Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4571 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. III, 24/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 24/02/2011), n.4571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11072/2009 proposto da:

A.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio dell’avvocato

MENGHINI Mario, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

COPPA PATRIZIA, giusta procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GUASTI CLEMENTE E FIGLI SPA, (P.Iva: (OMISSIS)) in persona

dell’attuale legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SCANDRIGLIA 7, presso lo studio dell’avvocato BUCCARELLI

Maria Pia, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CHIESA CARLO, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 754/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

29/05/08, depositata il 06/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato Menghini Mario, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

concorda con la relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 6/10/2009 la Corte d’Appello di Torino respingeva il gravame proposto dal sig. A.B. nei confronti della pronunzia del Tribunale di Acqui Terme di accertamento della pregressa sussistenza e dell’intervenuta cessazione di rapporto di comodato avente ad oggetto immobile sito in (OMISSIS), con condanna del medesimo al relativo rilascio in favore della società GUASTI CLEMENTE & FIGLI s.p.a..

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’ A. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Resiste con controricorso la società GUASTI CLEMENTE & FIGLI s.p.a..

Con il 1 MOTIVO il ricorrente denunzia falsa applicazione di norme di diritto in tema di simulazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2^ MOTIVO denunzia inappagante e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3^ MOTIVO denunzia falsa applicazione di norme di diritto in tema di prova del contratto di locazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa ed insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.). Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, il quesito recato dai motivi del ricorso con i quali si denunzia vizio di violazione di norme di diritto risulta formulato in modo invero difforme rispetto allo schema sopra delineato, senza indicare il diverso principio di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione ma in termini generici e privi di decisività, inidonei a precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360) e a consentire di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto, a fortiori in presenza di motivo come nella specie altresì carente di autosufficienza (cfr. in particolare Cass., 23/6/2008, n. 17064).

E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione del quesito di diritto implicita nella formulazione dei motivi di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.

I motivi con i quali si denunziano vizi di motivazione non recano invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2 0 06) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che il ricorrente non ha presentato memoria, prodotta invece dalla controricorrente, nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 1.800,00 per onorari, oltre spese a generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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