Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4602 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 25/02/2010), n.4602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 893-2002 proposto da:

M.T., elettivamente domiciliato in ROMA VIA AURELIA 190

presso lo studio dell’avvocato TESTA CESARE, che lo rappresenta e

difende, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE;

– intimato-

sul ricorso 5656-2002 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

D.M.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 69/2000 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 23/11/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.M.T., dopo avere presentato dichiarazione integrativa a fini IVA ai sensi della L. 31 dicembre 1991, n. 413, ometteva il pagamento della seconda e terza rata, scadenti rispettivamente il 31- 7-1992 ed il 20-6-1993.

In data 10-2-1998 l’Ufficio Provinciale IVA di Torino, notificava cartella esattoriale per gli imposti dovuti, soprattasse ed interessi.

Avverso la cartella proponeva ricorso la contribuente alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, eccependo la decadenza della Amministrazione dalla pretesa impositiva e l’erronea applicazione delle sanzioni.

La Commissione accoglieva parzialmente il ricorso in ordine alla misura delle soprattasse.

Appellava la contribuente e la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenza n. 69/5/00, in data 9-11-2000, depositata il 23-11-2000, lo respingeva, confermando la decisione impugnata.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente, con tre motivi.

Resistono il Ministero della Economia e della Finanze e la Agenzia delle Entrate, e propongono ricorso incidentale condizionato.

Il P.G. conclude per la manifesta infondatezza del ricorso principale e per l’assorbimento dell’incidentale, sussistendo le condizioni di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i ricorsi principale ed incidentale devono essere riuniti.

Con il primo motivo, la ricorrente principale deduce violazione del D.L. n. 323 del 1996, art. 10, comma 2, lett. c), comma 2 ter;

violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 5 bis; omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn 3 e 5.

Sostiene che la Amministrazione era tenuta alla previa notificazione dell’avviso di pagamento, condizione necessaria ai fini della iscrizione a ruolo delle somme dovute, in quanto il disposto di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 51, punto 8, che in caso di mancato pagamento delle rate non prevede il predetto incombente, era stato aggiunto dal D.L. n. 323 del 1996, art. 5 bis, convertito con L. 8 agosto 1996, con effetto dal 20-6-1996. Tale disposizione on poteva applicarsi retroattivamente al caso di specie, in quanto l’art. 2 ter della stessa normativa ne prevedeva la applicazione ai rapporti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto, laddove a tale data (20-6-1996) la cartella esattoriale non era stata ancora notificata.

Con il secondo motivo, deduce violazione e mancata applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 1, e del citato D.P.R., art. 58, comma 3, ed omessa ed insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sostiene che il rigetto della censura circa i termini entro i quali l’Ufficio avrebbe dovuto procedere alla iscrizione a ruolo da parte della Commissione (“l’iscrizione a ruolo è tempestiva essendo risultato che i termini temporali previsti dalla legge per la sua formazione non sono stati superati”) è fondato su motivazione apparente, in quanto non spiega perchè non sia applicabile il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 1, ed in ogni caso quale sia la normativa applicabile.

Con il terzo motivo, sostiene la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22 e 23, del D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 13 e 16, lett. f), e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, ed omessa ed insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Premesso che essa ricorrente aveva eccepito che l’atto di costituzione in giudizio della Amministrazione in primo grado (come nel secondo) era sottoscritto da parte di soggetto non coincidente con il direttore dell’Ufficio e privo della qualifica dirigenziale, rileva che la Commissione Regionale aveva respinto il rilievo asserendo che “nessuna norma infatti dispone che la sottoscrizione di tali atti sia riservata al direttore, essendo sufficiente il conferimento di delega ad un funzionario con competenze specifiche”.

Ad avviso della ricorrente la motivazione era errata in quanto le delega non era consentita, ed in ogni caso non era stata prodotta.

L’Amministrazione nel controricorso contesta le asserzioni di controparte e, per il caso di accoglimento del primo motivo, formula ricorso incidentale sostenendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto il motivo in cui la contribuente eccepiva la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, n. 6, per la mancata previa notifica dell’avviso di pagamento era stato formulato per la prima volta in appello, non figurando tra quelli dedotti con il ricorso introduttivo.

Il primo motivo è infondato.

E’ principio consolidato che “il ruolo e le cartelle recanti intimazione di pagamento IVA emessi in data antecedente il 30-6-1996, sono disciplinati, “ratione temporis” non già dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60, comma 6, (come modificato dal D.L. 20 giugno 1993, n. 323, art. 10, comma 2, conv. nella L. 8 agosto 1996, n. 425) bensì dal D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 67, comma 2, lett. a), dalla cui lettera si evince inequivocabilmente che l’invito al pagamento ivi menzionato non costituisce atto presupposto o comunque prodromico ad ogni iscrizione a ruolo e di ogni avvio di procedura riscossiva, non dovendo essere emesso in tutte le ipotesi in cui le iscrizioni e la procedura abbiano titolo in avvisi di liquidazione, accertamento, rettifica o irrogazione di sanzioni (e cioè in atti recanti la certificazione della esistenza e della quantificazione delle ragioni vantate dalla Amministrazione finanziaria e da queste fatto oggetto di pretesa attuativa) nonchè, in via analogica, tutte le volte che il credito tributario abbia già un titolo, come specificamente nella ipotesi in cui la iscrizione a ruolo ed il correlato inizio della procedura di riscossione abbiano la fonte nella dichiarazione del contribuente che rechi enunciazione dell'”an” e del “quantum” del debito tributario, comportando la insorgenza immediata ed incondizionata della debenza del tributo ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, comma 1″ (v. Cass. n. 3971/09).

Ne consegue che nel caso di specie, in cui è incontestata la debenza della rate non pagate relative alla dichiarazione integrativa, non era necessario il previo invio dell’avviso di pagamento.

La reiezione del presente motivo comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato della Amministrazione.

Il secondo motivo è generico e pertanto inammissibile. Infatti non è sufficiente dedurre la erroneità di una asserzione della sentenza impugnata sulla base di una asserita mancata specificazione dei motivi che la sorreggono; occorre altresì esplicitare l’errore in cui si assume essere incorso il giudice di merito spiegandone le ragioni. Onere non assolto dalla ricorrente, che si è limitato ad eccepire la “apparenza” della motivazione, senza enunciare gli elementi di fatto e diritto in contrasto con la asserzione oggetto di censura (v. Cass n. 3741 del 2004).

Il terzo motivo è parimenti infondato.

E’ infatti principio consolidato che in tema di contenzioso tributario la sottoscrizione di un atto di costituzione in giudizio o di un atto di appello, pur non competendo ad un qualsiasi funzionario sprovvisto di specifica delega da parte del titolare dell’Ufficio, deve ritenersi validamente apposta quando proviene dal funzionario preposto al reparto competente, perchè la delega conferita da parte del titolare dell’Ufficio può essere legittimamente conferita in via generale mediante la preposizione del funzionario ad un settore dell’Ufficio con competenze specifiche, nella specie il settore del contenzioso (V. Cass n. 3058 del 2008; Cass. n. 13908 del 2008).

Pertanto, non essendo controversa la appartenenza del funzionario sottoscrittore al competente ufficio, la sussistenza di un valido potere in tal senso si presume, senza necessità di esibizione o produzione di un atto scritto di delega da parte del direttore.

Il ricorso principale deve quindi essere rigettato.

Le spese di questa fase seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale. Condanna la ricorrente alle spese nei confronti della Amministrazione, che liquida in Euro 1000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

 

 

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