Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4585 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 21/02/2020), n.4585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25846-2017 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

ANTONINO TORNAMBE’;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA

PALESTRINA 19, presso lo studio dell’Avvocato STEFANIA DI STEFANI,

rappresentata e difesa dall’Avvocato ACCURSIO GALLO;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1046/14/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 21/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

Che:

R.G. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva dichiarato la nullità della sentenza di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di Serit Sicilia S.p.A., rimettendo gli atti alla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo per il proseguimento;

Riscossione Sicilia S.p.A. (già Serit Sicilia S.p.A.) resiste con controricorso, l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. con il terzo motivo di ricorso, da esaminare preliminarmente, si lamenta (erronea applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, lett. b, per avere la CTR ritenuto l’ammissibilità dell’appello, tardivamente proposto oltre i termini fissati dall’art. 327 c.p.c., sul presupposto che SERIT, dolendosi della mancata comunicazione della data dell’udienza di discussione del ricorso e della pubblicazione della sentenza, non era “stata posta nelle condizioni di potere intervenire a causa del mancato invio della comunicazione di trattazione del giudizio”;

1.2. va, al riguardo, preliminarmente osservato che l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, applicabile ratione temporis trova applicazione, alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, non solo con riguardo alla decadenza dai poteri processuali interni al giudizio, ma anche a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione (cfr. con riguardo anche alla precedente disciplina di cui all’art. 184 bis c.p.c., Cass. n. 3277/2012);

1.3. ciò posto, ritiene la Corte che la nullità della sentenza di primo grado, per violazione del contraddittorio stante l’omessa comunicazione alla parte costituita della data di trattazione dell’udienza all’esito della quale è stata assunta la decisione, non fa venir meno l’obbligo per la parte illegittimamente pretermessa dallo svolgimento di alcune delle attività processuali di rispettare, ai fini della proposizione dell’impugnazione, il termine c.d. lungo fissato dall’art. 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione della sentenza, termine che prescinde dal rispetto o meno dell’obbligo di comunicazione alle parti da parte della Cancelleria;

1.4. secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, e tale errore sussiste, in particolare, allorchè la parte decaduta dall’impugnazione per l’avvenuto decorso del termine di cui all’art. 327 c.p.c. si dolga della non tempestiva comunicazione della sentenza da parte della cancelleria, posto che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, e non dall’omessa comunicazione da parte del cancelliere, non ravvisandosi in tale regime delle impugnazioni alcun dubbio di costituzionalità (cfr. Cass. nn. 5946/2017, 26402/2014, 8151/2015, 17704/2010);

1.5. va, inoltre, osservato che qualora la parte sia costituita in giudizio a mezzo di un Avvocato, rientra nei compiti professionali di questi il dovere di attivarsi e verificare, qualora non abbia ricevuto comunicazioni di cancelleria in una fase processuale in cui ne era destinatario, se a causa di un mancato adempimento di cancelleria siano state svolte attività processuali a sua insaputa;

1.6. nel caso di specie, tra il deposito della sentenza impugnata (10.3.2011) e la proposizione dell’appello (con ricorso depositato in data 24.5.2012) risulta decorso un termine superiore a quello di sei mesi previsto, a pena di decadenza, dall’art. 327 c.p.c. applicabile ratione temporis;

1.7. ne consegue che la CTR, nel rimettere gli atti al Giudice di primo grado dichiarando la nullità della sentenza impugnata per mancata integrazione del contraddittorio ha fatto erronea applicazione dei principi di diritto dianzi illustrati;

2. sulla scorta di quanto sin qui illustrato restano assorbiti il primo ed il secondo motivo di ricorso (con cui si censura la sentenza, rispettivamente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per “omessa pronuncia sull’istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c., comma 2, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 e 112 c.p.c”, ed ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, in funzione della mancata tempestiva richiesta di remissione in termini da parte di SERIT);

3. in conclusione, va accolto il ricorso e disposta la cassazione della sentenza impugnata;

4. inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 1, dichiarando inammissibile l’appello proposto da SERIT Sicilia S.p.A.;

5. poichè l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, s’è consolidato dopo la proposizione dell’appello, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali della fase di merito, con condanna della controricorrente al pagamento delle spese del presente grado, con liquidazione come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello proposto da SERIT Sicilia S.p.A.; condanna la controricorrente SERIT Sicilia S.p.A. al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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