Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 458 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 11/01/2017, (ud. 18/10/2016, dep.11/01/2017),  n. 458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20914-2012 proposto da:

M.C., (OMISSIS), in proprio e quale amministratore unico legale

rappresentante della società XINGDA S.R.L., con sede in (OMISSIS)

((OMISSIS)), domiciliato ex lege in ROMA, Piazza Cavour, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato RINO BATTOCLETTI, come da procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI MONFALCONE, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, V. Pacuvio 34, presso lo studio

dell’avvocato GUIDO ROMANELLI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RENATO FUSCO, come da procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 340/2011 della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE,

depositata il 13/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

udito l’Avvocato Elena Domenis per delega Battocletti e l’avvocato

Fusco, che si riportano agli atti e alle conclusioni assunte;

udito il sostituto procuratore generale, Dott. RUSSO Rosario

Giovanni, che conclude per il rigetto del ricorso e condanna alle

spese.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A. Così la sentenza impugnata riassume la vicenda processuale.

1. “Il Tribunale di Gorizia, con sentenza dd. 23.2.2008. – 24.2.2009, decidendo sull’opposizione all’ordinanza ingiunzione n. 345/2008 emessa dal Comune di Monfalcone, nei confronti di M.C. e della soc. “Xingda corrente in (OMISSIS), per la violazione del D.Lgs. n. 194 del 1999, art. 8, comma 1; della L. n. 791 del 1977, art. 7, comma 2, e art. 9, comma 7, allegato 3, per avere posto in commercio n. 2288 prodotti tessili privi di etichettatura o di documentazione sostitutiva, nonchè materiale elettrico vario privo di regolare marchio CE, oltre che della dichiarazione scritta di conformità a legge, e per ciò assoggettati al pagamento, in solido, della sanzione amministrativa di complessivi Euro 21.339,00, accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, annullava l’ordinanza ingiunzione”.

2. “Hanno proposto appello (principale) il Comune di Monfalcone, affidando il gravame a due motivi, e (incidentale) C.D. e la soc. “Xingda srl”, con un motivo, chiedendo – il primo – il rigetto dell’opposizione, e – i restanti – la condanna del Comune di Monfalcone alla rifusione delle spese di lite di primo grado”.

B. La Corte d’appello di Trieste accoglieva l’appello principale del Comune, e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava l’opposizione.

Riteneva la Corte locale la competenza della regione Friuli Venezia Giulia a ciò delegata all’accertamento per le violazioni in materia di commercio, nonchè infondate nel merito le argomentazioni difensive della parte contravvenzionata.

C. Impugnano tale decisione M.C., in proprio e quale amministratore unico legale rappresentante della società XINGDA S.R.L, che formulano quattro motivi. Resiste con controricorso il Comune di (OMISSIS). Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

A. I motivi del ricorso.

1. Col primo motivo si deduce: “carente e/o insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: a) in ordine alla materia disciplinata dalla L. n. 791 del 1977 e dal D.Lgs. n. 194 del 1999; b) con riferimento al rinvio ai motivi d’appello”.

La Corte locale non ha spiegato perchè “le infrazioni rilevate riguardassero tale materia (concorrenza, ndr), piuttosto che quelle della tutela della concorrerza o della sicurezza”. Inoltre, ha motivato genericamente per relationem al pertinente motivo di appello principale.

2. Col secondo motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 194 del 1999, artt. 1, 8 e 15 nonchè della L. n. 791 del 1977, artt. 2 e 9, per incompetenza degli organi accertatori e dell’autorità che ha irrogato le sanzioni, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

I ricorrenti, dopo aver effettuato una ricognizione delle norme in questione, concludono nel senso che la materia in questione è riservata allo Stato, e quindi al Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato, come previsto dal D.Lgs. n. 194 del 1999, art. 15 e dalla L. n. 791 del 1977, art. 9 cui è attribuito l’accertamento della violazione delle normative citate.

3. Col terzo motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 194 del 1999, artt. 1, 8 e 15, nonchè della L. n. 791 del 1977, artt. 2 e 9 nonchè dell’art. 117 Cost., comma 2, per prevalenza della materia della tutela della concorrenza e della sicurezza rispetto al commercio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Ritengono i ricorrenti che, in ogni caso, “anche se si volessero individuare molteplici materie su cui incidono le normative richiamate”, resterebbe applicabile il principio più volte affermato dalla Corte costituzionale, secondo cui “l’interferenza va composta facendo ricorso al criterio della prevalenza”.

4. Col quarto motivo si deduce: “nullità del procedimento per mancata pronuncia sull’ammissione delle prove, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; carente o insufficente motivazione sul punto, e l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Rilevano i ricorrenti che, avendo il primo giudice “accolto l’opposizione proposta dal sig. M.C., decidendo sulla questione preliminare dell’incompetenza del Comune di Monfalcone a svolgere l’accertamento in materia di tutela della concorrenza, non è stato affrontato il merito della controversia nè il Tribunale di Gorizia si è espresso sulle istanze istruttorie svolte dalle parti. Erano state dedotte prove per testi sulla vendita effettuata solo all’ingrosso e sulla non destinazione alla vendita delle apparecchiature elettriche, nonchè richiesta CTU sulla conformità alla normativa dei capi di abbigliamento e del materiale elettrico. La Corte di appello, dichiarando la competenza del Comune, avrebbe dovuto, per affrontare i motivi di opposizione, procedere sull’assunzione delle istanze istruttorie ritualmente formulate da parte appellata, o comunque esprimersi sulla loro rilevanza”. Invece la Corte di appello, “non solo non ha disposto alcuna attività istruttoria, ma ha ritenuto di non dover fornire alcuna motivazione in merito a ciò, limitandosi ad affermare apoditticamente l’ininfluenza della documentazione dimessa, a giudicare palesemente inveritiere le argomentazioni dell’opponente riguardo l’uso dei ventilatori, ed a ritenere che l’importaione era stata eseguita direttamente dalla Xingda srl”.

Avendo riproposto, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., i motivi opposizione nel merito all’ordinanza ingiunzione, i ricorrenti avevano diritto ad “una decisione sulle istanze istruttorie dedotte, l’accoglimento delle quali avrebbe permesso: 1) di dar conto dell’uso privato dei ventilatori; 2) di valutare, tramite la consulenza richiesta, il contenuto dei documenti depositati, al fine di determinare con certezza l’importatore (e la provenienza di tale documentazione proprio da quest’ultimo soggetto), la completezza delle certificazioni ottenute e la autenticità del marchio CE”. La Corte di appello “ha argomentato il rigetto dei motivi di opposizione all’ordinanza ingiunzione sostenendo l’assenza di elementi probatori a loro sostegno, contemporaneamente tuttavia ha implicitamente ritenuto irrilevanti le istanze istruttorie formulate in atti. La motivazione sul punto è pertanto contraddittoria. Il ricorso alla presunzione inoltre è del tutto ingiustificato”.

B. Le motivazioni della Corte di appello.

Prima di esaminare i motivi di appello è utile riportare la motivazione della sentenza impugnata per i punti pertinenti.

1. Sulla competenza.

1.1 – “Va osservato che con il primo motivo dell’appello principale si muove censura, deducendo l’erroneità della sentenza di primo grado, che ha ritenuto l’incompetenza all’accertamento e all’irrogazione delle sanzioni del Comune di Monfalcone, ritenendo, di contro, quella del Ministero dell’Industria e del Commercio, e, per esso, dei suoi uffici periferici. Si deduce, a tal riguardo, che le infrazioni riguardano la materia del “commercio”, che è attribuita, ai sensi dell’art. 4, n. 6, dello statuto della Regione Friuli Venezia Giulia (approvato con Legge costituzionale n. 1 del 1965), alla competenza legislativa primaria ed esclusiva della stessa Regione, ed è regolata, in concreto, dalla L.R. n. 1 del 1984, recante “norme per l’applicazione delle sanzioni amministrative regionali”. L’art. 8 dell’anzidetto statuto – prosegue l’appellante – stabilisce, poi, che è la Regione ad esercitare le funzioni amministrative nelle materie che sono attribuite, ai sensi dell’art. 4 cit., alla sua competenza legislativa primaria. La L.R. n. 1 del 1984, art. 1, comma 1 – aggiunge l’appellante -, sancisce che “per l’applicazione delle sanzioni amministrative previste per le violazioni delle leggi statali e regionali nelle materie di competenza della Regione, si osservano le disposizioni della presente legge…” ed il successivo art. 2, comma 1, stabilisce, poi, che “… le funzioni per l’applicazione delle sanzioni amministrative di natura pecuniaria e accessoria spettanti alla Regione Friuli Venezia Giulia sono delegate…. 2) ai Comuni in materia di commercio”. In definitiva – conclude l’appellante -, poichè la materia del commercio appartiene alla potestà legislativa primaria della Regione Friuli Venezia Giulia, anche la disciplina delle sanzioni nella stessa materia le compete e, dunque, deve trovare applicazione la L.R. n. 1 del 1984 cit., che ha delegato le relative funzioni ai Comuni”.

1.2 – “Il motivo deve trovare accoglimento. Il quadro normativo di riferimento, che è stato correttamente delineato dall’ente appellante, consente di affermare l’evidente competenza del Comune di Monfalcone all’accertamento e all’irrogazione delle sanzioni di cui all’ordinanza ingiunzione opposta, trattandosi di infrazioni rilevate nella materia del “commercio”, che per quanto sopra illustrato nel motivo d’appello, rientra nella competenza legislativa primaria della Regione Friuli Venezia Giulia (che è regione a statuto speciale), alla quale, dunque, compete pure la disciplina del procedimento sanzionatorio, e delle relative misure afflittive, così come da tempo chiarito, seppur in altre materie spettanti a regioni a statuto speciale, della S.C. (cfr., in materia di caccia, Cass. n. 1481 del 2004; e, in materia di pesca, Cass. n. 11123 del 1994). Ne consegue la competenza del Comune di Monfalcone all’accertamento delle infrazioni e all’irrogazione delle sanzioni di cui all’ordinanza -ingiunzione opposta”.

2. Nel merito.

2.1 – “Deve passarsi, quindi, all’esame delle restanti eccezioni e difese svolte in primo grado dagli appellati, e dagli stessi riproposte in questa sede. In particolare, si deduce: (…2) l’insussistenza delle violazioni riguardanti i prodotti tessili, poichè: a) l’etichettatura in lingua italiana riguarda unicamente la vendita al dettaglio, e non quella all’ingrosso, che viene effettuata dalla soc. “Xingda b) non v’è alcun obbligo di numerazione decrescente; c) le etichette possono essere sostituite dai documenti commerciali d’accompagnamento, che vengono rilasciati solo al momento del trasporto; 3) l’insussistenza delle violaioni riguardanti i prodotti elettrici, poichè: a) il marchio CE apposto sulla pentola a pressione (Xylan), sul fornetto elettrico (breakfast bar) e sui ventilatori, è conforme alle prescrizioni comunitarie; b) la pentola a pressione non può considerarsi apparecchio elettrico; c) nessuno dei suddetti prodotti è stato messo in vendita, trattandosi di semplici campioni di merce, consegnati dal produttore solo in visione, mentre i ventilatori erano stati utilizzati dal personale addetto al magazzino, e collocati sugli scaffali, perchè non funzionanti; d) la soc. “Xingda s.r.l.” non è l’importatrice dei beni, risultando tale, negli stessi atti d’accertamento, la soc. “Sherkhen Xiangien Plastica Co. ltd”, con sede nella (OMISSIS); 4) la conformità del materiale alle prescrizioni di legge, evincibile dalla documentazione tecnica che è stata consegnata ai militari della G.d.F.; 5) l’eccessività della sanzione inflitta per la supposta violazione della L. n. 791 del 1977, art. 9, comma 7″.

2.2 – “Trattasi di doglianze prive di fondamento. Pertanto, poi, alla doglianza sub 2), l’unica violazione che è stata contestata e sanzionata, è quella relativa alla mancanza di etichettatura sui prodotti tessili. E’ ben vero che l’etichettatura, a norma del D.Lgs. n. 194 del 1999, art. 8, comma 1 può essere sostituita, quando si tratta di commerciante all’ingrosso, dai documenti commerciali d’accompagnamento, ma, per essi, si devono intendere, all’evidenza, non già quelli che avrebbero dovuti essere compilati dalla soc “Xingda nel momento in cui essa li avesse trasportati altrove, ma quelli che, invece, hanno accompagnato il trasporto dei prodotti presso la sede della stessa società “Xingda e questa, come risulta dall’accertamento della G.d.F., non li ha mai esibiti. Quanto alla doglianza sub 3), l’ordinanza- ingiunzione ha ben evidenziato, con sufficiente motivazione, che il marchio CE apposto sui prodotti elettrici, non era graficamente quello stabilito dalla normativa comunitaria, dal quale divergeva per misura e caratteristiche, ed in sede ispettiva è risultato che esso, tra l’altro, era l’acronimo di “CHINA EXPORT”. Se, poi, può condividersi l’assunto circa l’estraneità della pentola a pressione al materiale elettrico, v’è da dire che la contestata violazione non ha inciso affatto sulla determinazione della sanzione, dato che, ai sensi della L. n. 791 del 1977, art. 7, comma 4, essa è pari ad una somma che va da 40.000.000 a 240.000.000 per ogni pezzo non in regola, ed in ogni caso ad una somma non inferiore 20.000.000 e non superiore a 120.000.000, per cui, dovendosi ritenere l’irregolarità del fornetto e dei due ventilatori (ossia di tre pezzi), la sanzione che è stata applicata (che è di Euro 10.329,00), resta comunque nei limiti minimi di legge. Quanto al fatto che si sarebbe trattato di beni non destinati al commercio, poichè consegnati in visione dal produttore (il fornetto), usati solo dal personale dipendente, guastatisi, e perciò collocati sugli scaffali (i due ventilatori), si tratta di assunti palesemente invertitieri, a fronte del fatto che il suddetto materiale, unitamente ad un consistente numero di altri prodotti elettrici, si trovava all’interno del magazzino della soc. “Xingda dove si pratica il commercio, e perciò da ritenersi a ciò destinati. La soc. “Xingda inoltre, come risulta dalla nota dd. 3.1.2008 della G.d.F. (doc. 10 del fasc. Comune di Monfalcone), che ha visionato le bollette d’importazione, ha provveduto ad importare direttamente il materiale elettrico oggetto dell’accertamento, senza che, di contro, possa ritenersi dimostrato, attraverso la scarna documentazione che è stata consegnata in sede di controdeduzioni alla stessa G.d.F., ossia alcune “dichiarazioni di assunzione di responsabilità” (indicate a pag. 4 della nota dd. 3.1.2008 cit., e prodotte sub 5 del fasc. degli opponenti), che l’importatore del materiale sia la soc. “Sholkhen Xiangiang Plastics Co. Ltd”, con sede nella (OMISSIS). Quanto alla doglianza sub 4), la documentaazione richiamata dagli opponenti, è costituita – come si è già detto – da alcune “dichiarazioni di assunzione di responsabilità” della suddetta soc. “Sholkhen Xiangiang Plastics Co. Ltd”, o da non meglio precisate certificazioni della soc. cinese “SGS CSTC”, che all’evidenza nulla hanno a che vedere con la “dichiarazione di conformità a legge” dei prodotti elettrici, e con la relativa documentazione tecnica, prescritte dall’allegato 3 della L. n. 791 del 1977, nè possono ritenersi un loro equipollente. Analogo giudizio d’infondatezza deve esprimersi, infine, con riguardo alla doglianza sub 5), dato il considerevole numero di prodotti elettrici non in regola (667), e l’applicazione di una sanzione pecuniaria senz’altro adeguata (Euro 10.000,00), poichè inferiore al doppio del minimo edittale (Euro 5.164,57) e ad un terzo del massimo edittale (Euro 30.987,42)”.

C. Il ricorso è infondato e va rigettato.

1. Il primo motivo è infondato. Le contestazioni erano state effettuate con riguardo alle norme sul commercio, con competenza della Regione speciale Friuli Venezia Giulia e con delega ai comuni. Di qui l’affermata competenza del comune di Monfalcone ad accertare la violazione e ad irrogare le relative sanzioni. La motivazione al riguardo è ampia e il richiamo per relationem effettuato al motivo di appello è correttamente operato ai fini della adeguatezza della motivazione, avendo comunque il giudice dell’appello ampiamente motivato. Resta applicabile il condiviso principio secondo cui “Nel processo civile ed in quello tributano, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sè, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità nè dei contenuti nè delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato” (Sez. U, Sentenza n. 642 del 16/01/2015, Rv. 634091).

2. Anche il secondo motivo è infondato. Il giudice d’appello ha interpretato) la normativa applicabile, giungendo alla condivisibile conclusione della competenza del comune di Monfalcone con riguardo alle violazioni sulla legge del commercio. Sul punto si richiamano anche le osservazioni relative al motivo precedente.

L’interpretazione del giudice dell’appello appare corretta, specie se si tiene conto che ad analoga conclusione questa Corte è giunta in materia di alimenti (Cass. 2005 n. 6616), materia nella quale la tutela del consumatore è certamente rilevante.

3. Anche il terzo motivo è infondato. La violazione riguarda la legge sul commercio. La competenza ai fini dell’accertamento e della irrogazione delle relative sanzioni rientra nella competenza della regione speciale Friuli Venezia Giulia e da questa è stata delegata ai comuni. Non vi è quindi spazio per una interpretazione che valorizzi le norme a protezione del consumatore e della sicurezza in genere.

4. E’ infine in parte inammissibile in parte infondato il quarto e ultimo motivo. E’ intanto opportuno richiamare l’ampia motivazione della corte d’appello, riportata al punto B. Occorre poi osservare quanto alla mancata ammissione di prova testimoniale che la censura è inammissibile perchè il ricorrente non ha trascritto i capitoli di prova e non ha indicato i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare, elementi tutti necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto.

Per quanto riguarda invece la mancata ammissione della c.t.u., essa risultava ininfluente, perchè il marchio di conformità era palesemente diverso (vedi motivazione) da quello necessario ai fini di evitare la violazione contestata, ed inoltre mancava pure la necessaria documentazione.

E’ infondata infine anche la censura relativa all’erroneo uso della presunzione ai fini della valutazione complessiva nel merito, avendo il giudice dell’appello fatto corretta applicazione dei principi al riguardo affermati da questa corte, potendosi ben valorizzare la presenza delle apparecchiature in questione all’interno di un esercizio commerciale destinato alla vendita.

D. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 2.500,00 (duemilacinquecento) Euro per compensi e 200,00 (duecento) Euro per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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