Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4590 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 25/02/2010), n.4590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.L., S.A., MO.GI.MA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 125/2006 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 15/12/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GIANNI DE BELLIS, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di accertamenti della Guardia di Finanza, l’Ufficio Imposte Dirette di Macomer e l’Ufficio IVA di Nuoro emettevano avvisi di accertamento per gli anni di imposta 1994 e 1995 nei confronti della società di fatto composta dai soci M.L., S.A. e Mo.Gi.Ma. e della s.n.c. Edil 95, relativamente ad IVA ed ILOR per le società ed IRPEF per i singoli soci.

Le società ed i soci in proprio impugnavano gli avvisi, sostenendo la inesistenza della società di fatto, vertendosi in tema di rapporto occasionale per la costruzione e vendita di un fabbricato sito in (OMISSIS) nonchè la mancanza del presupposto impositivo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Nuoro riuniva i ricorsi, accoglieva quello della società Edil 95 e respingeva gi altri.

Proponevano appello i contribuenti M., S. e Mo., in proprio e quali soci della asserita società di fatto, ribadendo la inesistenza di tale asserita società.

La Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, con sentenza n. 125/8/06 in data 24-11-06, depositata in data 15-12-2006, accoglieva il gravame, ritenendo in luogo della società di fatto la diversa ipotesi di una associazione in partecipazione.

Avverso la sentenza ricorre per cassazione la Agenzia delle Entrate, con tre motivi.

Gli intimati non svolgono attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la Agenzia deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Sostiene infatti che il Giudice di appello non ha considerato che, come riferito dall’Ufficio costituitosi nel giudizio di appello, Mo. e S. avevano presentato istanza di definizione delle liti pendenti ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, ai fini IRPEF per gli anni 1992, 93, 94, 95 e la società di fatto, ai fini ILOR aveva presentato analoga istanza per i medesimi anni.

Tale omissione, secondo la Agenzia configura la violazione di legge contestata.

Conclude con il seguente motivo di diritto:

“dica codesta S.C. se incorra nel vizio di omessa pronuncia il giudice che non abbia esaminato una questione ritualmente prospettata al suo esame (nel caso di specie, la questione relativa agli effetti della domanda di condono)”.

Con il secondo motivo, deduce violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto, ove la Commissione avesse preso in considerazione la comunicazione della intervenuta definizione della lite per condono, avrebbe dovuto dichiarare la estinzione del giudizio relativamente ai periodi di imposta condonati.

Conclude con il seguente motivo di diritto: “dica codesta C.S. se la intervenuta definizione della lite per condono ritualmente comunicata in giudizio dall’Ufficio determini la estinzione del giudizio stesso e precluda perciò al giudice adito di decidere la causa nel merito.”Con il terzo motivo, la Agenzia deduce violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 2 e 4; degli artt. 2247, 2297, 2549 e segg.

c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c.; con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3.

Sostiene l’Ufficio in primo luogo che la Commissione ha errato asserendo la inesistenza di una società di fatto, ravvisando invece un contratto di associazione in partecipazione.

Osserva a tale proposito che la Commissione aveva escluso la sussistenza di una società di fatto in forza del rilievo che 1) il M. era dipendente pubblico; 2) tra il S. ed il Mo.

esisteva già una società in nome collettivo avente ad oggetto attività edilizia; 3) gli associati avrebbero realizzato un solo affare (costruzione e vendita di un fabbricato diviso in appartamenti).

Ad avviso dell’Agenzia, tale conclusione era errata in diritto in quanto le circostanze enunciate erano inidonee ad escludere la sussistenza di una società di fatto, per cui sussistevano i presupposti, (esistenza di un fondo comune, svolgimento in comune della attività, ripartizione dei guadagni e delle perdite, volontà di svolgere in comune una attività commerciale, in concreto sufficiente in quanto diretta a realizzare una opera edile complessa, ancorchè unica).

Conclude con il seguente motivo di diritto; “dica codesta S.C. se lo svolgimento in comune di una attività commerciale, ancorchè finalizzata al compimento di un solo affare, la esistenza di un fondo comune, la cointestazione di conti correnti, siano elementi idonei e sufficienti a configurare la esistenza di una società di fatto”.

Con il quarto motivo deduce insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Sostiene la Agenzia che la Agenzia non aveva considerato le risultanze probatorie emergenti dal P.V.C. della Guardia di Finanza, incompatibili con la ipotesi di società di fatto, ed in particolare concernenti la condotta del M., incompatibile con quella di un semplice associato che non ha potere di gestione nella attività di impresa e di manifestarne all’esterno la volontà.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Invero, la comunicazione dell’Ufficio relativa alla presentazione da parte della società di fatto e dei contribuenti S. e Mo. in proprio della istanza di definizione della lite pendente L. n. 289 del 2002, ex art. 16, per gli anni dal 1992 al 1995, costituisce questione decisiva dal cui esame il Giudice non può prescindere in quanto rilevabile anche in via officiosa) in quanto ove accompagnata dalla attestazione da parte dell’Ufficio della regolarità della domanda di definizione e del pagamento integrale del dovuto determina la estinzione del giudizio a carico dei soggetti istanti per le annualità di riferimento.

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto la estinzione del giudizio può essere pronunciata solo a seguito della presentazione della attestazione di cui sopra, che, sulla base delle asserzioni tratte dall’atto di costituzione in appello dell’Ufficio non risulta essere in atti.

La declaratoria che si richiede, pertanto, ha valore meramente astratto ed ininfluente sul caso di specie.

Il terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente, sono complessivamente fondati.

Invero dopo avere esposto circostanze di fatto non contestate, ovvero l’essere il M. dipendente pubblico, l’avere la società in nome collettivo esistente tra il S. ed il Mo. autonoma capacità edilizia, l’essere l’accordo limitato alla costruzione di un solo immobile, conclude su tali basi per la esistenza di un contratto di associazione in partecipazione in quanto “un soggetto associante ( S.- Mo.) riceve da un altro soggetto associato ( M.) un determinato apporto (una somma di denaro od un bene) e gli attribuisce in cambio una partecipazione agli utili di impresa o più limitatamente di uno o più affari. L’apporto dell’associato non concorre a formare un fondo, comune alle parti, ma entra nel patrimonio dell’associante”.

Deve in primo luogo rilevarsi che le circostanze di cui sopra, le uniche esposte aventi attinenza con il caso concreto, non sono idonee ad escludere la esistenza di una società di fatto; e nemmeno lo è la considerazione conclusiva della commissione sulla inesistenza della società per mancanza di un atto costitutivo scritto. La società di fatto invero prescinde dalle qualità o capacità personali dei contraenti e si fonda sul concorso di due elementi: uno oggettivo (conferimento beni o servizi in un fondo comune) ed uno soggettivo (comune intenzione dei contraenti di collaborare per conseguire risultati comuni nell’esercizio collettivo di una attività imprenditoriale) e non è esclusa dal fatto che il fine degli associati consista nel compimento di una opera unica purchè di obiettiva. Infatti, dopo avere esposto in modo astratto gli elementi caratteristici della associazione in partecipazione elencati all’art 2549 c.c., riferendoli al M. quale supposto associato ed alla società Sale e Mocci come associante, omette di esporre gli elementi concreti idonei a ritenere verificata in fatto la ipotesi ravvisata.

In particolare non spiega quali fossero la natura e la composizione in concreto, dell’apporto del M. quale associato, ed in cosa consistesse l’attività allo stesso delegata, punto questo essenziale in quanto elemento distintivo della associazione in partecipazione è la esclusione dell’associato dalla gestione dell’affare riservata all’associante, verso cui mantiene unicamente poteri di controllo (art. 2552 c.c.).

Si verifica quindi vizio di motivazione per insufficienza della stessa a spiegare l’iter logico- giuridico alla base della decisione.

Il ricorso deve conseguentemente essere accolto; la sentenza deve quindi essere cassata e rinviata anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

 

 

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