Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4597 del 24/02/2011
Cassazione civile sez. trib., 24/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 24/02/2011), n.4597
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 20600-2009 proposto da:
AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
GIUSEPPE MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato SALVINI LIVIA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BRANDA
GIANCARLA, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 18089/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
di ROMA dell’8/05/08, depositata il 02/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;
udito l’Avvocato Branda Giancarla, difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti; è presente l’Avvocato Generale in persona del
Dott. DOMENICO IANNELLI che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1. La Autostrade per l’Italia s.p.a. propone ricorso per revocazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti del Ministero delle Finanze e dell’ Agenzia delle Entrate (quest’ultima resistente con controricorso) e avverso la sentenza n. 18089/08 della quinta sezione civile di questa Corte.
2. L’unico motivo di ricorso (col quale si deduce che la sentenza è affetta da errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere i giudici della S.C. supposto che la società convenuta nel giudizio di cassazione fosse coinvolta in un’operazione di ristrutturazione societaria modulata attraverso mutamenti della ragione sociale ed eventuali incorporazioni successive, e che quindi sussistesse, in capo a detta società, la titolarità del rapporto di imposta e la qualità di parte nel giudizio di merito, benchè tale fatto fosse incontrastabilmente escluso da elementi obiettivi risultanti dalla documentazione acquisita agli atti) è inammissibile per insussistenza dei presupposti dell’errore revocatorio.
In proposito, è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene), “l’errore di fatto che può dare luogo alla revocazione di una sentenza consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa sostanziantesi nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità risulta incontestabilmente esclusa dagli atti, o nell’esistenza di un fatto la cui verità è inconfutabilmente accertata, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito” (v., in termini, SU n. 561 del 2000, ma tra le altre v. anche Cass. n. 7647 del 2005 e n. 6557 del 2005), mentre nella specie dalla sentenza impugnata (e peraltro dallo stesso ricorso in revocazione) risulta che la questione della carenza di legittimazione passiva della società intimata nel giudizio di cassazione sia stata posta nel controricorso e che su tale questione si sia espressamente pronunciata la Corte nella sentenza impugnata in questa sede, con la conseguenza che quello che si denuncia in questa sede non è un errore revocatorio, bensì, inammissibilmente, un error in iudicando.
3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio che liquida in Euro 7.100,00 di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011