Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4603 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 25/02/2010), n.4603

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21303-2006 proposto da:

B.P., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DE ANGELIS VINCENZO, con studio in BOLOGNA VIA

RIVA RENO 4 (avviso postale), giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI RIMINI (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

RIMINI, depositata il 24/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate di Rimini ha convalidato la rettifica à fini IRPEF-ILOR per l’anno 1993, operata sulla scorta di P.V. della Guardia di Finanza, nei confronti di B.P., esercente un’impresa di raccolta e smaltimento di olii esausti, avendo ritenuto valide le presunzione tratte dai verbalizzanti dal confronto fra i formulari di raccolta degli olii, redatti à sensi della normativa sull’ambiente di cui al D.P.R. n. 915 del 1982 e le fatture – per quantitativi inferiori al raccolto – emesse nei confronti degli acquirenti, senza che risultassero rimanenze in capo alla B..

I giudici d’appello, nel ritenere esaurientemente motivato “per relationem” l’avviso di accertamento e l’efficacia probatoria dei formulari,in quanto rientranti nell’ampia formulazione di “libri obbligatori e altre scritture contabili”, hanno fondato il proprio “decisum”, oltrechè sulla mancata corrispondenza fra scritture obbligatorie e la fatturazione, sul richiamo alla sentenza sfavorevole alla contribuente emessa,in materia di IVA, seppure per anni differenti, in relazione ai medesimi fatti, dalla stessa CTR,nonchè sulla irrilevanza della sentenza assolutoria del Tribunale Penale di Rimini per non essere certo il superamento, à fini penali, della determinazione del corrispettivo, calcolato induttivamente dai verbalizzanti mediante la media aritmetica, calcolo da considerarsi,secondo la CTR, congruo e attendibile. Ha infine mandato all’Ufficio la rideterminazione delle sanzioni irrogabili nel rispetto del principio del “favor rei”.

B.P. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di sette motivi, senza resistenza da parte dell’intimata Agenzia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dopo una lunga premessa con cui si censura la sentenza impugnata,perchè motivata senza tener conto delle osservazioni dell’appellata sia in relazione alla non obbligatoria fatturazione di merce (olii esausti) ritirata gratuitamente, sia in ordine alla omessa considerazione delle dichiarazioni di terzi circa la gratuita consegna degli olii,e del conseguente non “automatismo” fra i formulari di consegna e la fatturazione della merce ritirata, sia in relazione al mancato esame della richiesta di esenzione dall’ILOR per minima dimensione dell’impresa, la ricorrente denuncia, con un primo motivo, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, per avere la sentenza impugnata ritenuto inammissibili i motivi già proposti dalla ricorrente in primo grado e sui quali quei giudici non si erano espressi,perchè ritenuti assorbiti, essendo la sentenza impugnata rivolta ad affermare la natura di scritture dei formulari, di cui era obbligatoria la conservazione, circostanza non proposta come motivo di ricorso od eccezione; con un secondo motivo si censura la sentenza impugnata per avere qualificato come “gravi, precise e concordanti” le presunzioni tratte dai “buoni di ritiro” degli olii esausti,molti dei quali versati alla ricorrente dalle aziende a titolo gratuito, e la relativa media aritmetica in ordine ai ricavi applicata dai verbalizzanti, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), che non consentirebbe la formulazione di avvisi di accertamento sulla base di media aritmetica,mentre non sussiste, nella specie automatismo fra il ritiro dell’olio e l’emissione di fattura da parte di chi lo consegna, trattandosi, come si è detto, di consegne spesso gratuite,perchè convenzionate in tal senso con Enti e aziende. In sostanza, la CTR avrebbe ritenuto legittima la presunzione di omessa fatturazione di trasporto degli olii esausti deducendola da formulari non obbligatori e quantificandola con media aritmetica, non consentita dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42.

Sulla scorta della sentenza della Corte Costituzionale n. 264 del 1997 la ricorrente sostiene quindi con un terzo motivo che l’Ufficio di Rimini avrebbe dovuto revocare,in ossequio al principio di cui alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4, all. E, relazionata al D.P.R. n. 429 del 1982, art. 12, gli accertamenti in sede di autotutela, a seguito della sentenza penale di proscioglimento,che ha ritenuto “non dimostrata la perfetta coincidenza tra omessa fatturazione e ricevute rilasciate, in mancanza di ulteriori elementi che attestino l’effettiva esecuzione della sua prestazione da parte dell’imputato,la sua onerosità e, soprattutto, l’ammontare del corrispettivo”, affermando inoltre il “vizio metodologico” della media aritmetica. Su tali valutazioni del giudice penale, anche se ritenute non vincolanti per il giudice tributario, quest’ultimo avrebbe dovuto esprimersi.

Col quarto motivo si censura quindi la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1 e art. 42, comma 2, perchè, avendo la CTR disatteso le dichiarazioni dei terzi(perchè successive all’accertamento) circa la consegna gratuita degli olii esausti e ritenuto invece certo il riflesso contabile della compilazione dei formulari, avrebbe dovuto -non essendo tali formulari documenti contabili – identificare presso le ditte che avevano consegnato l’olio i dati relativi a tali operazioni, invece di motivare circa la esistenza di ricavi non provati, sulla base di fatti rimasti ignoti.

Col quinto motivo adducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), la ricorrente denuncia l’inammissibiltà di presunzioni su presunzioni sia in ordine al ritenuto pagamento del prezzo di ritiro degli olii esausti, sia in ordine alla media aritmetica applicata.

Col sesto motivo si contesta, in forza del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, che il momento impositivo sorga con l’emissione della bolla di consegna, perchè, trattandosi di prestazione di servizi, lo stesso sorge con la emissione di fattura e perchè il trasporto degli olii esausti è esonerato dalla emissione di bolla di accompagnamento (D.P.R. n. 627 del 1978, art. 4, comma 1, n. 7).

Col settimo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., non essendosi pronunciata in ordine alla eccepita esenzione soggettiva dall’ILOR e si propongono quesiti relativi agli illustrati motivi di ricorso.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

I giudici d’appello, cui spettava di individuare le fonti del proprio convincimento, valutarne le prove,controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo fra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 2222/2003;

584/2004; 20322/2005; 155489/2007) hanno infatti privilegiato nella valutazione dei fatti di causa, quale dato decisivo, la valenza dei “formulari” obbligatoriamente redatti da un’impresa addetta allo smaltimento di rifiuti tossici o nocivi, quale quella della B., à sensi della normativa sull’ambiente, così tacitamente disattendendo – senza peraltro dichiararle inammissibili – le controdeduzioni della contribuente (non riproposte, per quanto si evince dalla confusa e non autosufficiente esposizione del ricorso, mediante appello incidentale, il che esclude che vi sia stata omessa pronuncia à sensi dall’art. 112 c.p.c.), controdeduzioni rivolte sostanzialmente a pretendere un diverso apprezzamento degli elementi di giudizio – e in particolare del valore dei suddetti formulari – rispetto a quello espresso e debitamente motivato dalla Commissione Regionale. Correttamente dunque la sentenza impugnata ha ritenuto tali formulari “scritture obbligatorie” per tale tipo di impresa, scritture che come tali dovevano essere conservate per il tempo previsto dal D.P.R. n. 915 del 1982 (cinque anni) per legittimamente concorrere, assieme ad altri dati,alla ricostruzione induttiva del reddito aziendale, che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, consente, ogniqualvolta ciò sia evidenziato da dati certi (“L’Ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’art. 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare complessivamente il reddito complessivo netto del contribuente ..).

Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere rigettato, analogamente al secondo motivo, perchè l’omessa impostazione, quali dati contabili, dei quantitativi d’olio esausto ricavabili dai formulari, ha comportato una sostanziale inattendibilità della contabilità à sensi del citato D.P.R., art. 39, lett. d) (“quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni … delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica” ..), e ciò anche in relazione ai redditi delle imprese minori, quale quella della ricorrente.

E’ altresì infondato e va rigettato il terzo motivo di ricorso, perchè la sentenza della Corte Costituzionale n. 264/97 riguarda il regime di cui al D.L. n. 429 del 1982, art. 12, in tema di efficacia del giudicato penale nel giudizio tributario; tale norma deve ritenersi infatti abrogata, per effetto dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. Infatti, l’attuale art. 654 cod. proc. pen., che stabilisce l’efficacia vincolante del giudicato penale nel giudizio civile e amministrativo nei confronti di coloro che abbiano partecipato al processo penale, espressamente sottopone tale efficacia alla duplice condizione che nel giudizio civile o amministrativo, e anche tributario, la soluzione dipenda dagli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudicato penale, e che la legge civile non ponga limitazioni alla prova “della posizione soggettiva controversa, come appunto avviene quando la normativa tributaria introduca delle presunzioni che alterano il regime ordinario dell’onere della prova (Cass. 889/2002, in materia di accertamento del reddito d’impresa e di utilizzazione dei dati emersi dai controlli su conti correnti bancari). La conseguenza di tale mutato quadro normativo è che nessuna automatica autorità di cosa giudicata può più attribuirsi nel giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile (di condanna o di assoluzione) emessa in tema di reati tributari ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione Finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente (Cass. 3421/2001;

3961/2002 109/2002), anche se la sentenza penale valutata dal giudice tributario – come nella specie è avvenuto – al fine di giustificare l’adesione o il dissenso rispetto allo stesso.

Ciò posto, va rilevato che la sentenza impugnata riguarda imposte dirette (IRPEF e ILOR) evase, e si attiene quindi ai quantitativi degli olii risultanti dai formulari non presenti al controllo inventariale (Kg. 8.286), quantitativi di cui è del tutto logico e legittimo presumere la cessione, sulla base di un prezzo medio ricavabile dalle operazioni fatturate (secondo un criterio consentito in presenza, come nella specie di merce omogenea: Cass: 14328/2009;

fr. 28342/2005) senza alcun rilievo particolare in ordine alla assenza di fatture di acquisto o di buoni di ritiro, elementi che attengono ad altra e differente imposta, quale l’IVA, che non è oggetto del presente giudizio, per cui le censure svolte in tema di fatturazione (non necessaria, secondo la ricorrente, in relazione a consegne gratuite di olii) in questa sede non rilevano. Tale osservazioni consentono di rigettare il quarto motivo di ricorso, perchè i quantitativi risultanti dai formulari sono stati motivatamente ritenuti sufficienti a stabilire il giro d’affari – e in particolare il ricavato delle vendite di olii esausti mediamente conseguito dalla B., senza necessità di alcuna altra indagine;non rileva infatti, in questa sede, la gratuità o meno dei conferimenti o cessioni di olii esausti alla B., ma il dato della raccolta complessiva della merce, che in assenza di rimanenze riscontrate, deve ritenersi ceduta a titolo oneroso, e non certo gratuito.

Contrariamente a quanto si sostiene col quinto motivo, pertanto, la Commissione Regionale non ha operato presunzioni su presunzioni, ma è partita da dati certi – i quantitativi raccolti, il prezzo medio praticato per quanto risultava dalle fatture di vendita reperite – per dedurre il reddito complessivo dell’azienda della B., la quale – nelle confuse difese prospettate-non si è neppure preoccupate di provare la esistenza di costi da dedurre, ma li ha addirittura negati, adducendo la gratuità della maggior parte delle consegne.

Il sesto motivo è inammissibile, perchè inconferente rispetto al contenuto della sentenza impugnata, che riguarda, come si è detto le imposte dirette.

E’ inammissibile altresì il settimo motivo perchè non autosufficiente in ordine alle ragioni che avrebbero dovuto indurre i giudici di merito a valutare la possibile esenzione dall’ILOR della contribuente, esenzione peraltro richiesta non con appello incidentale, ma soltanto con nelle controdeduzioni in sede d’appello.

In conclusione, pertanto, il ricorso va integralmente rigettato, senza addebito di spese, non essendosi controparte costituita.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

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