Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4598 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 25/02/2010), n.4598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

ENERGIA ITALIA SPA IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

sul ricorso 26940-2006 proposto da:

ENERGIA ITALIA SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante e Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato D’AYALA

VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

LUCCHESE TIZIANO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11/2006 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 15/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE BARBARA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato LUCCHESE TIZIANO, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di verifica effettuata dalla Guardia di Finanza di Orbassano presso una società che curava la contabilità di varie imprese, erano emessi dalla Amministrazione avvisi di accertamento nei confronti della società Energia Italia s.p.a. in liquidazione, in cui si assumeva che la stessa avesse utilizzato fatture emesse nei suoi confronti per operazioni inesistenti da Energia e Ambiente s.r.l. e Cooperativa 2000 a. r.l. nell’anno 2006 per un imponibile di L. 1.550.000.000 e da Energia e Ambiente s.r.l. per L. 68.376.000 nell’anno 1997.

La società impugnava gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Torino, la quale con distinte sentenze li accoglieva, ritenendo che la Amministrazione non avesse fornito valida prova della inesistenza della operazioni fatturate.

Avverso le sentenze proponeva appello principale la Amministrazione ed incidentale la contribuente.

La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, riuniti i procedimenti, con sentenza n. 11/20/06 in data 27-3-2006, depositata in data 15-5-2006, respingeva i gravami principale ed incidentale e confermava le decisioni impugnate.

Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione la Agenzia delle Entrate, con due motivi.

Resiste la contribuente con controricorso e formula ricorso incidentale condizionato con quattro motivi.

La Agenzia deposita controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i ricorsi devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo, la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 e dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Rileva in proposito che la Commissione Regionale ha errato ritenendo che l’onere della prova della inesistenza delle operazioni fatturate spettasse all’Ufficio. Ad avviso della Agenzia, vertendosi in materia di costi ritenuti inesistenti, che danno luogo a crediti di imposta, secondo i principi generali in materia tributaria l’onere della prova dei costi sostenuti e delle spese detraibili incombe sul contribuente che intende avvalersene, spettando alla Amministrazione un onere di semplice contestazione.

Invoca a suo favore giurisprudenza di questa Corte (Cass. 12330 del 2001, Cass. n. 13881 del 2000, Cass. 18710 del 2005).

Conclude con il seguente quesito di diritto: ” se, in materia di impresa, in presenza di contestazione di costi indicati nelle fatture, spetti al contribuente di documentare la concreta esistenza dei costi asseritamente sostenuti”.

Con il secondo, deduce carenza di motivazione su punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Sostiene che la Commissione Regionale non aveva preso in considerazione elementi di fatto esposti dalla Amministrazione a sostegno dell’assunto di falsità delle fatture, omettendo quindi di spiegare perchè le prove addotte dalla stessa fossero insufficienti od inadeguate.

In particolare, la Commissione aveva omesso di considerare le risultanze di “una ampia indagine del giudice penale” da cui emergerebbe la insussistenza delle operazioni descritte in fattura;

che per la prima società emittente le fatture in contestazione, Energia e Ambiente s.r.l. gli impianti effettivamente da questa eseguiti non avevano come destinataria la società contribuente, le fatture in massima parte concernevano studi di fattibilità non realizzati, i soggetti che eseguivano detti studi, tali S. e P. “non conoscevano numerose società nei confronti delle quali sono state emesse fatture”; che per la seconda società emittente, Cooperativa 2000 il presidente della stessa, tale P.M., “non era in grado nè di indicare il tipo di prestazioni nè gli esecutori materiali delle opere”.

In conclusione, la ,motivazione doveva considerarsi carente in quanto non avrebbe dato il giusto rilievo al mancato riscontro presso i committenti di tracce documentali o di altro genere delle opere fatturate e pagate dalla odierna resistente.

Nel controricorso la società Energia Italia s.p.a in liquidazione confuta le argomentazioni dell’Ufficio, e formula, in via condizionata all’accoglimento del ricorso principale, ricorso incidentale con quattro motivi, che riproducono ragioni di doglianza espresse nell’atto di appello e non considerate dalla Commissione, con violazione per tutti del precetto di cui all’art. 112 c.p.c: 1) violazione de D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, L. n. 241 del 1990, art. 3, L. n. 212 del 2000, art. 7, per carenza di motivazione degli avvisi di accertamento anche in relazione alla allegazione non per intero ma per stralcio del PVC della g. di F.; 2) violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 16 e 17, per carenza di motivazione dell’atto di irrogazione della sanzioni; 3) violazione D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3, 12, 16, 17 e 25, per avere l’Ufficio applicato il principio del cumulo materiale delle sanzioni, anzichè quello imposto dalla originaria formulazione del citato D.Lgs. art. 12.

applicabile ratione temporis in forza del “favor rei” che consentiva in presenza di più violazioni di una sola disposizione di legge la applicazione della sanzione per il fatto più grave, aumentata fino al doppio: 4) violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, comma 3, per avere lo stesso Ufficio utilizzato documentazione concernente indagine penale senza previa autorizzazione della A.G..

La Agenzia, nel controricorso a ricorso incidentale, sostiene la infondatezza degli assunti della parte privata.

Il primo motivo del ricorso principale non è fondato.

La generica asserzione della Agenzia, secondo cui è onere del contribuente provare la esistenza di fatti che danno luogo a costi ed oneri deducibili, è astrattamente condivisibile, ma non è attinente alla fattispecie.

Infatti, non tiene conto che la documentazione della imposta detraibile è insita nella fatturazione stessa, nonchè negli adempimenti collaterali (arg. D.P.R. 26 ottobre 1972, artt. 19, 25, 39 e 54). E’infatti principio consolidato di questa Corte che “in tema di IVA la fattura è un documento idoneo a documentare un costo della impresa, come si evince chiaramente dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, che ne disciplina il contenuto, prescrivendo tra l’altro l’indicazione dell’oggetto e del corrispettivo di ogni operazione commerciale. Pertanto nella ipotesi di fatture che la Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che la operazione è effettiva, ma spetta alla Amministrazione, che adduce la falsità del documento, e quindi la esistenza di un maggiore imponibile, provare che la operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è stata posta in essere” (v., Cass. n. 27241 del 2005; Cass. n. 15395 del 2008).

Deve peraltro notarsi che detto principio non è contraddetto, ma confermato da Cass. n. 18710 del 2005, citata a proprio favore dall’Ufficio, e che anche le altre sentenze citate da quest’ultimo confermano l’adempimento dell’onere di documentazione a carico del contribuente tramite le scritture contabili.

Ne consegue che nel caso di specie, in cui non è contestata la completezza e regolarità delle scritture contabili, spetta alla Amministrazione l’onere probatorio della inesistenza della operazioni contestate. Onere peraltro che può essere adempiuto, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti; solo a seguito di tale adempimento si trasferisce sul contribuente l’onere di provare la esistenza, delle stesse operazioni (v. per tutte Cass. 15395 del 2008 cit.).

Al quesito proposto, peraltro generico ed al limite della ammissibilità, deve quindi darsi risposta negativa alla luce della considerazioni che precedono.

Anche il secondo motivo non è fondato.

Occorre rammentare che ai sensi della seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c., la parte che alleghi la omessa od insufficiente motivazione della sentenza sulla base di una asserita inadeguata valutazione delle prove documentali da parte del giudice del merito, ha l’onere di precisare le ragioni che rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti rilevanti, alla documentazione prodotta, alla sua provenienza ed alla incidenza rispetto alla decisione (v. Cass. n. 4589 del 2009).

Il motivo di ricorso principale non è conforme a tali criteri.

Occorre infatti prendere atto che la motivazione della sentenza impugnata nell’escludere la rilevanza probatoria degli elementi offerti a tale scopo dalla Amministrazione, non appare inesistente, contraddittoria od illogica, prendendo in considerazione in modo critico e specifico la documentazione in atti e dandone una complessiva interpretazione.

A fronte di ciò, la Agenzia ricorrente si limita ad elencare in modo assolutamente generico elementi tratti dal PVC della guardia di Finanza, senza indicare con esattezza e trascrivere i passi di tale documento ritenuti rilevanti, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, ed offrendo una lettura di tali risultanze difforme da quella data dalla Commissione di appello, senza illustrare i motivi della decisività di tali elementi, e, soprattutto, senza mettere in luce le supposte aporie motivazionali del giudice del merito ovvero che lo stesso sia incorso in errori di natura obiettiva sul contenuto dei documenti esaminati.

In sostanza, la Agenzia da un lato non dimostra la esistenza e la incontrovertibilità dei dati che si assumono ignorati dalla Commissione, e dall’altro si duole di una valutazione complessiva dei fatti difforme da quella dalla medesima perseguita, proponendo una propria interpretazione degli stessi elementi esaminati dal giudice del merito, con argomentazioni che non superano la esclusiva competenza dello stesso sulla valutazione delle prove e che non sono suscettibili di considerazione nella presente fase di legittimità.

Il ricorso principale deve essere quindi rigettato.

Tale conclusione preclude l’esame del ricorso incidentale condizionato, i cui motivi peraltro risulterebbero inammissibili per mancanza del motivo di diritto imposto dall’art. 366 bis c.p.c..

Sussistono giusti motivi tratti dalla particolarità del caso concreto per compensare tra le parti le spese di questa fase di legittimità.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, in ciò assorbito l’incidentale.

Dichiara compensate le spese di questa fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

 

 

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