Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4584 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/02/2017, (ud. 10/01/2017, dep.22/02/2017),  n. 4584

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 1572/13, proposto da:

Agenzia delle entrate s.p.a., in persona del legale rappres. p.t.,

elett.te domic. presso l’avvocatura dello Stato da cui è rappres. e

difesa come per legge;

– ricorrente –

contro

Mercantini Mobili s.p.a., in persona del legale rappres. p.t.,

elett.te domic. In Roma, alla via Lombardia n.14 presso l’avv.

Piergiuseppe Gentili, che la rappres. e difende unitamente all’avv.

Paola Fumelli, con procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 120/1/2012 della Commissione tributaria

regionale delle Marche, depositata il 27/9/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/1/2017 dal consigliere dott. Rosario Caiazzo;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. Caselli;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La “Mercantini Mobili” spa impugnò, innanzi la CTP di Ancona, l’avviso d’accertamento con cui l’ufficio aveva rideterminato il reddito imponibile ai fini Ires, recuperando a tassazione maggiori imposte Ires, Irap e Iva, per l’anno d’imposta 2004; tale accertamento trasse origine da una verifica fiscale effettuata presso la citata società e riguardò differenze inventariali contabilizzate nelle scritture di magazzino, nel settore “scarti per rottamazione”.

In particolare, i verificatori ritennero eccessivi gli scarti, distinguendoli tra normali sfridi nella lavorazione delle materie prime, e scarti derivanti da assemblaggio o imballaggio.

La CTP accolse il ricorso, ritenendo che l’ufficio non avesse superato la presunzione, allegando elementi certi, gravi e concordanti, mentre il contribuente aveva dimostrato di aver applicato correttamente i criteri di smaltimento e distruzione del materiale rottamato e non utilizzabile nel montaggio del mobile finito.

Avverso tale sentenza l’agenzia delle entrate ha proposto appello, mentre la suddetta società si costituì, presentando appello incidentale.

La CTR ha rigettato l’appello principale, escludendo che l’accertamento dell’ufficio fosse fondato su presunzione gravi, precise e concordanti, non rientrando tra gli stessi gli scarti alti di “rottamazione”, tenendo altresì conto delle deduzioni formulate dalla società appellata.

Circa l’appello incidentale, nel dispositivo non è contenuta alcuna decisione, mentre nella sola motivazione la CTR dichiarò che la società appellata non avesse formulato alcuna motivazione a sostegno dell’impugnazione.

Avverso tale sentenza l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi di ricorso.

Con il primo, l’agenzia ha denunciato la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), art. 2697 c.c., art. 2729 c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), rilevando che il giudice d’appello non avesse correttamente valutato l’evidenza del suddetto scarto.

Con il secondo motivo, l’agenzia ha lamentato l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo del giudizio in ordine all’idoneità dell’accertamento compiuto.

Resiste la società, mediante il deposito del controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso non è fondato.

L’agenzia delle entrate ha criticato la sentenza impugnata, adducendo che il giudice d’appello avrebbe violato la norma relativa all’accertamento induttivo in ordine alla valutazione della effettiva rilevanza degli scarti di produzione, ritenendo insussistenti le presunzioni gravi, precise e concordanti afferenti all’utilizzo di tali scarti per formattare mobili da cedere in evasione d’imposta. Inoltre, parte ricorrente ha censurato la motivazione, ritenendola insufficiente e contraddittoria circa il fatto decisivo effettuato.

Preliminarmente, va osservato cheinerente all’idoneità dell’accertamento i due motivi sono da esaminare congiuntamente, data la relativa connessione.

In primo luogo, va respinta l’eccezione d’inammissibilità dei motivi formulati, che espongono con chiarezza le varie questioni prospettate e i vizi invocati.

Il collegio ritiene che la sentenza impugnata non sia censurabile, in quanto la contestazione dell’agenzia delle entrate muove da un accertamento analitico-induttivo non sorretto da elementi univoci, gravi e concordanti.

In particolare, l’accertamento in questione è fondato sulle asserite riscontrate differenze inventariali, contabilizzate nelle scritture di magazzino, nel settore dei cd. scarti per rottamazione; i verificatori ritennero eccessivi o inverosimili gli scarti prodotti dalla società, distinguendoli tra normali sfridi di produzione e gli scarti di prodotti difficilmente inutilizzabili o inservibili.

Ora, il giudice d’appello ha escluso che il fatto noto, legittimante l’argomentazione presuntiva, di cui al invocato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), potesse essere costituito dalla sola sussistenza di scarti di rottamazione, considerati “alti”.

Al riguardo, la CTR ha evidenziato la documentazione prodotta dalla società diretta a dimostrare la reale consistenza del processo di produzione e, in particolare, che gli scarti non fossero alti, ma coerenti con i riferimenti di settore e con le norme internazionali sulla qualità dei processi di lavorazione richiamati.

Pertanto, può ritenersi che i motivi tendano sostanzialmente, ad una surrettizia revisione del giudizio di merito e delle varie argomentazioni fattuali utilizzate dal giudice d’appello e, come tali, non hanno pregio.

La CTR ha infatti motivato in maniera esauriente e coerente, con massima chiarezza, in ordine ad ogni questione, per cui è da escludere qualsiasi vizio motivazionale o di violazione di legge.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte contro ricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di Euro 5000,00 oltre la maggiorazione del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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