Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4595 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 4595 Anno 2018
Presidente: STALLA GIACOMO MARIA
Relatore: MONDINI ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 3879-2013 proposto da:
TERRIBILI FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA
V.LE DELLE MILIZIE 76, presso lo studio dell’avvocato
FABIO DE ANGELIS, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA 3 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
2018
104

ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonché contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE I DI ROMA,
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

Data pubblicazione: 28/02/2018

- intimati avverso la sentenza n. 538/2012 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 19/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 23/01/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO

MONDINI.

Rilevato che:
1. in controversia concernente la tempestività dell’avviso di liquidazione in
revoca di agevolazioni fiscali per acquisto della prima casa, notificato a Terribili
Francesco in data 9 gennaio 2009 e motivato con rilievo che nei diciotto mesi
successivi all’acquisto, avvenuto in data 29 ottobre 2002 con atto trascritto in
data 15 novembre 2002, il Terribili non aveva trasferito la residenza nel

Lazio, con sentenza 30 ottobre 2012, riformando la pronuncia di primo grado,
dichiarava l’avviso tempestivo tenendo conto della proroga biennale del
termine di accertamento di cui all’art. 76 d.P.R. 131/86, prevista dall’art. 11,
comma 1, L.289/2002;
2. con ricorso notificato oltre che all’Agenzia delle Entrate anche al Ministero
dell’Economia e delle Finanze, e affidato a tre motivi, il Terribili ha chiesto la
cassazione della suddetta sentenza;
3. L’Agenzia delle Entrate ha presentato controricorso;
considerato che:
1. va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso per quanto riferito
al Ministero della Economia e delle Finanze trattandosi di un soggetto nei cui
‘rapporti giuridici’, ‘poteri’ e ‘competenze’ in materia tributaria sono succedute
ex lege (art.57, co.1 d.lgs.300/99, con decorrenza dal

10 gennaio 2001 ex

art.1 D.M. 28 dicembre 2000) le agenzie fiscali, dotate di autonoma e distinta
soggettività impositiva, nonché di legittimazione sostanziale e processuale
(Cass. 1550/15; 22992/10 ed altre);
2. con il primo motivo di ricorso, rubricato “violazione e falsa applicazione
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla
applicazione della normativa dettata dal d.lgs. 165/01 nonché dell’art. 53,
comma 2, d.lgs. 546/1992 (articolo 360, n.ri 3-5)-omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio (violazione dell’art. 360 n.5)”, viene in sostanza
dedotto, in primo luogo, che i giudici di appello, senza motivazione, hanno
trascurato

l’eccezione

sollevata

dal

ricorrente,

di

inammissibilità

o

improcedibilità dell’appello per non avere l’Agenzia dimostrato la qualifica di
“capo team legale delegato dal direttore provinciale”, del funzionario che, con

comune ove era situato l’immobile, la commissione tributaria regionale del

tale qualifica, aveva firmato l’atto di appello e dunque per non aver dimostrato
che detto funzionario avesse la legittimazione ad agire in giudizio spettante, in
base alla normativa di cui al d.lgs. 165/01, al dirigente dell’ufficio e, in secondo
luogo, che la commissione tributaria regionale, senza motivazione, “non ha
applicato ed ha falsamente interpretato la normativa dell’art. 53, comma 2, del
d.lgs 546/92 il quale prescrive che “ove il ricorso non sia stato notificato a
mezzo dell’ufficiale giudiziario, l’appellante deve a pena di inammissibilità

tributaria che ha pronunciato la sentenza” … [mentre] nel caso di specie era
emerso che l’Agenzia delle entrate aveva omesso di depositare
tempestivamente la copia dell’atto di impugnazione presso la Segreteria della
Commissione di primo grado …”;
1.1 Il motivo è inammissibile: come affermato da questa Corte con la sentenza
n. 7267 del 11/05/2012, il motivo di ricorso con il quale si censura un vizio
erroneamente individuandone la tipologia è inammissibile; nel caso concreto,
si censurano, come violazione o falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1,
n. 3) e come mancato esame di fatti (art. 360, comma 1, n.5, nella versione
applicabile ratione temporis), errori in procedendo e omissioni relative a fatti
rilevanti ai fini dell’applicazione delle norme regolatrici del processo; tali errori
avrebbero dovuto essere fatti valere ai sensi del n.4 dell’art. 360 c.p.c.; ai
sensi del n.3 possono essere infatti dedotti errori relativi a leggi sostanziali ed
anche errori relativi a leggi processuali sempre però che si tratti di leggi
processuali destinate ad un giudice diverso da quello che ha reso la pronuncia
della cui cassazione si tratta, in altri termini non errores in procedendo ma
errores in iudicando de iure procedendi; sulla non riconducibilità al vizio ex art.
360, n. 5, c.p.c., dell’omesso esame di fatti diversi da quelli afferenti la
fattispecie sostanziale, la Corte ha già statuito con la sentenza n. 5785 del
08/03/2017;
2. il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con i quali viene dedotta, in relazione
all’art. 360, n.3, c.p.c., “la violazione o la falsa applicazione dell’art. 76,
comma 1 bis, d.P.R. 131/1986” e la “violazione e falsa applicazione dell’art. 53
d.lgs 546/1992 nonché falsa applicazione dell’art. 11 della legge 28/2002”,
possono essere esaminati insieme in quanto sono volti entrambi a denunciare

depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione

lo stesso errore di diritto asseritamente commesso dalla commissione tributaria
regionale nel ritenere applicabile al termine triennale di accertamento previsto
dall’art. 76 d.P.R., la proroga biennale disposta dall’art.11, comma 1, della L.
289/2002 anche per le ipotesi -quali quella di specie- di cui al comma 1 bis
dello stesso articolo 11;
2.1. si tratta di motivi infondati: questa Corte ha più volte affermato (cfr., tra le
molte, Cass. civ. sez V 11 maggio 2016, n. 9578; Cass. civ. sez VI-V ord. 20

sez. VI — V ord. 19 novembre 2014, n. 24683; Cass. civ. sez VI-V 11
settembre 2014, n. 19248; Cass. civ. sez V 18 aprile 2014, n. 9012; Cass. civ.
sez. VI — V ord. 8 gennaio 2013, n. 279; Cass. civ. sez. VI — V ord. 3
dicembre 2010, n. 24575; Cass. civ. sez. VI — V ord. 17 maggio 2010, n, n.
12069) che la proroga prevista dal comma 1 dell’art. 11 della L. n. 289/2002 si
applica anche alle ipotesi di violazione della normativa regolante le
agevolazioni tributarie previste dal successivo comma 1-bis. Questo compatto
orientamento ha trovato conferma da ultimo in un passaggio della motivazione
della sentenza n. 18574 emessa dalle Sezioni Unite della Corte il 22 settembre
2016 (v. punto 2 laddove si legge: “…Giova innanzitutto evidenziare che, alla
stregua del citato articolo 11 siccome interpretato da condivisibile
giurisprudenza di questo giudice di legittimità … non può escludersi la
possibilità di fruire della proroga di due anni dei termini per la rettifica e la
liquidazione della maggior imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle
successioni e donazioni nonché sull’incremento del valore aggiunto, anche nelle
ipotesi di definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni
tributarie sulle medesime imposte”);
3. conclusivamente il ricorso deve essere rigettato;
5. le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo ai sensi del d.m. n. 55 del 2014.
PQM
la Corte, dichiara il ricorso inammissibile per quanto proposto nei confronti
del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
rigetta il ricorso nei confronti della Agenzia delle Entrate;
condanna il ricorrente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del

gennaio 2016, n. 922; Cass. civ. sez V 13 novembre 2015, n. 23222; Cass. civ.

giudizio di cassazione, liquidate in C 2000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, dalla Corte riunita nella Camera di Consiglio del 23
gennaio 2018.

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