Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4581 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. III, 19/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 19/02/2021), n.4581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29069-2019 proposto da:

G.G., rappresentato e difeso dall’avv.to ENNIO CERIO, con

studio in Campobasso, via Mazzini 112, avvenniocerio.cnfpec.it)

elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO n. 1845/2019,

depositato il 26/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal Consigliere Dott. DI FLORIO ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. G.G., cittadino proveniente dalla Nigeria, ricorre affidandosi ad un unico motivo per la cassazione del decreto del Tribunale di Campobasso che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale, declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa, ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Con un unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

1.1. Assume, al riguardo, che il Tribunale aveva omesso di adempiere al dovere di cooperazione istruttoria predicato dalla norma sopra richiamata, in quanto non aveva affatto indicato le fonti informative aggiornate ed attendibili dalle quali poteva evincersi la condizione del paese di origine che non lo esponeva al rischio da lui paventato.

1.2. Aggiunge che la protezione internazionale richiesta era stata negata sul rilievo che non in tutto il paese la situazione era caratterizzata da violenza indiscriminata: in relazione a ciò, tuttavia, ed in particolare al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non era stato fatto alcun accertamento in ordine alla esistenza di un conflitto armato interno e di violenza indiscriminata, nell’interpretazione resa dalla giurisprudenza Eurounitaria.

1.3. Assume che tale mancata indagine abbia determinato un erronea valutazione delle condizioni ivi esistenti in base alla quale era stata ingiustamente negata la riconducibilità delle vicende narrate ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ed, in subordine, della protezione umanitaria.

2. La censura – pur dovendo essere riqualificata con riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – è fondata.

2.1. Il Collegio osserva, che il decreto è del tutto privo di riferimenti a fonti ufficiali attendibili ed aggiornate, limitandosi ad affermare che “nel territorio di provenienza, l’EDO State, non è in atto una violenza indiscriminata dal momento che l’organizzazione terroristica jihadista Boko Haram opera nel nord est del paese (in particolare negli stati di Borno, Yobe, Adamaua per i quali l’UCHR ha dato indicazioni di un rimpatrio). L’Edo State non risulta segnalato per l’esistenza di conflitto armato in corso. Pertanto, escluso che siano in corso guerre civili o situazioni di conflitto interno ad esso paragonabili, va rigettata la domanda proposta dal ricorrente volta riconoscimento della protezione sussidiaria” (cfr. pag. 3, terz’ultimo cpv del decreto impugnato).

2.2. Al riguardo, si osserva che:

a. tale ultima affermazione è meramente enunciativa, in quanto essa non è affatto riferita a fonti attendibili ed aggiornate dalle quali possa essere stata desunta; a ciò si aggiunge che anche la precedente statuizione, volta ad escludere l’esistenza di azioni terroristiche nella regione di provenienza del ricorrente, oltre ad essere prospettata, ricavandola esclusivamente dalla presenza del fenomeno in altra parte del paese – fatto questo che non esclude a priori che fosse presente, anche se con diversi responsabili, nella regione di stretto interesse – è riferita ad una fonte ufficiale (l’UNHCR) priva di collocazione temporale e dunque, per ciò che emerge, non aggiornata: risulta pertanto violato il dovere di cooperazione istruttoria prescritto dalla norma che si assume violata (Cass. 19224/2020; Cass. 13940/2020).

b. la censura ridonda su tutte le ipotesi di protezione sussidiaria previste, in quanto il Tribunale, nelle premesse del provvedimento reso, non ha messo in discussione la credibilità del racconto ma, pur ritenendo attendibili i fatti narrati, ha affermato che erano “inidonei a riempire di contenuto uno dei concetti indeterminati, elastici o generali che dir si voglia, elevati dal legislatore a fatto costitutivo del diritto di protezione (id est l’esser perseguitato per motivi di razza, religione et alia)” (cfr. pag. 2 del decreto impugnato): ritenuto, pertanto, credibile il racconto narrato, il Tribunale avrebbe dovuto adempiere al dovere di cooperazione istruttoria, richiamando informazioni tratte da fonti attendibili ed aggiornate sulla esistenza di una condizione di sicurezza della regione di provenienza tale da far ritenere insussistenti i rischi paventati, fra i quali, trattandosi di una vicenda privata consistente nel rischio di essere sottoposto a pena detentiva per una situazione di grave indebitamento, quello di valutare la veridicità del trattamento sanzionatorio temuto e la compatibilità di esso con i diritti umani fondamentali.

2.3. La censura ridonda, altresì, sulla domanda di protezione umanitaria in relazione alla quale, ugualmente, nessuna indagine è stata effettuata sul livello di tutela dei diritti fondamentali che lo Stato era in grado di fornire, con ciò non formulando un corretto giudizio di comparazione.

2.4. Al riguardo, questa Corte ha affermato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui “nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del ricorrente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente.” (cfr. ex multis Cass. 13897/2019; Cass. 9230/2020).

3. Tale principio risulta disatteso, ragione per cui il decreto deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Campobasso che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia in relazione a tutte le fattispecie dedotte, alla luce del principio di diritto sopra evidenziato.

4. Il Tribunale di rinvio dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Campobasso in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

 

 

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