Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4591 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. III, 21/02/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 21/02/2020), n.4591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8544-2018 proposto da:

R.S. AUTOTRASPORTI SRL, in persona del suo Amministratore Unico

e Legale Rappresentante R.S., domiciliata ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato STEFANO BAZZANI;

– ricorrente –

contro

AMIU GENOVA SPA, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e legale rappresentante pro tempore Dott.

S.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,

presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LUIGI COCCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1132/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 19/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza non definitiva del 2 febbraio 2009 il Tribunale di Genova revocava decreto ingiuntivo ottenuto da R.S. Autotrasporti S.r.l. nei confronti di A.M.I.U. S.p.A. per il pagamento di trasporto di rifiuti, essendo risultato nullo il relativo contratto, e rimetteva la causa in istruttoria per accertare il dovuto per arricchimento senza causa (tale pronuncia era poi confermata dalla Corte d’appello di Genova con sentenza del 10 maggio 2013). Con sentenza definitiva del 17 febbraio 2011 il Tribunale condannava quindi l’opponente a corrispondere all’opposta un indennizzo di Euro 743.194,60, oltre interessi, compensando al 50% le spese processuali e condannando l’opponente a rifonderne a controparte l’altro 50%.

R.S. Autotrasporti proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Genova, con sentenza del 19 settembre 2017, accoglieva limitatamente alla liquidazione delle spese.

R.S. Autotrasporti ha proposto ricorso, basato su unico motivo, da cui si è difesa con controricorso A.M.I.U. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’unico motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso o solo apparente esame di un fatto discusso e decisivo.

Entrambi i giudici di merito avrebbero ritenuto che l’indennizzo per l’arricchimento senza causa riguardasse soltanto i costi diretti, e non anche i costi generali e il lucro cessante. Il fatto decisivo oggetto del motivo sarebbe l’esclusione di alcuni costi diretti. Si invocano quindi le pagine 15-16 dell’atto d’appello nella parte in cui avrebbero indicato le categorie di tali costi (v. ricorso, pagina 16); si trascrive la quantificazione dei costi suddetti formulata nelle pagine 1618 dell’appello (v. ricorso, pagine 17-19); si riportano poi l’elenco delle produzioni documentali e il capitolato per testi dell’atto d’appello (nelle pagine 19-20 del ricorso).

Vengono altresì richiamate le pagine 19-23 dell’atto d’appello, laddove si criticava la consulenza tecnica per mancata utilizzazione, allo scopo di identificare e quantificare i costi diretti, di uno specifico criterio, “ABC-Activity Based Costing”.

Si adduce poi che su quanto così identificato come fatto decisivo il giudice d’appello non avrebbe motivato o avrebbe offerto una motivazione apparente perchè apodittica. Si trascrivono ancora pagine dell’atto d’appello (le pagine 19-23) censurante sia la motivazione della sentenza di primo grado sia la motivazione della elaborato peritale (v. ricorso, pagine 23 ss.), per concludere che “a fronte di tali evidenze documentali” i conteggi della consulenza tecnica d’ufficio dovrebbero definirsi contestati, ma anche su questo la motivazione sarebbe tautologica e apodittica. In tale contesto il giudice d’appello sarebbe incorso anche in “clamorose sviste” relativamente alle istanze istruttorie, ritenendo inammissibili le prove orali perchè non reiterate all’udienza di precisazione delle conclusioni del primo grado laddove sarebbero state proposte per la prima volta in appello; altresì avrebbe ritenuto inammissibili le produzioni in appello ritenendole già presenti come allegati alla consulenza tecnica d’ufficio, il che pure sarebbe erroneo.

2. Si tratta evidentemente del perseguimento di un terzo grado di merito – come conferma il continuo ricorrere anche a intere pagine dall’atto d’appello, ut supra evidenziato – o tutt’al più, in taluni passi, di un – apparente, per quanto ora si rileverà – tentativo di applicazione del previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sempre peraltro, a ben guardare, per indurre il giudice di legittimità a rivedere la quaestio facti della controversi.

Le ultime argomentazioni sulle “clamorose sviste” non possono, inoltre, neppure qualificarsi un submotivo da vagliare, costituendo semplicemente le argomentazioni finali dell’unico motivo sotto forma di una mera conferma “della superficialità e disattenzione con la quale la Corte di Appello ha deciso” – e quindi, appunto, sviste in questa sede intrinsecamente irrilevanti, e non errori denunciati ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -, non inficiante appunto la natura direttamente fattuale del motivo nè tantomeno, si ripete, costituente un motivo autonomo.

Il ricorso, pertanto, patisce una evidente inammissibilità, da cui consegue la condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art., comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7000, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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