Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4585 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/02/2017, (ud. 10/01/2017, dep.22/02/2017),  n. 4585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 15690/13, proposto da:

Progeco srl, in liquidazione, in persona del legale rappres. p.t.,

elett.te domic., in Roma, alla via Crescenzio n. 91, presso l’avv.

Claudio Lucisano, che la rappres. e difende, con procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappres. p.t., elett.te

domic. in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’avvocatura

dello Stato che la rappres. e difende come per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 31/30/12 della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, depositata il 20/4/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/1/2017 dal consigliere dott. Rosario Caiazzo;

udito il difensore della parte controricorrente, avv. Caselli;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso o, in subordine, per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Progeco srl impugnò, innanzi alla CTP di Torino, un avviso d’accertamento avente ad oggetto iva, irap ed ires, per l’anno 2004, elaborato mediante ricostruzione analitico-induttiva dei ricavi, rilevando l’irregolare tenuta delle scritture contabili.

Il contribuente lamentò una serie di vizi formali dell’accertamento, nonchè l’erronea determinazione dei ricavi e la violazione dei criteri afferenti all’accertamento.

La CTP respinse il ricorso con sentenza appellata dal contribuente.

La CTR rigettò l’appello, confermando le motivazioni del giudice di primo grado. In particolare, il giudice d’appello, premessa la correttezza dell’accertamento espletato dall’ufficio fiscale, in quanto fondato sull’irregolare tenuta della contabilità, ritenne che il valore dichiarato nei contratti di vendita immobiliare risultasse sproporzionato rispetto al valore reale degli immobili, considerando le risultanze del libro-giornale in ordine alle caparre rese ingiustificatamente ai clienti, e la metratura degli stessi immobili ceduti come ricostruita dall’ufficio. Avverso tale sentenza, la Progeco srl ha proposto ricorso per cassazione, formulando undici motivi.

Con il primo motivo, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 5, commi 1 e 3, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62.

Con il secondo, è stata denunziata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 19 e 53, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 1, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, nonchè dell’art. 2697 c.c.

Con il terzo motivo, è stata invocata la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1 e art. 40, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62.

Con il quarto motivo, è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e art. 40, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62.

Con il quinto motivo, parte ricorrente ha parimenti dedotto la violazione e falsa applicazioni in ordine alle medesime norme invocate per i motivi precedenti. Con il sesto motivo, parte ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 1, art. 16, comma 2, nonchè delle norme di cui alla circolare n. 180/98 per eccesso di potere.

Con il settimo motivo, è stata denunciata la violazione e mancata applicazione della norma interna di cui alla circolare n. 561064/90, nonchè degli artt. 654 c.p.p., D.L. n. 429 del 1982, art. 12, comma 2, L. n. 2248 del 1865, all. E, art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62.

Con l’ottavo motivo, parte ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione di norme oggetto di identica censura nei precedenti motivi.

Con il nono motivo, è stata invocata la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15, comma 1, n. 5, D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 51 e 75, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62.

Con il decimo motivo, è stata invocata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 67, comma 1, lett. a), art. 66, 68 e art. 71, comma 3, R.D. n. 262 del 1942, art. 1, lett. b), art. 4, comma 1, art. 4, comma 1, della Delib. 30 novembre 2000, n. 4, nonchè della Delib. n. 4 del 2000.

L’ultimo motivo, infine, afferisce alla violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio.

Resiste l’agenzia delle entrate, mediante il deposito del controricorso, eccependo l’inammissibilità dei motivi relativi alla censura dell’accertamento analitico-induttivo e l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Il primo motivo riguarda l’asserita violazione delle norme richiamate, in quanto l’ufficio avrebbe dovuto redigere due avvisi d’accertamento, in ordine alle due dichiarazioni reddituali depositate dal contribuente (infrannuali di cui la prima fino alla data delle messa in liquidazione della società e l’altra per il periodo successivo) mentre ne era stato redatto uno.

La doglianza non è fondata, in quanto, come rilevato dal giudice d’appello, l’ufficio ha dichiarato di aver redatto l’avviso solo per il periodo anteriore all’ordinaria gestione, prima della messa in liquidazione.

Circa il secondo motivo, da trattare congiuntamente al decimo attesa la connessione, parte ricorrente ha lamentato la violazione delle norme in tema di sottoscrizione dell’avviso d’accertamento.

Al riguardo, in punto di diritto, l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato; è stato affermato che se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio (Cass., 9.11.2015 n. 22800).

Tuttavia, nel caso concreto, la parte ricorrente si è limitata a contestare genericamente che l’avviso non fosse stato firmato da un dirigente, senza alcun riferimento specifico al soggetto che l’aveva sottoscritto che, peraltro (come esposto nello stesso ricorso, alla pag. 40) è un direttore dell’agenzia fiscale locale di Rivoli che deve presumersi munito di rappresentanza in ordine agli atti emessi dallo stesso ufficio, salva prova contraria che il contribuente non ha fornito.

Circa il terzo motivo, afferente alla questione della qualità di messo speciale del funzionario che ha notificato l’atto, la critica è inammissibile, in quanto diretta al riesame di un accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito. Sono altresì da ritenere inammissibili i motivi quarto e quinto – da esaminare congiuntamente data la relativa connessione che li avvince – in quanto diretti al riesame delle valutazione fattuali operate dall’ufficio in ordine ai presupposti dell’accertamento analitico-induttivo contestato (ciò che è reso vieppiù evidente dal rilievo formulato dalla stessa parte ricorrente, alla pag. 32 del ricorso, laddove si contrappone la ricostruzione analitica fatta dalla società a quella dell’ufficio verificatore).

Parimenti inammissibili, per carenza del requisito dell’autosufficienza, s’appalesano i motivi sesto, settimo e ottavo, afferenti alla critica dei criteri di liquidazione delle sanzioni e all’omessa valutazione di un procedimento penale, poichè non sono stati allegati la parte dell’avviso impugnato contenente l’applicazione delle stesse sanzioni e l’asserito provvedimento del giudice penale.

Il nono motivo è altresì inammissibile, poichè tendente al riesame del merito della questione dell’ammontare della base imponibile.

Infine, è infondato l’ultimo motivo, in quanto la CTR ha correttamente liquidato la somma di Euro 5000,00, imputando la somma di Euro 798,00 ai diritti, dovendo implicitamente, ma chiaramente desumersi che la restante parte è da ascrivere agli onorari.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di Euro 10000,00.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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