Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4584 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4584 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO – Estensore
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 12615-2009 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE DI VILLA

PAMPHILI 59, presso lo studio dell’avvocato SALAFIA
ANTONIO, rappresentata e difesa dall’avvocato CARBONE
2Q.NAR539, qiu5t deleqg in ntti;

2013
3095

contro
PANARESE

FABIO

MASSIMO

C.F.

PNRFMS61M03A7831,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA VENEZIA 11,

Data pubblicazione: 26/02/2014

presso lo studio dell’avvocato COVONE FRANCESCA,
rappresentato e difeso dagli avvocati GUGLIELMUCCI
CORRADO, DE ANGELIS ORESTE, giusta delega in atti;

controricorrente

,

avverso

la

sentenza n.

6088/2008

della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/12/2008 R.G.N.
5773/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PAGETTA;
udito l’Avvocato CARBONE LEONARDO;
udito l’Avvocato PATERNO’ FEDERICA per delega DE
ANGELIS ORESTE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINOiche ha concluso
per il rigetto del ricorso.

I44.

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• , ,

12 G45 0 31

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5 dicembre 2008 la Corte d’appello di Napoli confermava
la decisione di primo grado emessa dal Tribunale di Benevento, nella parte
in cui questa aveva accertato la continuità professionale, e quindi l’utilità ai
fini pensionistici, del periodo di attività di avvocato svolta in Australia dal
1997 al 2000 da Fabio Massimo Panarese in favore sia del Consolato
professionale locale. Il Panarese era iscritto alla Cassa nazionale di
previdenza forense fm dal 1988.
Pertanto la Corte rigettava la tesi della Cassa secondo cui, in base alla
determinazione dei criteri ad opera del Comitato dei delegati (art. 2 1. 22
luglio 1975 n. 319), la continuità dell’attività poteva essere accertata solo in
base al reddito prodotto, e non dall’esercizio della professione desumibile
da altri elementi.
Nel caso di specie il Panarese aveva, nel suddetto periodo, dichiarato in
Italia un reddito pari a zero e nondimeno, come risultava dalla
documentazione prodotta e del resto era pacifico, aveva versato i contributi
previdenziali alla Cassa.
Questi due elementi — effettivo svolgimento della professione e pagamento
dei contributi — erano secondo la Corte sufficienti a dichiarare la continuità
q,.
di cui all’art. 2 1. 319 del 1975.
Una diversa interpretazione di questa,e dei criteri stabiliti dal Comitato dei
delegati, avrebbe leso il diritto dell’avvocato a lasciare il proprio paese,
garantito dall’art. 13, secondo comma, della Dichiarazione universale dei
diritti umani, del 1948.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione la Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense mentre il Panarese resiste con
controricorso. La Cassa ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

italiano sia di alcuni enti di patronato, lavorando in uno studio

120Sio)
Col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2 e 22 1. 20
settembre 1980 n. 576 e 2 1. n. 319 del 1975, sostenendo non poter
sussistere continuità professionale, con i connessi diritti soggettivi di
iscrizione alla Cassa, di contribuzione e di conseguimento delle prestazioni
previdenziali, senza la dichiarazione al Fisco di un reddito di un
determinato importo. Dichiarazione non sostituibile con l’accertamento di

pure delimitato.
Col secondo motivo essa denuncia la violazione delle stese norme oltre
che dell’art. 13, secondo comma, della,Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo, approvata a New York il 10 dicembre 1948, per avere la Corte
ravvisato una lesione del diritto alla mobilità professionale
nell’impossibilità di iscrivere alla Cassa previdenziale italiana un avvocato,
che esplichi bensì temporaneamente attività all’estero ma non denunci i
relativi redditi al Fisco italiano. Tale attività ben potrebbe essere assicurata
nel sistema previdenziale straniero, provvedendo poi all’eventuale
ricongiunzione con i contributi versati in Italia.
I due motivi, da esaminare insieme per la connessione, non sono fondati.
Essi sottopongono a questa Corte la questione se un avvocato italiano,
iscritto alla Cassa di previdenza nazionale, esercitando temporaneamente la
sua attività soltanto all’estero e nondimeno continuando a versare i
contributi alla detta Cassa, perda per quel periodo il requisito della
“continuità” ai fmi delle prestazioni previdenziali. Ciò anche quando egli,
sempre in quel periodo, abbia dichiarato al Fisco un reddito pari a zero.
A questa questione la Corte d’appello ha dato esatta risposta negativa.
A norma dell’art. 2 1. n. 319 del 1975, che pone, ai fini ora detti, il requisito
dell’esercizio della “libera professione forense con carattere di continuità”,
il Comitato dei delegati della Cassa ha determinato i criteri di accertamento
del requisito stesso in base al reddito prodotto.
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effettivo svolgimento di attività professionale all’estero per un periodo sia

Il medesimo Comitato non ha previsto il caso in cui l’avvocato, producendo
reddito professionale soltanto all’estero ed ivi adempiendo agli obblighi
tributari, non abbia denunciato redditi in Italia.
Dalla sentenza qui impugnata risulta “pacifico che l’attuale appellato ha
regolarmente versato i contributi alla Cassa (il. Italiana) per gli anni nei
quali ha svolto la libera professione hAustralia. Dalla documentazione

del resto non è contestata dalla Cassa di previdenza forense”. Né risulta agli
atti di causa alcun inadempimento tributario in Italia.
La lacuna presente nella determinazione ad opera del Comitato dei delegati
dev’essere colmata attraverso il richiamo non solo dell’art. 13 cit. della
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ma anche dell’art. 38 Cost.,
che nel secondo comma garantisce ai lavoratori il diritto a mezzi “adeguati
alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità,
vecchiaia e disoccupazione involontaria”, così impedendo periodi di lavoro
senza ragione privi di adeguata contribuzione previdenziale.
E’ ben vero che l’avvocato il quale non raggiunga il reddito (e la
corrispondente imposizione tributaria) minimo richiesto non può essere
iscritto alla Cassa nazionale e, se vi partecipa, l’iscrizione va resa inefficace
agli effetti dell’anzianità, con diritto al rimborso, a domanda, dei contributi
relativi agli anni di inefficacia (art. 3 1. ult. cit. come modif. dell’art. 22,
comma 7, 1. n. 576 del 1980). Ma ciò comporta aie, di fronte ad un reddito
insufficiente, la Cassa può rendere inefficace l’iscrizione, mentre nel caso di
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specie bedesl, percepiti i contributi, non fa ora questione di insufficienza
di essi.
E’ poi fuori del tema disputato la questione se nel caso di specie ,5n -txv
esistiti i requisiti per la ricongiunzione o la totalizzazione delle posizioni
assicurative, evocate dalla ricorrente. Ne) è noto l’ammontare dei contributi
che avrebbero dovuto essere pagati alla Previdenza australiana,
3

prodotta risulta ampiamente dimostrato lo svolgimento di tale attività che

eventualmente di ammontare assai inferiore a quelli pagati in Italia.
Non sono pertinenti le sentenze di questa Corte n. 125 del 1988, n. 13289
del 2005 e n. 233 del 2006, la prima relativa ad una fattispecie in cui
l’avvocato chiedeva la cancellazione della propria iscrizione; la seconda in
cui si affermava la potestà autoregolamentare del Comitato dei delegati, qui
non in discussione; la terza concernente il caso di un avvocato già iscritto

E’ invece pertinente Cass. n. 3211 del 2002, la quale ha affermato che soli
elementi costitutivi della “continuità” di cui all’art. 2 1. ri: 319 del 1975
sono il “dato storico” dell’iscrizione alla Cassa ed il “concreto e protratto”
esercizio dell’attività professionale, mentre le deliberazioni del Comitato
dei delegati forniscono, attraverso il riferimento al reddito, solo i criteri di
determinazione dei contributi previdenziali: “ciò che è prescritto (dalla
legge) è l’autenticità della situazione sottesa all’iscrizione (ossia l’esercizio
della professione) e non la percezione di un reddito professionale minimo
ai fini dell’Irpef ovvero l’esistenza di un minimo volume d’affari ai fini
dell’Iva”. La restituzione dei contributi già versati potrebbe avvenire, in
altre parole, solo nel caso di accertamento del mancato esercizio
dell’attività professionale.
La medesima sentenza ha aggiunto che la garanzia costituzionale (degli
arn. 3 e 38 Cost.) si estende al legittimo affidamento che il lavoratore
subordinato o autonomo riponga in ordine • alla tutela previdenziale
spettantegli e che rimarrebbe frustrato ove un avvocato, iscritto alla Cassa e
adempiente all’obbligo contributivo, possa trovarsi privo della pensione (di
vecchiaia ma anche d’anzianità) “sol perché risulti ex post che in passato
non erano stati integrati i presupposti specifici, reddituali o assimilati,
dettati dalla normativa interna della Cassa”. Sulla tutela dell’affidamento
dell’assicurato nelle assicurazioni sociali, quale espressione
dell’assoggettamento degli enti assicurativi al principio della buona fede
4

ad un albo e ad una cassa stranieri ma di un paese comunitario.

1205)05
oggettiva vedi Cass. 10 marzo 2012 n. 3195, 19 settembre 2013 n. 21454.
Considerate le difficoltà interpretative della materia disputata, solo in parte
disciplinata da norme di legge, si ritiene equo compensare le spese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma il 29 ottobre 2013

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Il Funzionario Giu s •
Dott.ssa Donateli

Il Presidente ed estensore

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