Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4571 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. III, 19/02/2021, (ud. 06/07/2020, dep. 19/02/2021), n.4571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34744-2018 proposto da:

BE. HA. INTERNATIONAL LIMITED, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GIUSEPPE MERCALLI N 80, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO ROMEO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMILIANO SCIPIONI:

– ricorrenti –

contro

ASSICURATRICE MILANESE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO N. 212, presso lo studio dell’avvocato TIZIANO

MARIANI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA

SIRENA;

– controricorrenti –

nonchè contro

B.A., ISTITUTO CLINICO VILLA APRICA SPA, F.S.,

T.N., R.A., T.A., T.G.,

S.M., UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

Nonchè da:

ISTITUTO CLINICO VILLA APRICA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CAPO PELORO, 3, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

COSTANTINO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

VITTORIO GELPI, STEFANO DALLE DONNE;

– ricorrenti incidentali –

Nonchè da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

17/A, presso lo studio dell’avvocato MICHELE CLEMENTE, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIUSEPPE SASSI;

– ricorrenti incidentali –

contro

ASSICURATRICE MILANESE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO N. 212, presso lo studio dell’avvocato TIZIANO

MARIANI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA

SIRENA;

– controricorrenti all’incidentale –

nonchè contro

F.S., ISTITUTO CLINICO VILLA APRICA SPA,

S.M., UNIPOL SAI SPA, T.N., R.A.,

T.A., T.G., BE2. HA. INTERNATIONAL INSURANCE

LIMITED;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3921/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2020 dal Consigliere Dott. SCARANO LUIGI ALESSANDRO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23/8/2018 la Corte d’Appello di Milano, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società Assicuratrice Milanese s.p.a. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Como 10/11/2016 (di: a) declaratoria dell’esclusiva responsabilità del sig. B.A. (nella sua qualità di Dirigente dell’Unità operativa per l’attività di ricovero e per l’attività ricompresa nell’ambito della macroattività chirurgica a bassa complessità operativa ed assistenziale della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a.) e della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. nella causazione del decesso della sig. T.M.T., che, sottoposta in data 3/10/2011 presso la Clinica Villa Aprica a colecistictomia laparoscopica RCP da parte del predetto B., all’esito di insorte complicazioni veniva ricoverata prima presso l’Ospedale Sant’Anna di Como e quindi presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo, ove, nonostante un trapianto di fegato e un successivo intervento al cuore, il 5/11/2011 decedeva; b) condanna del B. e della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. al pagamento, in solido, di somma a titolo di risarcimento danni in favore dei congiunti della vittima; c) condanna della società Be. Ha. International Insurance Ltd a tenere indenne la società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. di quanto a tale titolo dalla medesima versato; d) condanna del B. a tenere indenne la società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. di quanto tenuta a corrispondere in esecuzione della sentenza; e) rigetto delle domande di regresso proposte dalla società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. nei confronti dei medici S.M. e F.S.), riqualificato il rapporto di lavoro intercorrente tra il B. e la società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. come di lavoro dipendente (anzichè come contratto d’opera professionale) e ritenuta la polizza stipulata dal B. con la società Assicuratrice Milanese s.p.a. come a secondo rischio, stante la sussistenza della polizza a primo rischio sottoscritta dalla società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. con la società Be. Ha. International Insurance Ltd. per il personale dipendente, ha: 1) condannato la società Be. Ha. International Insurance Ltd a tenere indenne il B. di quanto tenuto a versare in esecuzione della sentenza in favore dei sigg. T.N. ed altri;

2) rigettato la domanda di manleva proposta dal B. nei confronti della società Assicurazione Milanese s.p.a.; 3) respinto il gravame incidentale della società Be. Ha. International Insurance Ltd. Rappresentanza Generale per l’Italia.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Be. Ha. International Insurance Ltd. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 8 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi la società Assicurazione Milanese s.p.a.; la società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a., che spiega altresì ricorso incidentale adesivo sulla base di 3 motivi e ricorso incidentale condizionato sulla base di 5 motivi, illustrati da memoria; il B., che spiega altresì ricorso incidentale condizionato sulla base di 3 motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso la società Assicurazione Milanese s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 2 motivo la ricorrente in via principale società Be. Ha Interna.tional Insurance Ltd motivo denunzia violazione degli artt. 2094,2229 e 2237 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che in violazione della volontà delle parti la corte di merito abbia qualificato il contratto stipulato dalla società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. e il B. come di lavoro subordinato, anzichè come contratto d’opera o di lavoro autonomo, senza procedere a verificare “come di fatto ed in concreto si sia svolto il rapporto tra il Dott. B. e Villa Aprica”, essendosi invero limitata “a dissentire dal nomen iuris voluto dalle parti nel contratto dalle stesse stipulato in data 28.4.2011 unicamente sulla base dello stesso contratto e di una lettura… di alcune clausole di questo stesso contratto, ancorchè dalle parti espressamente denominato come “contratto di incarico libero professionale (in regime di Collaborazione Coordinata e Continuativa)””.

Lamenta che “così facendo l’impugnata sentenza ha però falsamente applicato gli stessi insegnamenti della Suprema Corte” in base ai quali è possibile “superare, in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, il nomen iuris voluto dalle parti solo sulla base di una indagine condotta, in concreto, sulle effettive modalità di svolgimento del rapporto”, indagine che nella specie non è stata viceversa esperita, “avendo la Corte omesso qualsiasi accertamento del rapporto di fatto, oltre che qualsiasi tipo di istruttoria”.

Con il 3 motivo denunzia violazione degli artt. 1362,1363 e 1366 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4 e il 6 motivo denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 5 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 2094,2229 e 2037 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta essersi dai giudici di merito erroneamente trascurata la rubrica delle clausole e il relativo tenore letterale, incompatibile con la natura di lavoro subordinato del rapporto de quo.

Si duole avere la corte di merito erroneamente interpretato l’art. 7 del contratto relativo al patto di non concorrenza, non risultando esso in contrasto con la possibilità di esercizio della libera professione.

Lamenta non essersi dalla Corte di merito tenuto conto “dell’intero contenuto dell’art. 8 dal quale emerge che il compenso fisso è solo una voce del corrispettivo complessivamente pattuito tra le parti, ma non ha neppure considerato quanto previsto dal precedente art. 4, giusta il quale “l’assenza non sarà retribuita””, la cui coordinata lettura “esclude che, come affermato dalla Corte territoriale, difettasse “qualsivoglia rischio economico in capo al Dott. B.” sol perchè una parte del compenso era determinata in misura fissa”.

A fortiori in considerazione della circostanza che “l’art. 8… contiene altre previsioni che sono in contrasto con l’asserita natura subordinata del rapporto ritenuta dalla sentenza impugnata, conformandosi invece alla natura autonoma risultante dal nomen iuris impiegato dalle parti e dalle altre clausole”, e in particolare “-la previsione di una componente variabile del compenso subordinata al raggiungimento di determinati risultati e/o al verificarsi di determinate condizioni; – la previsione secondo cui “i corrispettivi derivanti dall’applicazione del presente contratto saranno liquidati, previa presentazione di regolare fattura”; -quella per cui “i compensi sopra determinati sono comprensivi di ogni genere anche contributivo e con la relativa erogazione la committente esaurisce ogni obbligo nei confronti del professionista, che null’altro potrà pretendere a qualsiasi titolo, ragione o causa””.

Ancora, in ragione del fatto che “altra previsione contrattuale incompatibile con la subordinazione… è quella dell’art. 9 del contratto (intitolato “Durata e clausola di recesso”), giusta il quale: -Il presente contratto decorre dal 01 maggio 2011, ha durata illimitata e potrà essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti previo preavviso di 90 giorni con comunicazione scritta. Qualora la disdetta fosse comunicata con un preavviso inferiore, l’Istituto è autorizzato a trattenere i compensi relativi al periodo mancante calcolati sulla media di quanto erogato nel mese precedente””, essendo invero evidente “che la facoltà di recesso ivi prevista in favore della struttura intanto può avere effetto in quanto il rapporto sia di lavoro autonomo e non subordinato”.

Si duole che la corte di merito abbia preso in considerazione “solo la seconda parte” della clausola ex art. 11 “per trarne un indice (invero inesistente) della pretesa natura subordinata del rapporto, dimenticandosi della prima parte, nella quale si afferma invece la applicabilità allo stesso degli articoli sulle professioni intellettuali contenuti nel codice civile. Articoli che… sono contenuti nel Titolo III dello stesso codice dedicato al “lavoro autonomo””, sicchè anche quest’ultima clausola -considerata in ogni sua parte come impone l’art. 1363 c.c., assume ancora una volta un significato che è in linea con il nomen iuris voluto dalle parti”.

Con l’8 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 1362,1363 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente escluso che l’importo minimo di Euro 750.000,00 avesse “il valore di una “franchigia””.

Con il 1 motivo la ricorrente in via incidentale adesiva società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 409 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 3 e il 5 motivo denunzia violazione degli artt. 1362,2094 e 2229 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4 motivo denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole essersi dalla corte di merito erroneamente considerato come di lavoro subordinato il rapporto di lavoro intercorrente con il B..

Il ricorso principale e il ricorso incidentale adesivo della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.

E’ rimasta nella specie accertata l’esclusiva responsabilità dell’odierno controricorrente e ricorrente in via incidentale condizionata B. nella causazione del decesso della sig. T.M.T. che, sottoposta da parte del medesimo in data 3/10/2011 presso la Clinica Villa Aprica a colecistictomia laparoscopica RCP, all’esito di complicazioni insorte nel corso dell’intervento (durato oltre dieci ore), veniva trasferita d’urgenza “dapprima presso l’Ospedale Sant’Anna di Como e quindi presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo”, ove, nonostante un trapianto di fegato e un successivo intervento al cuore, spirava il (OMISSIS).

Accolta la domanda risarcitoria iure proprio e iure successionis proposta dai genitori e dai fratelli della defunta nei confronti della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. e del B., il giudice di prime cure ha -per quanto ancora d’interesse in questa sede- condannato la chiamata in manleva società Assicuratrice Milanese s.p.a. “a tenere indenne B.A. da quanto questi sarà tenuto a corrispondere a qualsiasi titolo in esecuzione della presente sentenza”, nonchè condannato la del pari chiamata in manleva società “BH Italia Gruppo Be. Ha. International Insurance ltd a tenere indenne Istituto Clinico Villa Aprica di quanto questi sarà tenuto a corrispondere a qualsiasi titolo versate in conseguenza della presente sentenza”, e, “in accoglimento della domanda di regresso svolta da Istituto Clinico Villa Aprica”, ha condannato ” B.A. a tenere indenne l’Istituto delle somme a qualsiasi titolo versate in conseguenza della presente sentenza”.

In parziale accoglimento del gravame interposto dalla società Assicuratrice Milanese s.p.a. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Como 10/11/2016, la corte di merito ha quindi con l’impugnata sentenza -per quanto ancora d’interesse in questa sede-: a) rigettato la domanda di manleva proposta dal B. nei confronti della società Assicurazione Milanese s.p.a.; b) condannato la società Be. H a.International Insurance Ltd a tenere indenne il B.; c) respinto il gravame incidentale della società Be. Ha. International Insurance Ltd.

Siffatta pronunzia tale giudice ha emesso all’esito della riqualificazione del rapporto intercorrente tra la società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. e il B. in termini di lavoro subordinato, “ancorchè si tratti di “subordinazione attenuata””, anzichè quale contratto d’opera professionale, come viceversa ritenuto dal giudice di prime cure.

Riqualificazione che la corte di merito ha operato ritenendo, in particolare, che l'”affernnazione della mancanza di alcun vincolo di subordinazione e della possibilità per il Dott. B. di esercitare attività professionale in luoghi diversi dall’Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a.” di cui all’art. 3 del contratto intercorso tra le parti “non bastano… a confermare che in effetti si tratti di lavoratore autonomo”.

Ha ulteriormente ravvisato la sussistenza di “una prima “antinomia” interna al regolamento contrattuale”, deponente per “una dissimulazione di subordinazione o comunque di esclusività del rapporto lavorativo a prescindere dal nomen juris adottato”, nel contenuto dell’art. 7 del contratto, relativo agli “Obblighi del professionista”, “il quale, tra l’altro, così recita: “… Il professionista si obbliga a non svolgere per tutta la durata del presente contratto attività di concorrenza con quella dell’Istituto o che possa arrecare in qualsiasi modo pregiudizio di qualsiasi tipo alla stessa””.

Ha tratto altresì “conferma del fatto che non di rapporto libero-professionale si tratti” da “una serie di altri indici”, ritenuti “chiaro sintomo di eterodirezione, quali la presenza e la pronta reperibilità del Dott. B., con l’assunzione dell’impegno a garantire “la propria presenza presso la struttura sanitaria coordinandosi con gli altri medici dell’Unità Operativa di assegnazione”, nonchè “una pronta disponibilità secondo le indicazioni del Direttore sanitario, caratterizzata dalla immediata reperibilità di regola a mezzo telefono e dalla possibilità di giungere nell’istituto nei tempi previsti”.

Ha ulteriormente argomentato dall’art. 8 del contratto, prevedente “la corresponsione in favore del Dott. B. di un corrispettivo fisso annuo lordo, “da erogarsi in 12 mensilità posticipate”, non tanto per l’attività di dirigente di Unità Operativa, ma -testualmente- “Per l’attività di ricovero e per l’attività ricompresa nell’ambito della macroattività chirurgica a bassa complessità operativa ed assistenziale””.

Ancora, dall'”assenza di qualsivoglia rischio economico in capo al Dott. B. per lo svolgimento di prestazioni costituenti prerogative proprie della professione medica”; nonchè dall’art. 11 del contratto (rubricato “Esclusività del presente accordo”), ove si prevede “anche che si consideri espressamente “esclusa l’applicabilità tra le parti di ogni diversa disposizione normativa esterna, anche di carattere collettivo, che regolamenti il rapporto di lavoro, libero professionale, dei medici nelle istituzioni sanitarie private accreditate e non””.

Orbene, atteso che l’interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione (v. Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 21/4/2005, n. 8296), sicchè il sindacato di legittimità può avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v. Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 29/7/2004, n. 14495), va sottolineato come in tema di interpretazione del contratto questa Corte abbia avuto più volte modo di affermare (pur non mancando qualche pronunzia di segno diverso: v., Cass., 10/10/2003, n. 15100; Cass., 23/12/1993, n. 12758) che ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi invero alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento (art. 1363 c.c.), giacchè per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (v. Cass., 28/8/2007, n. 828; Cass., 22/12/2005, n. 28479; 16/6/2003, n. 9626).

Si è altresì precisato che, pur assumendo l’elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, a tal fine il giudice deve invero necessariamente riguardare il medesimo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare di quelli (quali primari criteri d’interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto: v. Cass., 6/7/2018, n. 17718; Cass., 22/11/2016, n. 23701; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 27/6/2011, n. 14079; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 19/5/2011, n. 10998; con riferimento agli atti unilaterali v. Cass., 6/5/2015, n. 9006) dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., in considerazione dello scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto, e quindi della relativa causa concreta (cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295; e, da ultimo, Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882).

Il primo di tali criteri (art. 1369 c.c.) consente infatti di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta.

L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c., quale criterio d’interpretazione del contratto (fondato sull’esigenza definita in dottrina di “solidarietà contrattuale”), si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628), non consentendo di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale (cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947).

Giusta principio recentemente suggellato dalle Sezioni Unite di questa Corte nel superare il c.d. principio del gradualismo (v. Cass., 10/6/2020, n. 11092; Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882, peraltro non massimata sul punto), il contratto deve essere dunque imprescindibilmente interpretato avuto riguardo alla sua ratio, alla sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale (v. Cass., 6/7/2018, n. 17718; Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 22/11/2016, n. 23701), con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale (art. 1372 c.c.).

Orbene, la corte di merito è nel caso pervenuta a un’interpretazione del contratto de quo in termini non consentanei con i suindicati principi (cfr., da ultimo, Cass., 12/11/2019, n. 11092).

In particolare là dove ha operato la relativa riqualificazione senza darne logica e coerente motivazione.

A fronte delle “antinomie” ravvisate emergere dal testo contrattuale, e in particolare quelle specificamene denunziate dalle odierne ricorrenti -in via principale e incidentale adesiva- (come la circostanza che il patto di non concorrenza non è di per sè incompatibile con la stipulazione di un contratto d’opera professionale o lavoro autonomo; la circostanza che il compenso fisso costituisce solo una parte della complessiva retribuzione contrattualmente prevista contemplante anche una componente variabile subordinata al raggiungimento di determinati risultati e/o al verificarsi di determinate condizioni; la previsione della liquidazione del corrispettivo dolo “previa presentazione di regolare fattura”; la previsione della mancata retribuzione dell’assenza; la previsione del recesso; la previsione della risoluzione del contratto e della mancata corresponsione in tale ipotesi di somma a titolo di “indennizzo, indennità o risarcimento”), la corte di merito non ha nell’impugnata sentenza dato invero debitamente conto degli elementi cui ha assegnato decisivo rilievo deponenti per la formulata interpretazione del contratto de quo in termini di lavoro dipendente, anzichè quale contratto d’opera o di lavoro autonomo, nè dei criteri legali d’interpretazione a tal fine ravvisati decisivi.

Pur dando atto della denominazione del contratto de quo in termini di “incarico libero professionale (in regime di Collaborazione Coordinata e Continuativa)”” e dell’espressamente indicata esclusione “di alcun vincolo di subordinazione” del B. nonchè della del pari espressamente prevista possibilità per quest’ultimo di esercitare attività professionale “in luoghi diversi” dall’Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. (art. 3 del contratto), si è infatti limitata a del tutto apoditticamente, senza congruamente argomentare in proposito, ritenerli, diversamente dal giudice di 1 cure, insufficienti (“non bastano”) a suffragare la diversa qualificazione del rapporto da quest’ultimo divisata.

Orbene, atteso che gli spunti letterali del contratto valorizzati dalla corte di merito nell’impugnata sentenza si appalesano -come dalle ricorrenti censurato- di per sè privi di significato univoco (in quanto il patto di non concorrenza, la presenza e la pronta reperibilità, l’obbligo di coordinamento con gli altri medici dell'”Unità Operativa di assegnazione”, non sono ontologicamente incompatibili con la previsione di un rapporto di lavoro autonomo) tale giudice non ha in particolare adombrato argomento alcuno idoneo a consentire di comprendere sulla base di quali elementi è pervenuto a fondare l’opzione interpretativa privilegiata idonee a superare le “aporie” formali emergenti dal contratto eccepite dalle controparti, nonchè a fornire un’interpretazione compiutamente coerente del medesimo.

Senza sottacersi che risulta invero non ben comprensibile la non meglio argomentata affermazione dell’impugnata sentenza secondo cui dall'”assenza di qualsivoglia rischio economico in capo al Dott. B. per lo svolgimento di prestazioni costituenti prerogative proprie della professione medica”.

Nell’omettere, come fondatamente censurato dalle ricorrenti, di fare motivatamente luogo all’interpretazione globale del contratto ex art. 1363 c.c. (cfr. Cass., 28/8/2007, n. 18180) e di assegnare rilievo ex art. 1362 c.c., comma 2, al comportamento complessivo nella specie dalle parti mantenuto anche posteriormente alla conclusione del contratto (cfr. Cass., 30/8/2019, n. 21840; Cass., 10/5/2016, n. 9380), la corte di merito ha trascurato in particolare di verificare le concrete modalità di svolgimento e attuazione del rapporto, nè ha dato congruamente conto delle raggiunte conclusioni in relazione (anche) agli altri primari criteri d’interpretazione soggettiva del contratto dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c. (v., da ultimo, Cass., 10/6/2020, n. 11092), non risultando pertanto dato apprezzarne la logicità e la coerenza con la relativa ragione pratica (ratio), e cioè con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale (v. Cass., 30/5/2019, n. 14755; Cass., 6/7/2018, n. 17718; Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 22/11/2016, n. 23701), con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale (art. 1372 c.c.).

La corte di merito non ha d’altro canto nell’impugnata sentenza fatto riferimento alcuno nemmeno al criterio legale residuale ex art. 1367 c.c., della c.d. interpretazione utile, in base al quale allorquando la ricerca del significato soggettivo non conduca ad un utile risultato deve procedersi all’interpretazione della clausola e del contratto nel senso oggettivamente più ragionevole ai fini della relativa conservazione (cfr. Cass., 4/2/2014, n. 2408; e, da ultimo, Cass., 23/7/2018, n. 19493; Cass., 9/7/2020, n. 14595).

Dell’impugnata sentenza, in accoglimento p.q.r. del ricorso principale e del ricorso incidentale adesivo della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. nei suindicati termini e limiti, assorbiti il 1 e il 7 motivo del ricorso principale (con i quali la ricorrente società Be. Ha. International Insurance Ltd denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dolendosi in particolare: a) che la corte di merito l’abbia condannata a tenere indenne il B. in assenza di relativa domanda, atteso che “il dottor B. non aveva formulato alcuna domanda – di condanna o d’altro tipo- contro l’esponente Berkshire”, e, “come logico, nessuna domanda contro l’esponente medico ha svolto neppure in appello, essendosi ivi limitato a chiedere la reiezione del gravame proposto da Assicuratrice Milanese”, sicchè la “statuizione di condanna di Be. pronunciata nell’impugnata sentenza… non si giustifica in alcun modo alla luce delle domande svolte (in primo e in secondo grado) dal diretto interessato, Dott. B.A.”; b) essersi dalla corte di merito fatto applicazione dei “principi dettati in materia di estensione automatica delle domande nei confronti dei terzi chiamati per sostenere che la domanda di condanna alla manleva svolta in causa dal Dott. B. contro Assicuratrice Milanese si fosse estesa all’esponente per effetto delle difese svolte dalla prima Compagnia assicuratrice”, laddove “non solo… l’odierna ricorrente era stata chiamata in causa dall’Istituto Clinico Villa Aprica e non da Assicuratrice Milanese, ma soprattutto… la domanda di manleva del Dott. B. contro Assicuratrice Milanese era fondata su un titolo contrattuale (la polizza in essere con quella Compagnia Milanese) diverso da quello (la polizza tra la Struttura Sanitaria e l’esponente) valorizzato… dalla Corte territoriale per pronunciare la condanna dell’esponente (in luogo di Assicurazione Milanese) in favore del medico… che quel titolo non aveva invocato”; c) non essersi considerato che nessuna domanda di “condanna dell’esponente a tenere indenne il Dott. B.” è stata “svolta in causa da Assicuratrice Milanese”, la quale ha “solo domandato di accertare che l’odierna ricorrente era tenuta a primo rischio in sua vece, ma ciò solo incidenter tantum al fine di ottenere il rigetto della domanda di manleva contro di lei svolta dal medico”, sicchè, “compiuto l’accertamento prodromico richiesto da Assicuratrice Milanese… i Giudici di merito avrebbero dovuto limitarsi, in riforma della sentenza di primo grado, a rigettare la domanda del Dott. B. contro Assicuratrice Milanese, senza però ulteriormente condannare Berkshire a tenere indenne il medico, in difetto di una domanda in tal senso” (1 motivo); d) che la corte di merito abbia omesso di pronunziare in ordine alla “clausola contenuta nelle condizioni di polizza di Assicuratrice Milanese (segnatamente l’art. 16, comma (recte, commi) 2 e 3) che poneva limitazioni alla copertura a primo rischio prevista in generale nell’attestato di assicurazione” (7 motivo)) e il 3 motivo (indicato come VI) del ricorso incidentale adesivo (limitatamente alla parte in cui denunziando violazione degli artt. 1362,2094 e 2229 c.c., -in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. si duole della ritenuta operatività a primo rischio della garanzia prestata in suo favore dalla compagnia assicuratrice Berkshire Hathaway International Insurance Ltd, fondata sull’erroneo “presupposto del carattere subordinato dell’attività professionale svolta dal Dott. B.” in suo favore), nonchè ogni altra questione e diverso profilo, ed assorbito altresì il ricorso incidentale condizionato del B. (con il quale il medesimo: denunzia violazione dell’art. 106 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che “solo a seguito della diversa qualificazione del rapporto di lavoro per cui è causa” come di rapporto di lavoro subordinato, anzichè di lavoro autonomo, la polizza assicurativa “stipulata da Istituto Clinico Villa Aprica con Be. Ha. International Insurance Limited” deve ritenersi “non più operativa “a primo rischio” ma “a secondo rischio””, atteso che “sussisteva altra assicurazione (Be.) efficace per la copertura del rischio assicurato”, sicchè laddove “la Corte di Cassazione dovesse ritenere siffatto inquadramento errato e dovesse invece propendere per la tesi “sposata” dal Tribunale di Como (ovvero lavoro autonomo e non dipendente del Dott. B. nei confronti della Casa di Cura), giocoforza la domanda di manleva dell’esponente rivolta ad Assicuratrice Milanese sarebbe pienamente fondata e quindi la sentenza d’appello dovrebbe essere riformata sul punto”; dolendosi che nell’impugnata sentenza nulla risulti affermato “sull’azione di regresso svolta da Villa Aprica nei confronti del Dott. B. in primo grado e per la quale invece risulta operante a primo rischio la polizza sottoscritta dallo stesso professionista con Assicuratrice Milanese”; dolendosi che, ritenuta dal giudice di prime cure essere stata “la condotta dell’esponente caratterizzata da colpa grave”, e accolta da tale giudice sia “la domanda di regresso svolta da Villa Aprica” sia “la domanda di manleva del medico verso la propria Assicurazione”, la corte di merito abbia successivamente per converso “rigettato quest’ultima domanda ritenendo che dovesse operare la sola polizza Berkshire e non quella di Assicuratrice Milanese”, senza prendere in considerazione la domanda di rivalsa svolta da Villa Aprica nei confronti del Dott. B.”, sicchè “il rigetto della domanda di manleva proposta dall’esponente nei confronti di Assicuratrice Milanese Spa è stata affermata (recte, affermato) unicamente sulla base di un’interpretazione del contratto sottoscritto dal professionista con l’Istituto Clinico”, con omissione di “qualsivoglia valutazione sull’azione di regresso di quest’ultimo verso il medico”; con la conseguenza che “nell’ipotesi in cui la Corte di Cassazione dovesse accogliere il ricorso principale la domanda di manleva dell’esponente rivolta ad Assicuratrice Milanese a seguito dell’azione di regresso svolta dall’Istituto Clinico Villa Aprica Spa risulterebbe pienamente fondata e quindi la sentenza d’appello dovrebbe essere riformata anche sul punto” (1 e il 2 motivo); denunzia altresì violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che “pur risultando Assicuratrice Milanese vittoriosa in ordine alla natura del menzionato rapporto di lavoro, le spese di lite non sarebbero dovute ricadere per intero sul Dott. B.” (3 motivo)) e il ricorso incidentale autonomo della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. (con il quale la medesima denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dolendosi non avere la corte di merito pronunziato nè in ordine alla graduazione della colpa del B. nè relativamente “alla domanda di manleva svolta dal Dott. B. nei confronti di Assicuratrice Milanese”, e nemmeno “sulla correlata operatività della clausola di cui al punto 4 dell’art. 16 della polizza stipulata” (1 motivo); denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dolendosi dell’omessa pronunzia in ordine alla domanda di manleva dal B. nei confronti di Assicuratrice Milanese proposta, in correlazione con la formulata domanda di regresso (2 motivo); denunzia violazione degli artt. 1367,1370 e 1371 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando essersi dalla corte di merito erroneamente interpretata la condizione d’insolvenza della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a., in contrasto con la rivalsa, ed altresì dolendosi essersi erroneamente ritenuto che “la copertura assicurativa opera a secondo rischio se la Casa di Cura ha stipulato una polizza anche in favore del medico o, in mancanza di tale polizza, se la Casa di Cura sia divenuta insolvente”, giacchè “la condizione dell’insolvenza dell’Ente ospedaliero è in stridente contrasto con la rivalsa di cui pur sempre l’Ente ospedaliero dispone, cioè con il fatto che l’Ente ospedaliero è pur sempre creditore nei confronti del medico per i danni da costui provocati: appare, infatti, senza senso far dipendere copertura del medico assicurato dallo stato di insolvenza di un soggetto coobbligato, l’Ente ospedaliero, nei cui confronti l’assicurato è debitore di quanto è dovuto al terzo danneggiato” (3 motivo)), dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso principale e il ricorso incidentale adesivo della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. nei termini di cui in motivazione, assorbiti il 1 e il 7 motivo del ricorso principale e il 3 motivo (indicato come VI) del ricorso incidentale adesivo nonchè ogni altra questione e diverso profilo, ed assorbiti altresì il ricorso incidentale condizionato del B. e il ricorso incidentale autonomo della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. Cassa in relazione ai motivi accolti del ricorso principale e del ricorso incidentale adesivo della società Istituto Clinico Villa Aprica s.p.a. l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

 

 

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