Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4580 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/02/2017, (ud. 20/12/2016, dep.22/02/2017),  n. 4580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5775/2012 proposto da:

G.S – Costruzioni srl, rappresentata e difesa dall’avv. Claudio

Lucisano, con domicilio eletto in Roma, via Crescenzio 91;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte, depositata il 13 gennaio 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 dicembre 2016

dal Consigliere Giuseppe Tedesco;

udito l’avv. Bruno Dettori;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Masellis Mariella, che ha concluso chiedendo

l’inammissibilità e in subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La contribuente ha proposto ricorso avverso cartella di pagamento notificatagli per irregolarità incorse nelle dichiarazioni relative all’anno di imposta 2004.

L’impugnazione del contribuente, con cui fu essenzialmente dedotto, sotto una pluralità di profili, il difetto di motivazione della cartella, fu respinta dalla commissione tributaria provinciale, con sentenza poi confermata dalla commissione tributaria regionale, la cui sentenza è oggetto del presente ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui l’agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo del ricorso è diretto a censurare, sotto il profilo della violazione di legge e dei vizio di motivazione, la valutazione della Commissione tributaria regionale per avere ritenuto sufficiente la motivazione dell’atto impositivo oggetto di impugnazione (la cartella di pagamento).

Il motivo è inammissibile: è stato chiarito da questa Suprema corte che nell’ipotesi in cui il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria sotto il profilo della congruità della motivazione di un avviso di accertamento, che non è atto processuale ma amministrativo (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15234), è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass. 13 febbraio 2014, n. 3289).

Mutatis mutandis le considerazioni che precedono sono del tutto pertinenti anche al caso, quale quello in esame, in cui il problema della motivazione è sollevato con riferimento a una cartella di pagamento.

Con il secondo e con il terzo motivo la sentenza è censurata per quanto riguarda la liquidazione delle spese di lite, in quanto operata in unico importo, senza distinzione fra diritti e onorari; e in perchè le spese liquidate nell’importo di Euro 1.700,00, “poste pari agli onorari”, eccedevano l’importo richiesto dalla parte, che ammontava a Euro 1.385,00.

Il secondo motivo è inammissibile. La parte denuncia la liquidazione cumulativa, ma in modo formale, mentre avrebbe dovuto indicare il concreto aggravio economico subito rispetto a quanto sarebbe risultato sulla base dell’applicazione delle tariffe (Cass. 20128 del 2015; Cass. 15363 del 2016); tale indicazione è proposta nel terzo motivo, ma in modo insufficiente, perchè formulata sulla base della pura ipotesi (priva di effettiva giustificazione) che la somma liquidata fosse pari agli onorari e non comprendesse pure i diritti, i quali, secondo quanto si precisa nel controricorso, furono separatamente esposti nella notula. Per la stessa ragione costituisce una petizione di principio la censura di ultrapetizione ventilata nel terzo motivo, essendo incontroverso che la parte vittoriosa aveva richiesto una somma superiore rispetto a quella liquidata dalla Commissione tributaria regionale.

PQM

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nell’importo di Euro 600,00 per compensi, oltre rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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