Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4579 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. III, 24/02/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 24/02/2011), n.4579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 545/2010 proposto da:

ROCCATURA ROSANNA DI CENTORE ROSANNA (OMISSIS), in persona del

suo titolare, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SOLUNTO 5,

presso lo studio dell’avvocato ANGELONI Emilia Maria, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAVALIERE MAURIZIO,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TESCONTER SAS, in persona del suo legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo

studio dell’avvocato SPALLINA BARTOLO, rappresentata e difesa

dall’avvocato GALLETTI Lamberto, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1836/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

18/12/08, depositata l’08/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/02/2011 dal Presidente Relatore Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito l’Avvocato Angeloni Emilia Maria, difensore della ricorrente

che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI che aderisce

alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza n. 1836/2008 la Corte di appello di Firenze, in riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Prato, ha respinto la domanda proposta da Rosanna Roccatura, titolare dell’impresa omonima, contro la sua locatrice s.a.s. Tesconter di Salvatore Sgrò, domanda avente ad oggetto la restituzione di somme pagate a titolo di canone, nel corso del rapporto, in eccesso rispetto a quanto convenuto alla data della conclusione del contratto.

La Corte ha ritenuto che le maggiori somme trovino giustificazione nella consensuale novazione del rapporto, dimostrata anche dall’aumento degli spazi concessi in uso alla conduttrice.

La Roccatura, con atto 1 dicembre 2009 e date successive ha proposto ricorso per la cassazione di tale pronunzia, affidato a due motivi e illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la Tesconter.

In margine a tale ricorso – proposto contro una sentenza pubblicata successivamente al 2 marzo 2006 e, quindi, soggetto alla disciplina del processo di Cassazione così come risultante per effetto dello modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – è stata depositata relazione (ai sensi dell’art. 380 bis) perchè il ricorso sia deciso in Camera di consiglio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., precisa, nella parte motiva:

2. Il primo motivo, con cui la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1230, 1321 e 1326 cod. civ., è inammissibile ai sensi degli artt. 366 bis e 360 cod. proc. civ., a causa dell’inidonea formulazione del quesito di diritto e dell’insussistenza dei motivi per i quali è ammesso ricorso per cassazione.

Il quesito è del tutto generico e richiede alla Corte di cassazione di accertare se, in caso di successivi pagamenti effettuati dal conduttore senza contestazione, possa dirsi concluso un nuovo contratto di locazione.

La ricorrente chiede, cioè, che la Corte proceda a valutazioni di merito riservate alla discrezionalità dei giudici del fatto, qual è il significato da attribuirsi al comportamento ed ai rapporti intercorsi fra le parti ai fini dell”interpretazione del contratto e del suo rinnovo, senza indicare nella formulazione del quesito (nè peraltro nello svolgimento dei motivi, a parte il richiamo formale) in qual senso e sotto quali profili la sentenza impugnata avrebbe violato le norme di diritto in tema di interpretazione dei contratti.

3. Il secondo motivo, con cui si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto dimostrato il fatto che la Roccatura ha occupato maggiori spazi nel corso del rapporto, è anch’esso inammissibile, sia ai sensi dei citati artt. 366 bis e 360 cod. proc. civ., sia per difetto di autosufficienza.

In primo luogo manca un momento di sintesi delle censure, analogo al quesito di diritto, da cui risulti la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, o le ragioni per cui essa appare inidonea a giustificare la decisione impugnata (cfr. Cass. civ. Sez. Un. 1 ottobre 2007 n. 20603; Cass. civ., Sez. 3^, ord. 16 luglio 2007 n. 16002, n. 4646/2008; n. 4719/2008, fra le altre). Tale requisito non si può ritenere rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consente di comprenderne il contenuto ed il significato (Cass. civ., Sez. 3^, ord. 16 luglio 2007 n. 16002, n. 4309/2008 e n. 4311/2008):

ciò che peraltro non può dirsi del caso di specie, essendo anche l’illustrazione del motivo fondata sulla richiesta di riesame dei fatti e di diversa valutazione delle prove.

In secondo luogo non sono riportate nel ricorso le deposizioni testimoniali che dimostrerebbero il contrasto fra la sentenza impugnata e le risultanze istruttorie (cfr. Cass. civ. 13 aprile 2003 n. 5886; Cass. civ. 3 marzo 2008 n. 5743, fra le tante), sì da dimostrare l’asserita illogicità, insufficienza od incongruenza della motivazione.

3. Propongo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, con procedimento in Camera di consiglio.

3. Ritiene il Collegio di dovere fare proprio quanto esposto nella sopra trascritta relazione, specie tenuto presente che le considerazioni svolte nella memoria ex art. 378, in replica alla stessa depositata dalla difesa della ricorrente non sono idonee a giustificare una diversa soluzione della controversia.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

3.1. Come assolutamente pacifico, presso una più che consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve compendiare:

a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;

b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice;

c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.

Di conseguenza, è inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge o a enunciare il principio di diritto in tesi applicabile (Cass. 17 luglio 2008, n. 19769).

Certo quanto precede, non controverso che il primo motivo di ricorso si conclude con il seguente quesito di diritto, dica l’ecc.ma Corte di cassazione se, in caso di successivi pagamenti effettuati dal conduttore senza contestazioni possa dirsi con eluso un nuovo contratto di locazione ai sensi degli artt. 1321, 1326 e 1230 c.c., è di palmare evidenza la inammissibilità del motivo per la assoluta inadeguatezza del quesito che lo conclude, risolvendosi lo stesso in una astratta petizione di principio (o, piuttosto, ancora, in una mera richiesta di accoglimento del ricorso) come tale inidonea a evidenziare il nesso logico giuridico tra singola fattispecie e principio di diritto astratto (cfr. Cass. 26 gennaio 2010, n. 1528, specie in motivazione, nonchè Cass., sez. un., 24 dicembre 2009, n. 27368).

3.2. Come noto, giusta la testuale previsione dell’art. 366 bis c.p.c., nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1,2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità con formulazione di un quesito diritto. Nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. – è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603).

Al riguardo, ancora, è incontroverso che non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata.

Conclusivamente, non potendosi dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (In termini, ad esempio, Cass. 7 aprile 2008, n. 8897).

Certo quanto sopra, non controverso che ne il secondo motivo di ricorso è totalmente carente una indicazione riassuntiva e sintetica costituente un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo indicante il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le f ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione è palese la inammissibilità anche del secondo motivo di ricorso.

4. Il proposto ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorse-condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00, oltre Euro 2.000,00 per onorar e oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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