Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4583 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2011, (ud. 11/11/2010, dep. 24/02/2011), n.4583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.M., rappresentato e difeso dall’avv. Nardelli Franco,

presso il quale è domiciliato in Trento in via Mazzini n. 14;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di

Trento, sezione 01, n. 90/06, depositata il 31 gennaio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11 novembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

” M.M., avvocato, propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Trento n. 90/06, depositata il 31 gennaio 2007, che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Trento, ha negato al contribuente il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1999, 2000 e 2001, dichiarando altresì la decadenza da tale diritto, per tardività della relativa istanza, in relazione all’acconto versato nel novembre 1999.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Il ricorso contiene due motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366-bis cod. proc. civ., con il primo dei quali si lamenta violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione, mentre con il secondo si denuncia vizio di motivazione.

La ratio decidendi della sentenza impugnata – secondo la quale perchè sia ravvisatale autonoma organizzazione “saranno sufficienti elementi anche minimi di organizzazione, tra i quali… gli strumenti e le apparecchiature correntemente utilizzate dal professionista, quelli informatici e necessari alla comunicazione… tutto ciò che consenta di sviluppare lavoro, che risulta funzionale alla produzione di quei servizi comunque offerti a un qualsiasi cliente”, non assumendo nella specie “particolare rilievo la circostanza che il professionista non abbia negli anni in esame, personale dipendente…” – non è conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) Impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380-bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso va accolto, con riguardo agli anni d’imposta 2000 e 2001, ed al 1999 con esclusione dell’acconto versato nel novembre 1999, la sentenza impugnata va cassata entro tale limite cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria di secondo grado di Trento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata nei limiti indicati in motivazione, e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria di secondo grado di Trento.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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