Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4582 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 4582 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

ORDINANZA
sul ricorso 6132-2011 proposto da:
LIPPOLIS MARCO, LIPPOLIS NICOLA, LOVECE MARIA SANTA,
ELLE ENNE DI LIPPOLIS MIRCO E C. SAS IN LIQUIDAZIONE,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA GIOVANNI
PAISIELLO 15, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI
BELLOMO, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO
DAMASCELLI;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 28/02/2018

nonché contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI;
– intimata

avverso la sentenza n. 133/2010 della COMM.TRIB.REG.
di BARI, depositata il 15/10/2010;

consiglio del 09/11/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO.

udita la relazione della causa svolta nella camera di

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5/11/2010 la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in parziale
accoglimento del gravame interposto dalla società Elle Enne di Lippolis Mirco & C. s.a.s. in liq. ed
altri e in conseguente parziale riforma della pronunzia C.T.P. Bari 11/5/2010, ha ridotto i maggiori
ricavi oggetto degli avvisi di accertamento aventi ad oggetto la determinazione del reddito
imponibile da imputare ai soci ai fini Irpef, nonché l’imponibile ai fini kap e il volume d’affari ai
fini Iva per l’anno d’imposta 2003.
Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello la società Elle Enne di Lippolis
Mirco & C. s.a.s. in liq. e i soci sigg. Mirco Lippolis, Nicola Lippolis e Maria Santa Lovece
propongono ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente osservato che con comunicazioni d.d. 13/9/2012 e 17/10/2016
pervenute alla Cancelleria di questa Corte dell’Agenzia delle entrate si rappresenta che per i ( soli )
soci Mirco Lippolis e Maria Santa Lovece è nelle more intervenuta la definizione della lite ai sensi
dell’art. 39, comma 12, D.L. n. 98 del 2011 e che pertanto tra di essi «è cessata la materia del
contendere».
Va al riguardo pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso del Mirco Lippolis e della
Lovece, per sopravvenuta carenza d’interesse, con compensazione tra le parti delle spese del
giudizio di cassazione.
Con unico motivo i ricorrenti denunziano insufficiente motivazione su punto decisivo della
controversia, in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 5, c.p.c.
Si dolgono che la CTR della Puglia abbia motivato argomentando «su dati incontrollati e
incontrollabili, nel senso che la sentenza non spiega la fonte da cui ha potuto trarre l’argomento
dell’esiguità del reddito ritratto dalla società negli anni precedenti», atteso che «non risulta
nell’incartamento processuale né un riferimento ai redditi degli anni precedenti né un accertamento
relativo all’esiguità dei redditi societari negli anni precedenti».
Lamentano che «i giudici di appello hanno acriticamente accertato i maggiori ricavi in
misura corrispondente al ricavo minimo ammissibile ma senza argomentare la formazione del punto
finale del percorso argomentativo ( mancanza del riassunto del passaggio da una posizione logica
all’altra )».
Si dolgono esservi stata una «inammissibile e sorprendente obliterazione di tutto il quadro
difensivo della ricorrente, idoneo di per sé anche a violare i principi generali della giustizia
tributaria», e che con «motivazione del tutto insufficiente ed inidonea a sopportare il decisus>>
il giudice di merito siano pervenuti a stabilire <> costituenti <>, il giudice
dell’appello ha nell’impugnata sentenza invero tenuto conto delle <>.
Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata
rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un
modello difforme da quello delineato all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., in realtà si risolvono nella mera
doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati
( e in particolare alla CTU ) di un valore ed un significato difformi dalle loro aspettative ( v. Cass.,
20/10/2005, n. 20322 ), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da
quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Per tale via in realtà sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di
legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo
cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi
alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai
giudici di merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass..
14/3/2006, n. 5443).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della
controricorrente Agenzia delle entrate, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile, per sopravvenuta carenza d’interesse, il ricorso del Mirco Lippolis
e della Lovece, con compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione. Rigetta il
ricorso della società Elle Enne di Lippolis Mirco & C. s.a.s. in liq. e del Nicola Lippolis. Condanna
i ricorrenti Elle Enne di Lippolis Mirco & C. s.a.s. in liq. e Nicola Lippolis al pagamento, in solido,
delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 5.500,00, oltre a spese prenotate a debito.
in favore della controricorrente Agenzia delle entrate.

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