Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4568 del 22/02/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4568 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANNA ANTONIO

Data pubblicazione: 22/02/2013

ORDINANZA
sul ricorso 16338-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587 in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

cser,i 62,

R.G. n. 16338/11
Ud, 13.12.2012

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli
avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, EMANUELA

ricorso;

– ricorrente contro
SALVO GAETANO;

– intimato avverso la sentenza n. 1045/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
17.6.2010, depositata il 06/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2012 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MANNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Emanuela Capannolo che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIUSEPPE
CORASANITI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione
ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
1

Con sentenza depositata il 6.7.10 la Corte d’Appello di Messina confermava la pronuncia

di prime cure emessa dal Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato il diritto di Gaetano
Salvo alla conversione della pensione di invalidità in quella di vecchiaia, con salvezza del
trattamento previdenziale più favorevole in godimento.
2.

Per la cassazione della suddetta sentenza d’appello ricorre l’INPS con due motivi.

3.

Parte intimata è rimasta tale.

2

CAPANNOLO, GIUSEPPINA GIANNICO, giusta procura speciale in calce al

R.G. n. 16338/1/
Ud. 13.12.2012

4.

Con il primo motivo l ‘INPS deduce violazione del r.d.l. n. 636 del 1939, art. 10, e della L.

n. 222 del 1984, art. 1, commi 6 e 10, nonché dell’art. 8 dl. n. 463/93 convertito in legge n. 638/83,
dell’art. 60 r.d.L n. 1827/35, dell’art. 9 r.d.l. n. 636/39, dell’art. 2 legge n. 218/52 e degli arti. 1 2, 5

5.

Con il secondo motivo l 7NPS denuncia violazione dell’art. 1 co. 10 legge 12 giugno 1984,

n. 222, nonché del D. L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8 conv. nella L 11 novembre 1983, n. 638,
del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 60 del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9 del L. n. 218 del 1952, art. 2 e
del Digs. n. 503 del 1992, artt. 1, 2, 5 e 6.
6.

Il primo motivo appare manifestamente “Ondata, alla stregua di ormai consolidata

giurisprudenza di questa S.C. (cfr., Cass. n. 2032, 4936 e 26573 del 2011; Cass. n. 9175 del 16
aprile 2010; Cass. n. 5646 del 2009; Cass. n. 18580 del 2008).
7.

Si premetta che il problema della trasfarmazione della pensione di invalidità (attribuita

secondo la disciplina previgente l’entrata in vigore della L. n. 222 del 1984) in pensione di
vecchiaia, in presenza dei requisiti anagrafici e contributivi prescritti dalla legge per tale seconda
prestazione, fit risolto in senso positivo dalle Sezioni Unite di questa Corte con la seni. n. 8433 del 4
maggio 2004. Tuttavia, la più recente giurisprudenza – superando motivatamente l’orientamento
inizialmente espresso con la ,sent. n. 2785 del 2008 – ha sottolineato che il requisito contributivo non
può essere integrato con l’accredito di contributi figurativi per i periodi di godimento della pensione
di invalidità nei quali (come nel caso di specie) non sia stata prestata attività lavorativa (cfr. Cass.
.sent. n. 18580 del 2008, n. 5646 del 2009). Tale indirizzo interpretativo appare sicuramente
condivisibile in quanto valorizza – per giustificare l’inapplicabilità, ai fini della trasformazione della
pensione di invalidità, della disciplina dettata dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, nella parte
in cui considera utili, ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia, i periodi di godimento
dell’assegno di invalidità nei quali non sia stata prestata attività lavorativa – alcuni decisivi dati
sistematici quali la mancanza di ogni previsione di identico contenuto nella normativa sulla
pensione di invalidità, il carattere eccezionale delle disposizioni che, nell’ordinamento
previdenziale, attribuiscono incrementi dell’anzianità assicurativa e contributiva in mancanza di
prestazione di attività lavorativa e di versamento di contributi, nonché le differenze esistenti tra la
disciplina della pensione di invalidità e quella dell’assegno di invalidità: cambiano, infatti, nella L.
n. 222 del 1984 cit., le condizioni relative alla misura dello stato invalidante, giacché la riduzione

3

e 6 d.lgs n. 503/92.

R.G. n. 16338/11
Ud. 13.12.2012

della capacità di “guadagno” prevista per la pensione investiva un ambito di operatività più ampio
rispetto alla riduzione della capacità di “lavoro” prevista per l’assegno (art. 1, comma 1); la
pensione di invalidità era prestazione a carattere defìnitivo„soggetta solo a revoca per riacquisto

confermarle su domanda dell’interessato (art. 1, comma 7); la pensione è reversibile ai superstiti
mentre l’assegno non lo è (ari. 1, comma 6); più oneroso è il requisito contributivo, poiché, se per
entrambe le prestazioni è previsto il quinquennio di contribuzione, per l’assegno sono necessari tre
anni di contribuzione nell’ultimo quinquennio (art. 4. ) mentre per la pensione era sufficiente un solo
anno (L. n. 1272 del 1939, art. 9, n. 2, lett. b).
8.

Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente limdato. Deve, infatti, ritenersi errata

l’affermazione della Corte di merito secondo cui, in caso di trasformazione, l’importo della pensione
di vecchiaia non possa essere inferiore a quello della pensione di invalidità; si tratta, infatti, di
previsione valida solo nel regime della trasformazione della prestazione da assegno ordinario di
invalidità, concesso a norma della L. n. 222 del 1984, art. I, in pensione di vecchiaia (Cass. n.
17492/2010); così come solo nel caso di questo altro tipo di tra.slOrmazione trova applicazione la
regola, prevista dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, cominci 10, sulla computabilità come periodi di
contribuzione di quelli di godimento dell’assegno di invalidità, se non vi è stata prestazione di
attività lavorativa (Cass. n. 18580/2008, Cass. n. 21292/2009; più in generale cfr. anche Cass. sez.
unite n. 9492/2004, la quale afferma il principio generale che è consentita la conversione della
pensione di invalidità in pensione di vecchiaia solo ove di questa siano maturati tutti i requisiti
anagrafici e contributivi).
9.

In altre parole, va ribadito il principio secondo cui la richiesta di conversione della

pensione di invalidità ante legem n. 222/84 in pensione di vecchiaia non implica il diritto
dell’assicurato a conservare l’eventuale piìtfavorevole importo economico della prestazione di cui è
titolare, sicché la pensione di vecchiaia, conseguita per effetto della trasformazione, può essere di
importo inferiore a quello della prestazione precedentemente goduta (cfr. da ultimo Cctss. n.
3855/2011).
10.

Per lutto quanto sopra considerato, si
PROPONE

accoglimento del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 n. 5 cp.c.”.

4

della capacità di guadagno (R.D.L. n. 636 del 1939, art. 10), mentre l’assegno ha durata triennale,

R.G. n. 16338/11
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II – Ritiene questa Corte che al proposto accoglimento del ricorso osti la mancanza in atti
dell’avviso di ricevimento della raccomandata di notifica all’intimato, il che importa
inammissibilità dell’impugnazione.

del processo.
1V- Conseguentemente, il ricorso va dichiarato inammissibile.
V — Non è dovuta pronuncia sulle spese, non risultando neppure costituito il contraddittorio per
le anzidette ragioni.
P. Q. M.

La Corte
dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13.12.2012.

III – Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 n. 1 c.p.c. per la definizione camerale

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