Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4582 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. III, 19/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 19/02/2021), n.4582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29079-2019 proposto da:

S.G., rappresentato e difeso dall’avv.to ENNIO CERIO, con

studio in Campobasso, via Mazzini 112, avvenniocerio.cnfpec.it)

elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

26/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal Consigliere Dott. DI FLORIO ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. S.G., proveniente dalla Nigeria, ricorre affidandosi a due motivi, per la cassazione del decreto del Tribunale di Campobasso che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto era stato minacciato dai componenti della famiglia di origine che si volevano impossessare delle proprietà da lui ereditate a seguito della morte del padre, fino a quando alcune persone sconosciute gli avevano intimato di lasciare il paese, pena la morte. Aveva quindi venduto il negozio di abbigliamento che gestiva, e dopo aver trasferito la moglie a Benin City, aveva deciso di fuggire previo transito in Libia da dove si era imbarcato per l’Italia.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:

a. con il primo motivo, la violazione e fata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè dell’art. 32 del medesimo testo normativo;

b. con il secondo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

1.1. Assume, al riguardo, che il Tribunale, pur ritenendo attendibile la storia narrata e, qualificandola come vicenda privata, aveva escluso apoditticamente che potesse essere ricondotta ai presupposti dello stato di rifugiato o della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); lamenta, inoltre, che aveva omesso di acquisire informazioni attendibili ed aggiornate volte ad accertare quali fossero i livelli di tutela che lo Stato riusciva a garantire rispetto ad aggressioni nei confronti dei singoli; si duole, ancora, del fatto che non erano state comunque acquisite C.O.I. aggiornate anche in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), al fine di accertare le condizioni di violenza indiscriminata che assumeva fossero esistenti nel paese di origine; deduce, infine, che l’inadempimento denunciato ridondava anche sulla valutazione della protezione umanitaria, circoscritta erroneamente ad ipotesi tassative (cfr. pag. 10 u. c.p.c. del ricorso).

2. I motivi devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica.

2.1. Il secondo assorbe parzialmente il primo di cui è anche antecedente logico: con esso si lamenta, in sostanza, l’omesso adempimento del dovere di cooperazione istruttoria, sia in relazione al riconoscimento dello stato di rifugiato sia in relazione a tutte le ipotesi di protezione sussidiaria.

2.2. Al riguardo, il Collegio osserva che il decreto è del tutto privo di richiamo a fonti ufficiali attendibili ed aggiornate, limitandosi ad affermare che “nel territorio di provenienza, l’EDO State, non è in atto una violenza indiscriminata dal momento che l’organizzazione terroristica jihadista Boko Haram opera nel nord est del paese (in particolare negli stati di Borno, Yobe, Adamaua per i quali l’UCHR ha dato indicazioni di un rimpatrio). L’Edo State non risulta segnalato per l’esistenza di conflitto armato in corso. Pertanto, escluso che siano in corso guerre civili o situazioni di conflitto interno ad esso paragonabili, va rigettata la domanda proposta dal ricorrente volta riconoscimento della protezione sussidiaria” (cfr. pag. 3, terz’ultimo cpv del decreto impugnato).

2.2. La censura – pur dovendo essere riqualificata con riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – è fondata.

2.3. Il Tribunale, infatti, ha respinto la domanda del ricorrente senza riportare in modo specifico le informazioni sul paese di origine tratte da fonti informative attendibili ed aggiornate e limitandosi ad affermare che nello stato Edo non era in atto una violenza indiscriminata “dal momento che l’organizzazione terroristica di Boko Haram opera nel nord-est del paese, in particolare negli stati di Borno, Yobe e Adamawa per i quali l’UNHCR ha dato indicazioni di non rimpatrio”, ed aggiungendo che l’Edo State non risulta segnalato per l’esistenza di conflitti armati in corso (cfr. pag. 3 della sentenza terz’ultimo cpv).

2.4. Al riguardo, si osserva che:

a. tale ultima affermazione è meramente enunciativa, in quanto essa non è affatto riferita a fonti attendibili ed aggiornate dalle quali possa essere stata desunta; a ciò si aggiunge che anche la precedente statuizione, volta ad escludere l’esistenza di azioni terroristiche nella regione di provenienza del ricorrente, oltre ad essere prospettata ricavandola esclusivamente dalla presenza del fenomeno in altra parte del paese – fatto questo che non esclude a priori che sia presente, anche con diversi responsabili, nella regione di stretto interesse – è riferita ad una fonte ufficiale (l’UNHCR) priva di collocazione temporale e dunque, per ciò che risulta, non aggiornata;

b. il rilievo ridonda su tutte le ipotesi di protezione sussidiaria previste, in quanto il Tribunale, nelle premesse del provvedimento reso, non ha messo in discussione la credibilità del racconto ma, pur ritenendo attendibili i fatti narrati, ha affermato che erano “inidonei a riempire di contenuto uno dei concetti indeterminati, elastici o generali che dir si voglia, elevati dal legislatore a fatto costitutivo del diritto di protezione (id est l’esser perseguitato per motivi di razza, religione et alla)”: ritenuto, pertanto, credibile il racconto narrato, il Tribunale avrebbe dovuto adempiere al dovere di cooperazione istruttoria, richiamando informazioni tratte da fonti attendibili ed aggiornate sulla esistenza di una condizione di sicurezza e sociopolitica della regione di provenienza tale da far ritenere insussistenti i rischi paventati, fra i quali, trattandosi di una vicenda privata consistente in reiterate aggressioni, quello di non ottenere una tutela adeguata da parte delle forze dell’ordine.

c. il rilievo ridonda, altresì, sulla domanda di protezione umanitaria in relazione alla quale, ugualmente, nessuna indagine è stata effettuata sul livello di tutela dei diritti fondamentali che lo Stato era in grado di fornire, con ciò non formulando un corretto giudizio di comparazione.

2.6. Al riguardo, questa Corte ha affermato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui “nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del ricorrente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente.” (cfr. ex multis Cass. 13897/2019; Cass. 9230/2020).

3. Tale principio risulta disatteso dal Tribunale, ragione per cui il decreto deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Campobasso che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia in relazione a tutte le fattispecie dedotte, alla luce del principio di diritto sopra evidenziato.

4. Il Tribunale di rinvio dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Campobasso in diversa composizione anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

 

 

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