Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4583 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4583 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA
sul ricorso 30074-2010 proposto da:
PUGLIESE

ANTONIO

PGLNTN37H22F839J,

elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 32, presso lo
studio dell’avvocato SGOTTO CIABATTINI LIDIA, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente2013
3072

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F.

80415740580,

in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e
difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i
cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI,

Data pubblicazione: 26/02/2014

12;
– controricorrent2t/non chè contro

COSCONATI MARCELLO;
– intimato-

di ROMA, depositata il 19/12/209 r.g.n. 3110/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Consigliere Dott. FABRIZIA
GARRI;
udito l’Avvocato SGOTTO CIABATTINI LIDIA;
udito l’Avvocato TORTORA ROBERTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 4888/2009 della CORTE D’APPELLO

La sentenza impugnata
1.1 La Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame proposto da Antonio Pugliese, dirigente di 2^
fascia del Ministero dell’Economia e delle Finanze e già direttore dell’Ufficio Centrale del Bilancio
(UCB) presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, e, confermando la sentenza impugnata,
ha ritenuto infondata la sua domanda tesa all’accertamento del diritto ad essere mantenuto in servizio
presso l’Ufficio Centrale di Bilancio del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali divenuto, all’atto
della riorganizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, direzione generale e conferito al
dott. Marcello Cosconati, mentre a lui era stato assegnato l’ ufficio dirigenziale non generale di

coordinamento delle attività delegate presso il Ministero della Salute.
1.2 La Corte territoriale ha verificato che l’art. 13 del c.c.n.l. di comparto prevedeva che nel caso di
riorganizzazione o di ristrutturazione che comporti la soppressione delle competenze affidate ad un
ufficio ovvero una loro diversa valutazione “si provvede ad una nuova stipulazione dell’atto di incarico,
assicurando al dirigente l’attribuzione di un incarico equivalente”.
1.3 Che tale previsione era espressamente riportata anche nel contratto con il quale al Pugliese era stato
conferito l’incarico di direttore dell’Ufficio Centrale del Bilancio (UCB) presso il Ministero delle
politiche Agricole e Forestali.
1.4 Che con il d.lgs. 3 luglio 2003, n. 173 e poi con il d.m. 29.7.2003 era stata disposta la
riorganizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze e delle agenzie fiscali e, per effetto
dell’attribuzione agli Uffici Centrali di Bilancio (UCB) di compiti e responsabilità proprie di uffici di
livello dirigenziale generale, si era reso necessario assegnarlo a mansioni equivalenti a quelle già svolte.
1.5 Che l’ufficio assegnato al Pugliese era equivalente a quello già attribuitogli prima della
ristrutturazione e che, nel valutare l’attività svolta dal Pugliese negli undici mesi trascorsi tra il
conferimento dei nuovi compiti ed il collocamento a riposo, il giudice di primo grado aveva
correttamente tenuto conto dell’inevitabile messa a regime del nuovo assetto organizzativo.
1.5 Quanto alle richieste risarcitone la Corte d’appello ne ha accertato l’infondatezza stante
l’insufficienza delle allegazioni e, con riguardo al danno biologico, ne ha evidenziato altresì la tardività.

Per la cassazione della sentenza ricorre il Pugliese che articola tre motivi.
Resiste con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze che deposita anche memoria.
Il contro interessato Marcello Cosconati è invece rimasto intimato.

I motivi di ricorso
2.1 Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 97
Cost., artt. 1175, 1375 e 2087 c.c., art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 ed art. 13 del c.c.n.l. di
comparto oltre che l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con riguardo alla
salvaguardia dei diritti della persona.
Il ricorrente, ricostruito il quadro normativo che ha disciplinato negli anni gli Uffici Centrali di Bilancio
e tenuto conto dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza anche della Consulta, ritiene che le
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competenze e le funzioni di detti Uffici non sono mutate nel tempo. Piuttosto, al criterio meramente
quantitativo, sarebbe stato sostituito un criterio incentrato sulla valutazione del complesso di
responsabilità e di compiti svolti negli uffici di livello dirigenziale. In sostanza, ed anche in applicazione

evidenziato sin dal primo grado, ricorda il ricorrente di essere stato spogliato delle funzioni e sollevato
dall’incarico senza alcuna verifica o valutazione dell’attività svolta e che il suo posto era stato assegnato
ad un altro dipendente in possesso di requisiti e competenze minori. Peraltro la revoca era intervenuta
quando il Regolamento preannunciato dall’art. 2 del d.lgs. n. 173 del 2003 non era stato ancora adottato
e, in contrasto con la Direttiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 29.7.2003, era prevalsa
una generica “urgenza” nell’avvicendamento delle posizioni della quale non erano mai state esplicitate
le ragioni. In definitiva secondo il ricorrente una corretta attuazione degli interessi pubblici non può
passare attraverso la penalizzazione dei diritti dei singoli in quanto l’azione amministrativa deve essere
comunque improntata ai principi di correttezza e buona fede che si traducono poi nell’imparzialità
dell’azione amministrativa. L’affidamento di incarichi diversi ben può essere legittimo a condizione
però che non penalizzi le doti culturali e professionali del dirigente. Evidenzia allora il Pugliese che la
Corte territoriale aveva omesso di esaminare le circostanze pur allegate e documentate, della mera
ridenominazione dell’ufficio in direzione generale senza soppressione o modificazione delle
competenze e senza alcuna espressa valutazione delle specifiche capacità del dirigente in uno con
l’assegnazione a dirigente (del pari di seconda fascia come il Pugliese) ma con minore esperienza
professionale. In tal modo la Corte d’appello si sarebbe sottratta all’obbligo che su di kt incombeva di
verificare in concreto la correttezza dell’azione amministrativa e omettendo di motivare il proprio
convincimento circa la effettività della riorganizzazione dell’ufficio affidato al Pugliese.

2.2 Con il secondo motivo di ricorso, poi, è denunciata la violazione degli artt. 3,10 e 35 della
Costituzione e della. Direttiva Comunitaria n. 2000/78/CE oltre che dell’art. 13 del c.c.n.l.
dell’area dirigenziale in relazione all’erronea nozione e valutazione dell’equivalenza effettiva
tra il nuovo incarico assegnato al ricorrente e quello da lui in precedenza ricoperto anche sotto
il profilo dell’omessa, insufficiente motivazione.
La Corte territoriale non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione il fatto che al ricorrente era stato
assegnato un incarico dequalificante e per nulla corrispondente a quello precedentemente svolto e
avrebbe erroneamente ritenuto provata l’equivalenza delle mansioni facendo riferimento al solo
provvedimento di riorganizzazione degli Uffici Centrali di Bilancio laddove invece, ai fini della
equiparazione delle mansioni, non era possibile avere riguardo solo alla parità retributiva dovendo
risultare provata, e nella specie non lo era, anche una equivalenza di compiti e di responsabilità. In
sostanza, secondo il ricorrente, in attesa dell’effettivo riordino non era intervenuta alcuna effettiva
modificazione o soppressione delle competenze pregresse che potesse giustificare l’avvicendamento
disposto.

2.3 Con il terzo motivo di ricorso, poi, è censurata la sentenza nella parte in cui, in violazione
dell’art. 3 Cost. e con motivazione omessa o comunque insufficiente, ha negato la tutela
risarcitoria chiesta in relazione al trattamento discriminatorio subito dal ricorrente.
Con riguardo al denunciato danno alla professionalità ed al danno patrimoniale, conseguente il primo
alla protratta inattività negli ultimi mesi di servizio prima del collocamento a riposo ed il secondo alla
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(9,

dei principi contenuti nella 1. n. 241 del 1990 e s.m., secondo il ricorrente, così come l’attribuzione di un
incarico deve essere collegata ad una attenta valutazione delle attitudini e capacità professionali, la sua
revoca non può prescindere dalla valutazione dei risultati conseguiti. Al contrario, e come da lui

percezione di un trattamento tabellare inferiore rispetto a quello che avrebbe conseguito ove mantenuto
nella precedente posizione lavorativa, erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che la
vicinanza al collocamento a riposo ne giustificasse una non valutabilità laddove invece una tale
impostazione oltre che in sé discriminatoria, non tiene nella dovuta considerazione il fatto che una
retrocessione, proprio nel compimento della propria attività professionale, è per ciò solo maggiormente
lesivo . Infine si duole anche dell’immotivato diniego del diritto al conferimento dell’incarico di
direzione generale.

Le ragioni della decisione

Si discute infatti dell’assegnazione degli incarichi di livello dirigenziale generale propri degli Uffici
Centrali di Bilancio presso i Ministeri , nella specie presso il Ministero delle politiche agricole e forestali,
nella configurazione assunta da questi uffici in esito alla riorganizzazione del Ministero dell’ economia e
delle finanze e delle agenzie fiscali, a norma dell’articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137effettuata con
il d.lgs. 3 luglio 2003 n. 173.
L’art. 2 del citato decreto legislativo, nel disciplinare la revisione dell’assetto organizzativo del Ministero
dell’economia e delle finanze e degli organismi collegiali, dispone che ” 1. Con regolamento da
emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e
successive modificazioni, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, si
provvede: (…) b) al riordino degli Uffici centrali del bilancio e delle ragionerie provinciali dello
Stato in relazione alle più complesse ed onerose funzioni derivanti dalla nuova articolazione strutturale
dei Ministeri di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, nonché
all’esigenza di uniformare, unitamente all’ampliamento delle basi conoscitive, le attività di previsione,
gestione, controllo e monitoraggio dei flussi di finanza pubblica”.
Il successivo art. 3 del citato decreto legislativo, nel dettare le disposizioni transitorie e finali prevede
espressamente che” 1. In relazione alle prioritarie esigenze di controllo e di monitoraggio degli
andamenti della finanza pubblica ed in attesa dei provvedimenti di revisione dell’assetto organizzativo
del Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell’articolo 2: (…) b) gli Uffici
centrali del bilancio presso i Ministeri di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300, e successive modificazioni, si configurano come uffici di livello dirigenziale generale.
Sono contestualmente soppressi gli Uffici centrali del bilancio costituiti sulla base del precedente
ordinamento (…).” Ed infatti nel precedente ordinamento gli Uffici centrali di bilancio erano affidati, in
ragione della loro importanza, a dirigenti generali o a dirigenti di livello inferiore.
Nella specie, è incontestato in fatto che l’Ufficio centrale di bilancio al quale era assegnato il ricorrente
non rientrava tra quelli che già prima della modifica erano riservati a dipendenti con la qualifica di
Dirigente Generale ed è, altresì, incontestato che il Pugliese era inquadrato come dirigente di seconda
fascia.
Si osserva allora che per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 173/2003 anche all’Ufficio di bilancio
costituito presso il Ministero delle politiche agricole e forestali , in ragione delle rinnovate competenze,
doveva essere assegnato ad un dipendente che rivestiva la qualifica di dirigente di prima fascia (dirigente
generale).
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3.1 I primi due motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente stante la loro sostanziale connessione.

L’art. 3 richiamato prevede, infatti, la simultanea soppressione degli Uffici di bilancio costituiti sulla
base del precedente ordinamento e la costituzione dei nuovi, da configurare come uffici di livello
dirigenziale generale. Tanto ha determinato l’Amministrazione ad assegnarvi dipendenti inquadrati nella
qualifica di dirigente di prima fascia.
Contrariamente a quanto suggerito dal ricorrente, allora, ci si muove in un contesto fattuale e

In particolare nella sentenza n. 104 del 2007, si discuteva della rispondenza ai canoni di imparzialità e di
buon andamento dell’amministrazione di una disciplina che collegava la cessazione anticipata
dall’incarico di dirigente generale ad una discrezionalità assoluta, svincolata da qualsiasi regola e garanzia
di un giusto procedimento, ed ancorata puramente e semplicemente ad una discrezionalità politica, di
tal che la dipendenza funzionale del dirigente diveniva dipendenza politica.
In quella occasione la Corte Costituzionale ha rammentato che sebbene il dirigente sia sottoposto alle
direttive del vertice politico e al suo giudizio, ed in seguito a questo possa essere allontanato
dall’incarico rivestito, tuttavia questi non può essere messo in condizioni di precarietà che consentano la
decadenza senza la garanzia di un giusto procedimento.
Rammenta la Corte che “la disciplina privatistica del loro rapporto di lavoro non ha abbandonato le
«esigenze del perseguimento degli interessi generali» (sentenza n. 275 del 2001); che, in questa logica,
essi godono di «specifiche garanzie» quanto alla verifica che gli incarichi siano assegnati «tenendo conto,
tra l’altro, delle attitudini e delle capacità professionali» e che la loro cessazione anticipata dall’incarico
avvenga in seguito all’accertamento dei risultati conseguiti (sentenza n. 193 del 2002; ordinanza n. 11
del 2002); che il legislatore, proprio per porre i dirigenti (generali) «in condizione di svolgere le loro
funzioni nel rispetto dei principi d’imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione […],
ha accentuato [con il d.lgs. n. 80 del 1998] il principio della distinzione tra funzione di indirizzo
politico-amministrativo degli organi di governo e funzione di gestione e attuazione amministrativa dei
dirigenti» (ordinanza n. 11 del 2002).”.
Ritiene questa Corte che nella vicenda oggi esaminata non sia ravvisabile un esercizio del potere
amministrativo che violi i principi di buon andamento dell’Amministrazione dettati dall’art. 97 Cost.
E’ per effetto dell’entrata in vigore della legge n. 173 del 2003, ed in particolare in applicazione dell’art.
3 comma 1 lett. b) citato, infatti, che sono state modificate radicalmente le competenze assegnate agli
uffici centrali di bilancio costituiti presso le singole amministrazioni e se ne è prevista l’assegnazione
solo a dirigenti generali (prima fascia).
La necessità di sostituire il Pugliese è dunque conseguenza della scelta discrezionale del legislatore di
procedere ad un riordino di detti uffici, accorpandoli ed uniformandone competenze e responsabilità,
con conseguente omogeneizzazione degli organici affidati tutti alla responsabilità di un direttore
generale coadiuvato da un coordinatore.
Ineludibile quindi la necessità di procedere a nuove assegnazioni di incarichi laddove, come nel caso di
specie, l’ufficio soppresso fosse già assegnato ad un dirigente che non rivestiva la qualifica di dirigente
generale.

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normativo in nessun modo assimilabile a quello esaminato dalla Corte Costituzionale nelle richiamate
note sentenze nn. 275/2001 e 104/2007.

Correttamente, pertanto, il giudice di appello ha affermato che l’unico obbligo gravante
sull’amministrazione era quello di destinare il dirigente ad altro incarico analogo per competenze e
responsabilità a quello in precedenza rivestito e, in fatto, ne ha verificato la corrispondenza.
Né la circostanza che la revoca fosse intervenuta quando il Regolamento preannunciato dall’art. 2 del
d.lgs. n. 173 del 2003 non era stato ancora adottato si palesa in contrasto con la Direttiva del Ministero
dell’Economia e delle Finanze del 29.7.2003 con la quale, al fine di assicurare la continuità del servizio
e delle attività istituzionali svolte sono state salvaguardate le esigenze organizzativo-funzionali degli
uffici di coordinamento delle attività delegate operanti presso tutti gli Uffici centrali di bilancio.

La scelta di assegnare ai neo costituiti uffici centrali di bilancio dipendenti con la qualifica di dirigente
generale risponde, infatti, alla necessità di garantire l’immediata funzionalità dei nuovi uffici.
La posizione soggettiva del dipendente al quale era attribuita la dirigenza degli uffici soppressi con il
citato d.lgs. 173 del 2003 è garantita, lo si è ricordato, dall’assegnazione a mansioni equivalenti alle
ultime esercitate e le nuove mansioni per essere tali devono rientrare nella medesima area professionale
prevista dal contratto collettivo.
La materia della mansioni del pubblico dipendente è disciplinata compiutamente dall’art. 52 del d.lgs. n.
165 del 2001 (nel testo anteriore alla novella recata dall’art. 62, comma 1 del d.lgs. n. 150 del 2009 che
non è ratione temporis applicabile al caso in esame), la quale attribuisce rilievo solo al criterio
dell’equivalenza formale in riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi,
indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita.
Questa Corte ha avuto occasione di affermare che la riconduzione della disciplina del lavoro pubblico
alle regole privatistiche del contratto e dell’autonomia privata individuale e collettiva, con conseguente
devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario, non ha eliminato la
perdurante particolarità del datore di lavoro pubblico che, pur munito nella gestione degli strumenti
tipici del rapporto di lavoro privato, per ciò che riguarda l’organizzazione del lavoro resta pur sempre
condizionato da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria
generale (Cass., sez. un., 4 aprile 2008, n. 8740; Cass. 21 maggio 2009, n. 11835 e 5.8.2010 n. 18283).
In questa ottica il D.Lgs. n. 165 del 2001 disciplina interamente la materia delle mansioni all’art. 52
(rendendo così inapplicabile quella generale dell’art. 2103 c.c.) e, in particolare, al comma 1, sancisce il
diritto del dipendente ad essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, o alle mansioni
considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi
(testo anteriore alla sostituzione operata dal D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 62, comma 1).
Com’è noto, sul concetto di equivalenza, nel settore privato è il giudice a valutare se determinate
mansioni possono essere, in concreto, ritenute equivalenti, sulla base del bagaglio professionale
necessario per svolgerle. La lettera del citato art. 52, comma 1, invece, specifica un concetto di
equivalenza “formale”, ancorato cioè ad una valutazione demandata ai contratti collettivi, e non
sindacabile da parte del giudice. Ne segue che, condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni
possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione
collettiva, indipendentemente dalla professionalità acquisita, evidentemente ritenendosi che il
riferimento all’aspetto, necessariamente soggettivo, del concetto di professionalità acquisita, mal si
concili con le esigenze di certezza, di corrispondenza tra mansioni e posto in organico, alla stregua dello
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et,

Si tratta infatti di provvedimenti che si muovono su piani differenti.

schematismo che ancora connota e caratterizza il rapporto di lavoro pubblico.
L’equivalenza in senso formale risulta peraltro ribadita dalla norma contrattuale, dal momento che l’art.
13 del CCNL del Compatto Ministeri relativo alla dirigenza del 5.4.2001 che trova applicazione al caso
concreto e che disciplina il conferimento degli incarichi dirigenziali, nel premettere che tutti i dirigenti
hanno diritto ad un incarico e che gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato dispone
che ” l’affidamento e l’avvicendamento degli incarichi avvengono, nel rispetto di quanto previsto

precedentemente ricoperte; rotazione degli incarichi, la cui applicazione è finalizzata a garantire la più
efficace ed efficiente utilizzazione delle risorse in relazione ai mutevoli assetti funzionali ed
organizzativi e ai processi di riorganizzazione, nonché a favorire lo sviluppo della professionalità dei
dirigenti.” (comma 1). Al comma 4 traccia il significato di “incarico equivalente” con il quale “intende
l’incarico cui corrisponde una retribuzione di posizione complessiva di pari fascia ovvero una
retribuzione di posizione il cui importo non sia inferiore del 10% rispetto a quello precedentemente
percepito.” Precisa inoltre la norma che “Nelle ipotesi di ristrutturazione e riorganizzazione che
comportano la modifica o la soppressione delle competenze affidate all’ufficio o una loro diversa
verificato che l’incarico assegnato al Pugliese poteva essere considerato equivalente a quello in
precedenza rivestito preso atto della conservazione del trattamento economico retributivo in
godimento e dell’assegnazione del dipendente ad un posto di dirigente di seconda fascia.
Ma la Corte territoriale, con un compiuto accertamento di fatto in questa sede non sindacabile in
quanto esente da vizi logici e coerente con le allegazioni e le prove acquisite, ha altresì verificato in
concreto l’effettività delle mansioni affidate al Pugliese che, contrariamente a quanto ancora riferito in
questa sede, risulta aver compiutamente svolto i compiti propri dell’incarico affidatogli seppure con le
necessarie progressive approssimazioni connesse alla messa a regime del nuovo sistema (non può certo
ignorarsi, ed il giudice di appello lo ha espressamente considerato, che il Pugliese dopo undici mesi di
attività è stato collocato a riposo).
Né risulta essere stata specificatamente sollevata alcuna questione circa il rispetto dei criteri generali
relativi all’affidamento, al mutamento ed alla revoca degli incarichi di direzione di uffici dirigenziali.
Il comma 7 del citato art. 13 del c.c.n.l. dispone infatti che tali procedimenti siano preceduti da un’
informazione preventiva ai soggetti sindacali a norma dell’art. 6 del contratto stesso; che sia comunque
assicurata da parte dell’ Amministrazione, “la pubblicità ed il continuo aggiornamento degli incarichi
conferiti e dei posti dirigenziali vacanti e ciò anche al fine di consentire agli interessati l’esercizio del
diritto a produrre eventuali domande per l’accesso a tali posti dirigenziali vacanti.”
In conclusione la sentenza applicando i principi sopra richiamati ha accertato che l’Amministrazione, in
occasione della riorganizzazione, ha correttamente agito nel rispetto dei principi sopra richiamati ed ha
proceduto ad una dovuta riassegnazione di incarichi dirigenziali secondo i nuovi criteri dettati dalla
legge che ha soppresso le vecchie funzioni degli Uffici Centrali di Bilancio ridisegnandone competenze
ed organici.
Inoltre la Corte di merito ha proceduto alla verifica dell’equivalenza dell’incarico conferito al Pugliese
rispetto a quello in precedenza rivestito e, applicando ancora una volta le regole dettate al riguardo dalla

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dall’art.19, c.1, del d. lgs. n.29/1993, in base ai seguenti criteri generali: natura e caratteristiche degli
obiettivi da realizzare; attitudini e capacità professionale del singolo dirigente; risultati conseguiti anche
rispetto ai programmi e agli obiettivi precedentemente assegnati ed alle posizioni organizzative

disciplina legale e collettiva, ha accertato l’equivalenza delle nuove funzioni assegnate escludendo che in
tal modo fosse stato posto in essere un trattamento discriminatorio in danno del lavoratore.
Il rigetto dei primi due motivi di ricorso rende superfluo l’esame delle censure mosse al capo della
sentenza che ha negato l’esistenza di un danno risarcibile essendo stata accertata l’insussistenza del
presupposto comportamento lesivo dell’Amministrazione.

PQM
la Corte

cesuziu.’. (424.92..
tu eamva dee fLow:,) -0,..e JaE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giucliziol(che liquida in € 2500,00 per compensi
professionali ed in € 100,00 per esborsi, oltre alle spese prenotate a debito. Nulla per le spese in favore

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