella disponibilità del concedente al termine del
rapporto), non considera che il titolare del diritto di superficie, gravante su suolo
demaniale, è soggetto all’ICI fin dal momento in cui l’imposta fu istituita (1/1/1993), e
ciò perché il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 1, stabilisce – anche nella
formulazione anteriore alla modifica introdotta dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446,
art. 58, comma 1 (Cass. n. 17730/2006), ed ancor prima che la L. n. 388 del 2000,
art. 18, lo disponesse esplicitamente a carico del concessionario – che il titolare del
diritto di superficie è soggetto ad ICI (Cass. n. 12354/2011);
che con la modifica introdotta dall’art. 18, L. n. 388 del 2000, all’articolo 3, comma 2,
D.Lgs. n. 504 del 1992, è stato aggiunto il seguente periodo “Nel caso di concessione
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quanto trattasi di classamento non impugnato e, dunque, vincolante sia per il

su aree demaniali soggetto passivo è il concessionario”, e la fattispecie riguarda il
mero concessionario di area demaniale, in precedenza pacificamente non soggetto ad
imposta, “non il proprietario di un immobile costruito, in forza di concessione, su
un’area demaniale, che invece secondo la giurisprudenza di questa Corte doveva
ritenersi già soggetto ad ICI” (Cass. n. 12354/2011 citata);
che, ad ogni modo, una volta riconosciuta dall’art. 18 citato la soggettività d’imposta
del concessionario, a decorrere dalla data di applicazione della nuova disciplina

concessione ad effetti reali o ad effetti obbligatori ha perso di rilievo, in quanto il
diritto in capo al concessionario – categoria prima ignorata – è sempre tassabile ai fini
ICI, proprio perché divenuto soggetto di imposta;
che il quarto motivo, concernente la mancata integrazione del contradditorio nei
confronti dell’Agenzia del Territorio e dell’Agenzia del Demanio, va disatteso perché il
Giudice di appello, con motivazione del tutto in linea con quanto in precedenza
esposto, ha escluso la ricorrenza della necessità di un ampliamento dell’oggetto del
giudizio, stante la sostanziale estraneità delle contestazioni della contribuente
relative ai criteri di classamento del fabbricato rispetto a quelle rivolte, e rivolgibili,
all’ente impositore, per cui vale il principio secondo cui, nel processo tributario, come
in quello civile, la fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo,
ancorché chiesta tempestivamente, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario
(art. 102 c.p.c.), è discrezionale, ed il giudice, per esigenze di economia processuale
e di ragionevole durata del processo, può legittimamente rifiutare la fissazione di una
nuova prima udienza per consentire la partecipazione del terzo (Cass. n. 1112/2015,
Cass. S.U. n. 4309/2010);
che, infine, la contribuente ha richiamato, anche ai fini della istanza di rinvio della
decisione, lo “jus superveniens” costituito dall’art. 1, comma 578, L. n. 205 del 2017
(Legge di Bilancio 2018), che stabilisce, per quanto qui d’interesse, che le banchine e
le aree scoperte dei porti nonché i depositi ivi ubicati strettamente funzionali alle
suddette operazioni e servizi portuali, costituiscono immobili a destinazione
particolare, da censire in catasto nella categoria E/1, anche se affidati in concessione
a privati”, ma si trattan di disciplina innovativa, espressamente destinata ad operare
(“A decorrere dal 10 gennaio 2020 …”) per il futuro;
che, in conclusione, l’accoglimento della censura concernente la debenza dell’annualità
ICI 2005, oggetto del ricorso principale del Comune di Napoli, comporta la cassazione
in parte qua della sentenza impugnata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti
5

(Cass. n. 8637/2005), la questione se il diritto in capo a quest’ultimo dipenda da

in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2,
con il rigetto integrale dell’originario ricorso della contribuente;
che l’evoluzione della vicenda processuale giustifica la compensazione delle spese dei
gradi di merito, mentre quelle del presente giudizio seguono la soccombenza e sono
liquidate come in dispositivo;

P.Q.M.

accolto la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta integralmente
l’originario ricorso della contribuente, che condanna alla spese del presente giudizio,
liquidate in Euro 4.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per
cento ed accessori di legge. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, 1’8 febbraio 2018.

Il Presidente
Domenico Chindemi)

Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa in relazione al motivo

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