Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4570 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 21/02/2020), n.4570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al.n. 29309/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la qualè è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

L.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 998/04/2017 della Commissione tributaria

regionale della SICILIA, Sezione staccata di SIRACUSA, depositata in

data 06/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 27/11/2019 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI

Lucio.

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia avente ad oggetto il diniego tacito opposto dall’amministrazione finanziaria al rimborso richiesto ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, della quota pari al 90% delle imposte versate dal contribuente, esercente attività d’impresa, per gli anni 1990, 1991 e 1992, in quanto residente in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo dovuto il chiesto rimborso, sostenendo che nella specie “ricorrono i presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis (Reg. CE n. 1470/2013 e Reg. CE n. 717/2014) atteso che l’importo complessivo del rimborso richiesto e riconosciuto è inferiore a quello limite (Euro 200.000 nel triennio) fissato dal legislatore comunitario ai fini della deroga de minis”.

2. Per la cassazione della sentenza d’appello ricorre con due motivi l’Agenzia delle entrate, cui non replica l’intimato.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del rovellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 de 2002, art. 9, comma 17, della L. 190 del 2014, art. 1, comma 665, VI Direttiva n. 77/388/CEE come interpretata dalla Corte di giustizia della Comunità Europea con sentenza del 17/07/2008 in causa C132/06, dell’ordinanza della Sesta Sezione della Corte di giustizia del 15/07/2015 in causa C-82/2014 nonchè della Decisione della Commissione Europea del 14/08/2015, C(2015) 5549 final, sostenendo che la CTR aveva errato a riconoscere al contribuente, quale soggetto titolare di redditi derivanti da attività d’impresa, il diritto al rimborso dèlle imposte dirette (IRPEF) versate nei periodi sopra indicati senza verificare l’effettiva sussistenza sub specie delle condizioni, previste dai citati regolamenti CE per ottenere il rimborso, costituente aiuto di Stato, ovvero il mancato superamento del massimale di duecentomila Euro complessivo di aiuti goduti nei due esercizi finanziari precedenti e in quello in corso, nonchè l’esistenza di “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, evitando i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti dall’impresa” e che i costi non siano stati compensati in tutto o in parte da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto).

Premesso che nei caso di specie è incontroverso che il soggetto richiedente il rimborso espletasse attività d’impresa, ritiene il Collegio che diversamente dalla proposta del relatore, il motivo di ricorso in esame è infondato e va rigettato.

Al riguardo va preliminarmente ricordato, ancorchè nella specie non si controverte di rimborso di IVA ma solo di imposte dirette, il principio giurisprudenziale secondo cui “la riduzione dei tributi dovuti da “imprese” in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia d’IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE, come ha stabilito la Corte di Lussemburgo in causa C-82/14 (Corte giustizia, 15/07/2015, Nuova Invincibile; conf. Cass. sez. trib., 21/04/2017, n. 10084; 16/09/2016, n. 18205; 16/12/2015, n. 25278)” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3070 del 08/02/2018, Rv. 647113 – 01).

Quanto alle altre imposte, e segnatamente l’IRPEF, che viene qui in rilievo, questa Corte in’ numerose pronunce (ex multis, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 2208 del 25/01/2019; in termini, Cass. n. 14328, n.. 26750 del 2018, n. 28966 del 2018 e, da ultimo, Cass. n. 8408 del 2019) ha precisato che in tema di agevolazioni tributarie a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 1990, “il rimborso d’impostà di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre ò 1990, a seguito dell’intervento della Commissione UE con la decisione del 14 agosto 2015, C (2015) 5549, non è applicabile ai soggetti che esplicano attività di “impresa comunitaria”, rispetto alla quale rileva esclusivamente lo svolgimento di attività economica volta a fornire beni o servizi, essendo invece irrilevante l’elemento soggettivo, sia sotto il profilo della qualifica dell’attività (di impresa o professionple, di lavoro autonomo e di esercente attività c.d. protette), sia sotto il profilo della struttura propria del soggetto (persona fisica o ente collettivo, soggetto di diritto privato o pubblico), rilevando esclusivamente lo svolgimento di una attività economica volta a fornire beni o servizi” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29905 del 13/12/2017) e che “la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 (recante benefici fiscali in favore delle vittime del sisma del 13 e 16 dicembre 1990 in Sicilia) non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività d’impresa, costituendo un aiuto di stato illegittimo, ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE, come stabilito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015, la quale ha pure precisato che, per quanto riguarda gli aiuti individuali già concessi prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va considerato compatibile con il mercato interno se, in virtù della deroga prevista dall’art. 107, par. 2, lett. b) del TFUE, può essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dall’impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, dovendosi evitare i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti, dovuta al cumulo di aiuti, oppure se i benefici risultino in linea con il regolamento “de minimis” applicabile” (Cass. citata in apice).

Quindi, assodato lo svolgimento di un’attività economica da parte del contribuente (assoggettato a imposizione sul valore aggiunto e sulle attività produttive), il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), “tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (Cass., n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.). In difetto, il giudice di merito deve valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, par. 2, lett. b), TFUE, ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (p. 150, lett. b), dec. cit.), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in. oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (p. 136 dec. cit.); il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dallà calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto (p. 148 dec. cit.); inoltre, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465).

Orbene, nel caso in esame la CTR, ha affermato che nella specie “ricorrono i presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis (Reg. CE n. 1470/2013 e Reg. CE n. 717/2014) atteso che l’importo complessivo del rimborso richiesto e riconosciuto è inferiore a quello limite (Euro 2Ó0.000 nel triennio) fissato dal legislatore comunitario ai fini della deroga de minimis”.

Trattasi di accertamento in fatto sulla sussistenza delle condizioni individuate dal sopra citato arresto giurisprudenziale (Cass. n. 14465/2017) neppure adeguatamente contestato dalla ricorrente (cfr. ex m. ultis, Cass. n. 8315 del 2013 e n. 24155 del 2017, secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità”).

Infondato è anche il secondo mezzo di cassazione, con cui la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 123 del 2017, sostenendo che la modifica legislativa introdotta dal decreto legge da ultimo citato, che ha operato una riduzione al 50 per cento del rimborso spettante ai soggetti che ne abbiano diritto e, addirittura, ha escluso lo stesso rimborso in caso di superamento delle risorse stanziate nel bilancio dello Stato, è applicabile anche alla fattispecie.

Al riguardo pare opportuno ricordare che questa Corte ha più volte ribadito che i limiti quantitativi al rimborso delle maggiori imposte pagate, fino a concorrenza dell’apposito stanziamento con riduzione del 50 per cento in ipotesi di eccedenza delle richieste, introdotti dalla norma sopravvenuta, attuata con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 195405/2017 del 26/09/2017, non incide sul titolo della ripetizione, ma unicamente sull’esecuzione dello stesso, delineandosi come un posterius rispetto all’odierno giudizio; peraltro, costituisce jus receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incida sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (es. tra le tante Cassazione civile, sez. trib., 24/04/2015, n. 8373, in tema di IVA), che rende complessivamente tuttora operanti e pienamente attuali i consolidati principi di diritto enunciati in materia da questa Corte. Ritiene, quindi, il Collegio che il delineato ius superveniens, attuato con ò il sopra citato provvedimento direttoriale, per nulla incide sulla questione della quale è investita la corte con il ricorso in esame, ovvero del diritto al rimborso IRPEF spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è l’intimato, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza. Il che rende irricevibile la richiesta che la difesa erariale sembra avanzare nel ricorso, di rimessione della causa alle sezioni unite di questa Corte, non essendovi nessun contrasto giurisprudenziale o questioni di massima importanza da sottoporre al Supremo o consesso (ex multis, Cass. n. 9785 del 2018).

In estrema sintesi il ricorso va rigettato senza necessità di provvedere sulle spese processuali in mancanza di costituzione dell’intimato.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 21 febbraio 2020

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