Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4568 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 21/02/2020), n.4568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33792-2018 proposto da:

NORDTUBI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN NICOLA DE’ CI SARINI 3,

presso lo studio dell’avvocato LUCA VIANELLO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati TOMMASO LANDI, SIMONA MONTORFANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1968/4/2018 della COMMISSIONE TRIBTUARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 27/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza n. 1968/4/18 depositata in data 27 aprile 2018 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, accoglieva parzialmente l’appello proposto da Nordtubi Srl avverso la sentenza n. 119/5/16 della Commissione tributaria provinciale di Como che aveva a sua volta parzialmente accolto il ricorso della contribuente in relazione alla ripresa a tassazione ai fini IRES, IRAP e IVA racchiusa in un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2015;

2 In particolare, la CTP riteneva fondata la deduzione di alcuni dei costi contestati e rigettava il ricorso nel resto; la CTR accoglieva l’appello sui capi di soccombenza del contribuente, tranne che sui rilievi circa la deducibilità dei costi relativi a fatture per operazioni parzialmente inesistenti e sanzioni;

3 Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo un unico motivo. L’Agenzia delle entrate si è difesa con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con l’unico motivo – dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. da parte della sentenza, per non aver il giudice d’appello rispettato il canone di riparto dell’onere della prova in relazione alle contestate operazioni soggettivamente inesistenti, avendo posto a base della decisione presunzioni non gravi, precise e concordanti;

2.Il motivo è infondato.

2.1 Va ribadito che: “In tema di IVA, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 17619 del 05/07/2018 – Rv. 649610 01; conforme Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 27554 del 30/10/2018 – Rv. 651216 – 01). Parallelamente, quanto alla ripresa per imposte dirette, si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7896 del 20/04/2016 – Rv. 639570)”Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. 7 aprile 2017 n. 9097). “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione.” (Cass. 30 dicembre 2015 n. 26110);

2.2 Nel caso di specie, premesso che la materia del contendere è circoscritta in questa sede alla deducibilità di costi in relazione ad operazioni contestate come oggettivamente inesistenti non per la loro materiale insussistenza ma per sovrafatturazione e sanzioni, la sentenza impugnata si è attenuta al canone giurisprudenziale consolidato di riparto dell’onere della prova in materia. Infatti, era onere dell’Amministrazione dimostrare l’inesistenza oggettiva delle operazioni, desunta da elementi di prova di peso, di segno univoco e in sentenza ad esempio si legge: “la società cartiera Teia Srl emetteva fatture da prestazioni di sponsorizzazione e acquistava a sua volta servizi da altre società riferibili al medesimo soggetto e attraverso la circolazione all’estero venivano restituite in tutto o in parte le somme in contanti ai rispettivi clienti (…) la percentuale delle fatture riprese a tassazione non rappresenta una forfettizzazione, bensì è il risultato della differenza in percentuale delle prestazioni fatturate da Teia ai propri clienti e le somme ad essi retrocesse in contanti”. A fronte di ciò, era onere della contribuente dimostrare, ai fini deduzione IVA dei costi relativi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate nella misura dichiarata, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire integralmente reale un’operazione gonfiata e in misura fittizia. Il ragionamento seguito dalla CTR è immune da vizi logici, e contiene un accertamento in fatto della “sovrafatturazione rispetto al tenore contrattuale, somma la quale poi veniva retrocessa” nella misura indicata in parte qua nell’avviso di accertamento e, a monte, nel p.v.c., adeguatamente motivato, sottratto al sindacato del giudice di legittimità. Più in generale, la censura rivela una critica della decisione del giudice tributario di appello per volerne contestare le valutazioni probatorie, richiedendo a questa Corte una “revisione” del relativo giudizio meritale riservato alla CTR;

3.Conclusivamente il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in Euro per 5.600 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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