Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4600 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 22/02/2017, (ud. 29/11/2016, dep.22/02/2017),  n. 4600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24835-2012 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO NIBBY 7, presso l’avvocato GIANCARLO GUARINO, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in persona del Curatore dott.

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso

l’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GUIDO D’APRILE, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

3B ELETTRICA DI GRAZIANO BELLOMI, A.B.B. ELETTRICA S.R.L.,

Q.P., R.C., IDRAS S.P.A., POMPETRAVAINI S.P.A., PREVINDAI

FONDO PENSIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1032/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 17/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2016 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato ALESSANDRO AVAGLIANO, con

delega, che ha chiesto un rinvio per integrazione del

contraddittorio o l’accoglimento del ricorso:

udito, per il controricorrente, l’Avvocato DANIELE MANCA BITTI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità della

sentenza di parte ricorrente; inammissibilità o manifesta

infondatezza anche per l’art. 360 bis c.p.c., n. 1, condanna

aggravata alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Brescia ha respinto il reclamo proposto da (OMISSIS) s.r.l., contro la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa dal tribunale dopo aver revocato l’ammissione della società alla procedura di concordato preventivo, ai sensi della L. Fall., art. 173, u.c..

La corte del merito ha condiviso il giudizio del primo giudice, di inattendibilità dei dati contabili esposti nella proposta di concordato e di insufficienza della relazione del professionista attestatore, pur dopo il deposito di un’istanza di modifica, accompagnata da nuovi documenti e da una relazione integrativa. Ha rilevato, in particolare, che un finanziamento ottenuto dalla società nel 2009, così come costi da questa sostenuti, erano emersi ed erano stati appostati in contabilità solo nel 2011 e che, sempre nel 2011, un debito per finanziamento soci era stato trasformato in un astratto debito verso terzi in base ad un ingiustificato giroconto, senza che il professionista incaricato si fosse fatto carico di spiegare tali anomalie. Ha accertato, inoltre, che la mancata esposizione di una classe separata di crediti da finanziamento postergati, vantati nei confronti di (OMISSIS) da altre società del gruppo, aveva determinato un’incertezza circa il diritto degli stessi a partecipare al voto che si era inevitabilmente riverberata sulla possibilità per gli altri creditori di esprimere un consenso informato.

La sentenza, pubblicata il 17.9.2012, è stata impugnata da (OMISSIS) con ricorso per cassazione affidato a quatto motivi, cui il Fallimento ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Il primo ed il secondo motivo del ricorso, sostanzialmente sovrapponibili e pertanto esaminabili congiuntamente, investono il capo della decisione che ha escluso la ricorrenza del presupposto di ammissibilità del concordato di cui alla L. Fall., art. 161, comma 3.

(OMISSIS), denunciando violazione della L. Fall.. artt. 160/163, 170/173 e 177, artt. 2215, 2218, 2219 e 2947 c.c., oltre che vizio di motivazione, sostiene che la corte del merito (prestando acritica adesione alla pronuncia di primo grado) avrebbe esorbitato dai limiti della propria cognizione – dalla quale è escluso sia il giudizio in ordine alla meritevolezza del debitore, sia quello di fattibilità della proposta concordataria – in quanto avrebbe fondato la decisione sul mero rilievo dell’inattendibilità dei dati contabili, senza tener conto dei chiarimenti da essa forniti all’atto del deposito della proposta modificata (accompagnata da una nuova, dettagliata relazione dell’esperto) e senza individuare alcun atto di frode volto ad occultare la reale consistenza del suo patrimonio ed a pregiudicare l’espressione del consenso informato dai creditori. In definitiva, a dire della ricorrente, il giudice del reclamo avrebbe illegittimamente sanzionato la sua pregressa condotta di negligenza nella tenuta della contabilità.

2) I motivi sono inammissibili in quanto, sotto più di un profilo, non colgono le ragioni della decisione.

2.1) In primo luogo, è sfuggito alla ricorrente che la statuizione impugnata è stata assunta in applicazione della norma di chiusura, contenuta nella L. Fall., art. 173, comma 3, ultimo periodo, che stabilisce che si fa luogo alla revoca anche se, in qualunque momento, risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato.

Le argomentazioni con le quali (OMISSIS) lamenta che la revoca sia stata disposta nonostante la mancata individuazione di atti di frode, volti ad occultare la reale consistenza del suo patrimonio ed a pregiudicare l’espressione del consenso informato dai creditori, sono pertanto del tutto prive di attinenza al capo della pronuncia in esame, fondato sul mero rilievo dell’insufficienza, e della conseguente inattendibilità, della relazione depositata dal professionista incaricato della relazione, che si era limitato ad attestare la veridicità dei dati contabili, ma non si era fatto carico di dare spiegazione delle anomalie che questi presentavano.

2.2) Non si comprende, d’altro canto, in qual modo l’accertamento, di mero fatto, concernente l’inadeguatezza della relazione, abbia potuto comportare una valutazione negativa in ordine alla fattibilità del concordato od alla meritevolezza della debitrice.

2.3) Neppure colgono nel segno le censure con le quali la ricorrente deduce che l’affermazione dell’inattendibilità del giudizio dell’attestatore si fonda su di una non consentita valutazione della fattibilità della proposta, esorbitante dai limiti della cognizione devoluta al giudice del merito, che deve arrestarsi alla verifica della sola sussistenza dei requisiti di cui alla L. Fall., artt. 160 e 161, fra i quali non è più compresa la regolare tenuta della contabilità.

Come chiarito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 1521 del 23.1.013, e come ribadito da successive pronunce (Cass. nn. 11014/013, 21901/013) spetta infatti pur sempre al giudice del merito il controllo di legalità del piano, comprensivo del controllo in ordine alla corretta formulazione della proposta, che costituisce presupposto indispensabile al fine della garanzia della corretta formazione del consenso dei creditori. E, in tale ambito, come può ricavarsi dal disposto della L. Fall., art. 162, comma 2, che impone al tribunale di dichiarare l’inammissibilità della proposta qualora non ricorrano i presupposti di cui alla L. Fall., art. 160, commi 1 e 2 e art. 161 (in essi compresi quindi anche quelli concernenti la veridicità dei dati indicati e la fattibilità del piano) è conferito al giudice il compito di esaminare criticamente la relazione del professionista che accompagna il piano indicato dall’imprenditore, verificando che l’attestazione di veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano medesimo non solo trovi puntuale riscontro nella documentazione allegata, ma sia sorretta da argomentazioni logiche, idonee a dar conto della congruità delle conclusioni assunte rispetto ai profili di fatto oggetto di esame.

2.4) Va infine rilevato, con riguardo alle censure svolte ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che (OMISSIS) non ha indicato quale sia il fatto decisivo ignorato dalla corte del merito, che, ove valutato, avrebbe comportato un diverso esito della decisione.

3) Poichè l’accertamento contestato nei primi due motivi è da solo sufficiente a sorreggere la statuizione di revoca dell’ammissione, restano assorbite le ulteriori ragioni di censura illustrate da (OMISSIS) nel terzo e nel quarto motivo, la cui eventuale fondatezza non potrebbe comunque condurre alla cassazione della sentenza impugnata.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 8.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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