Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4604 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4604 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

Tributi – elusione
fiscale

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRAPI spa, rappresentata e difesa dall’avv. Gaspare Falsitta e

dall’avv. Nicoletta Dolfin ed elettivamente daniciliata in Rama
presso l’avv. Rita Gradara al largo Scaalia n. 67;

ricorrente

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE,

Data pubblicazione: 26/02/2014

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso la quale è damiciliata in Rana in via dei Portoghesi n.
12;

controricorrente

avverso la sentenza della Carmissione tributaria regionale
delle Marche n. 21/06/09 depositata 1’8 gennaio 2009;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 9 maggio 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
uditi l’avv. Nicoletta Dolfin per la ricorrente e
l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per la
cantroricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Giulio Remano, Che ha concluso per il rigetto del

ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La spa Ftapi pTcpone ricorso per cassazione, sulla base di
tre motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti
della sentenza della Commissione tributaria regionale delle
Marche che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ha
ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, ai fini dell’IRPEG e
dell’IRAP per il periodo d’imposta 2001-2002 can il quale veniva
d.P.R. 29 setteMbre 1973, n. 600, dell’operazione costituita
dall’acquisto per euro 139.203,94 del 51% delle azioni della
società greca MITEM dalla Pieralisi International s.a. con sede
in Lussemburgo, e dalla successiva svalutazione di tale
partecipazione, all’esito di una perizia diretta a determinarne
il valore, quale minusvalenza addebitata nell’esercizio in corso
al 31 diceffibre 2001: ciò, secondo la contestazione dell’ufficio,
in mancanza di valide ragioni econcmidhe, essendo gli atti e i
fatti svoltisi in prossimità di quella data effettuati solo per
realizzare un risparmio di imposta.
Secondo il giudice d’appello 1′ iter seguito nell’operazione
fatta dalla Frapi in Italia, preceduta da un trasferimento
oneroso, e con la partecipazione – in una società “che appare, da
quanto si desume in atti, ben lungi dal poter realizzare un
miglioramento eccalcmico” – subito dopo svalutata, era diretto al
vantaggio fiscale, delineandosi nell’operazione stessa “l’assenza
di valide ragioni economiche, in violazione delle disposizioni
antielusive di cui all’art. 37 bis” sopra citato.
“Le deduzioni dell’ufficio con le quali analizza il sistema
fiscale lusseMburghese attraverso il supporto docurrentale
prodotto. La cessione della partecipazione, la svalutazione ed il
successivo utilizzo della ndnusvalenza verificatasi portata in
diminuzione del reddito conseguito dalla n’api conduce a
ritenere abusiva la pratica contrattuale in contestazione nella
convinzione che la realizzata minusvalenza ha care scopo
principale quello di realizzare un risparmio di imposta
attraverso una riduzione dell’utile di esercizio da assoggettare
a tassazione. L’invocata finalità economica giustificata

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contestata la natura elusiva, ai sensi dell’art. 37 bis del

attraverso al ristrutturazione del gruppo appare meramente
marginale se non del tutto assente”.
L’Agenzia delle entrate resiste can controricorso.
EDMIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo, can il quale la società contribuente
denuncia la violazione dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600, si
chiude con il seguente quesito di diritto: “considerato Che nella
fattispecie la società ricorrente ha acquistato dalla consociata

successivamente proceduto ad una svalutazione fiscalmente
rilevante, dica” se la disposizione in rubrica “sia applicabile
nei soli casi di aggiramento di obblighi o divieti previsti da
dall’ordinamento tributario italiano, care ritiene la ricorrente,
o anche nei casi di aggiramento di (obblighi e divieti previsti da
ordinamenti tributari esteri, come ritenuto dai giudici di
secondo grado (nel caso di specie il divieto di deduzione della
mdnusvalenza da svalutazione sarebbe previsto dall’ordinamento
tributario lusseMburghese)”.
L’illustrazione del secondo motivo, con il quale la
ricorrente denuncia vizio di motivazione, si conclude con il
seguente nmamento di sintesi”: “nell’aMbito del presente
giudizio, vertente sulla presunta elusività di un’operazione
d’acquisto e di successiva svalutazione di una partecipazione,
costituisce un fatto decisivo e controverso il conseguimento o
meno di un risparmio dr imposta da parte del contribuente ed
integra pertanto il vizio di emessa motivazione la mancata
spiegazione delle ragioni per le quali la normativa italiana
(applicabile all’acquirente) sarebbe stata più favorevole di
quella lusseMburghese (applicabile al venditore)”.
Le due censure, da esaminare congiuntamente in quanto
strettamente legate, devono essere disattese, perché non
investano la ratio decidendi della sentenza impugnata.
In quest’ultima non si rinviene infatti l’affermazione,
ritenuta erronea dalla società contribuente, secondo cui la norma
dell’art.

37

bis del d.P.R. n.

600

del 1973 troverebbe

applicazione “anche nei casi di aggiramento di obblighi o divieti
previsti da ordinamenti tributari esteri_ (nel caso di specie il
divieto di deduzione della minusvalenza da svalutazione sarebbe

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lussemburgbese una partecipazione in relazione alla quale ha

previsto dall’ordinamento tributario lussemburghese)”, e non,
invece, “nei soli casi di aggiramento di obblighi o divieti
previsti dall’ordinamento tributario italiano care ritiene la
ricorrente”. Né una siffatta lettura della motivazione della
sentenza impugnata (trascritta

supra

in forma pressoché

integrale), posta in relazione con lo svolgimento del processo,
sembra essere autorizzata dal cenno, tra le deduzioni
dell’ufficio, a quelle con la quale esso “analizza il sistema
prodotto”.
Correlativamente, can riguardo alla seconda censura, la ora
riscontrata mancanza nella sentenza dell’affermazione secondo cui
“la normativa italiana (applicabile all’acquirente) sarebbe stata
più favorevole di quella lussemburghese (applicabile al
venditore)”, non consente di ravvisare il vizio di motivazione
individuato dalla ricorrente nella “mancata spiegazione delle
ragioni” di un siffatto maggiore favore.
Con il terzo motivo la società contribuente, con riguardo
alla presunta elusività dell’operazione di acquisto della
partecipazione, sostiene che costituirebbe un fatto decisivo e
controverso la sussistenza o meno di valide ragioni econaniche ed
integrerebbe pertanto il vizio di insufficiente motivazione la
vacua ed apodittica locuzione (in cui si esaurirebbe l’esame dei
giudici d’appello), secondo cui “l’invocata finalità econcudca
giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare
meramente marginale se non del tutto assente”.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha chiarito care “il divieto di abuso del
diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che
preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali
ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante can
alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad
ottenere un’ agevolazione o un risparmio di imposta, in difetto di
ragioni eccnaniche apprezzabili che giustifichino l’operazicne,
diverse alla mera aspettativa di quei benefici. Ne consegue che
il carattere abusivo di un’operazione va escluso quando sia
individuabile una canpresenza, non marginale, di ragioni
extrafiscali, che non si identificano necessariamente in una

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fiscale lussenburghese attraverso il supporto documentale

redditività immediata dell’operazione medesima ma possano
rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un
miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda: in
applicazione del riportato principio, la S.C. ha negato potesse
essere riconosciuto il carattere abusivo di una complessa
operazione di trasferimento di un pacchetto azianario di una
società facente capo ad un gruppo multinazionale ad altra società
del gruppo, con l’assunzione di notevoli impegni economici per il
carico fiscale, solo perché lo stesso risultato economico avrebbe
potuto raggiungersi attraverso un’ operazione di fusione, essendo
peraltro non contestate dall’amministrazione finanziaria le
necessità organizzative volte ad una gestione unitaria di uno dei
settori di attività del gruppo” (Cass. n. 1372 del 2011*,).
Nel caso in esame, a fronte di dettagliate e circostanziate
controdeduziani all’appello della contribuente, rilievi del resto
già svolti con l’atto introduttivo – le une e gli altri
ampiamente trascritte nel motivo di ricorso -, dirette a
dimostrare come l’acquisizione della partecipazione nella società
greca Mitem non fosse operazione isolata, ma rientrasse in un ben
più ampio progetto di riorganizzazione strutturale e funzionale
del gruppo Pieralisi – del quale la ricorrente era “capogruppo” , progetto “riconosciuto” dallo stesso ufficio accertatore, che
nell’avviso menzionava tra l’altro l’acquisizione di una
ulteriore partecipazione in altra società greca, l’affermazione
del giudice d’appello secondo cui “l’invocata finalità economica
giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare
meramente marginale se non del tutto assente” si appalesa come
insufficiente, in quanto inadeguata a dar canto della esclusione
della ricorrenza di valide ragioni economiche alla base
dell’operazione.
La censura va pertanto accolta, mentre vanno rigettati il
primo ed il secondo motivo, la sentenza deve essere cassata in
relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per le
spese, ad altra sezione della Oarmissione tributaria regionale
delle Marche.
P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso e rigetta i

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finanziamento dell’operazione e con conseguente riduzione del

primi due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della
Cammissicne tributaria regionale delle Marche.

Così deciso in Roma il 9 maggio 2013.

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