Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4567 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4567 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA

sul ricorso 13505-2009 proposto da:
NICOLAZZI ANTONINO NCLNNN59B04G508L, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA EMILIA 88, presso lo studio
dell’avvocato POLLARI MAGLIETTA FABRIZIO GIOVANNI,
che lo rappresenta e difende giusta procura speciale
in calce;
– ricorrente contro

CARUSO VITO CRSVTI39C04G508P, CARUSO ANGELINA, CARUSO
IVANIA, elettivamente domiciliati in ROMA, P.LE
CLODIO 8, presso lo studio dell’avvocato DE LUCA

1

Data pubblicazione: 26/02/2014

MICHELE, rappresentati e difesi dall’avvocato APA
GIUSEPPE giusta mandato speciale a margine;
– controricorrenti nonchè contro

CARUSO ALDO, CARUSO ENRICA, CARUSO ANNAMARIA;

avverso la sentenza n. 936/2008 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, SEZIONE AGRARIA, depositata il
29/12/2008, R.G.N. 875/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/01/2014 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;
udito l’Avvocato FABRIZIO POLLARI MAGLIETTA;
uditQ il P.M. in purgemA

dp1

Snstituto Procuratore

Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

– intimati –

Svolgimento del processo

1. I fratelli Vito, Aldo, Angelina, Ivania, Enrico ed
Annamaria Caruso, quali eredi della madre Maria Antonietta
Mazzuka, proprietaria di un esteso uliveto in Petilia
Policastro, convennero in giudizio dinanzi alla sezione

Nicolazzi per sentire dichiarare simulato il contratto di
affitto da questi stipulato con la loro dante causa,
relativo a detto fondo, come da controdichiarazione scritta
tra le parti e con accertamento dell’esistenza dei soli
dissimulati – ed effettivamente voluti – contratti di
vendita annuali del frutto per gli anni 1999-2004;
resistendo il convenuto, le cui istanze istruttorie furono
rigettate, l’adito tribunale, con sentenza 21.5.04, accolse
la domanda dei ricorrenti, compensando le spese di lite.
Il gravame del Nicolazzi, articolato sull’adduzione
dell’effettiva coltivazione da parte sua del fondo e sulla
doglianza di ingiustizia della mancata ammissione delle
prove articolate sul punto, fu poi respinto dalla sezione
specializzata agraria della corte di appello di Catanzaro,
con sentenza n. 936 del 29.12.08, notificata il 25.3.09:
per la cui cassazione ricorre oggi, affidandosi a tre
motivi, Antonino Nicolazzi, mentre degli intimati i soli
Vito, Angelina ed Ivania Caruso depositano controricorso,
ulteriormente illustrato da memoria.
Motivi della decisione

2. Va premesso che, essendo la sentenza impugnata stata
pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla fattispecie
continua ad applicarsi, nonostante la sua abrogazione (ed
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specializzata agraria del tribunale di Crotone Antonino

in virtù della disciplina transitoria di cui all’art. 58,
comma quinto, della legge 18 giugno 2009, n. 69) l’art.
366-bis cod. proc. civ. e, di tale norma, la rigorosa
interpretazione via via elaborata da questa Corte (Cass. 27
gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887;

23574). Pertanto:
2.1. i motivi riconducibili ai nn. 3 e 4 dell’art. 360
cod. proc. civ. vanno corredati, a pena di inammissibilità,
da quesiti che devono compendiare:
a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito;
b)

la sintetica indicazione della regola di diritto

applicata dal quel giudice;
c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del
ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie
(tra le molte, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n.
2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo
2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704);
d) questioni pertinenti alla ratio decidendi, perché, in
contrario, difetterebbero di decisività (sulla necessità
della pertinenza del quesito, per tutte, v.: Cass. Sez.
Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio
2009, n. 4044; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21
dicembre 2011, n. 27901);
2.2. a corredo dei motivi di vizio motivazionale vanno
poi formulati momenti di sintesi o di riepilogo, che devono
consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo
del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente
4

Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079; Cass. 17 ottobre 2013, n.

ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo,
chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n.

16002; Cass. Sez. Un., l ° ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30
dicembre 2009, ord. n. 27680);
2.3. infine, è sì ammessa la contemporanea formulazione,
col medesimo motivo, di doglianze di violazione di norme di
diritto e di vizio motivazionale, ma soltanto alla
imprescindibile condizione che ciascuna sia accompagnata
dai rispettivi quesiti e momenti di sintesi (per tutte:
Cass. sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre
2011, n. 27649).
3. Va esaminato il primo motivo di ricorso.
3.1. Esso (rubricato “violazione e falsa applicazione di
norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.; in
particolare, violazione e falsa applicazione degli artt.
1417 cod.

civ.

e dell’art.

2722 cod.

ricorrente concluso col seguente quesito:

civ.”)

è dal

dica codesta

Ecc.ma Corte di Cassazione se l limiti alla ammissibilità
della prova per testi fissati in via generale dall’art.
2722 cod.

civ.

e,

con specifico riferimento alla

simulazione, dall’art. 1417 cod. civ., possano applicarsi come affermato dalla Corte di Appello di Catanzaro nella
sentenza oggi impugnata – anche all’ipotesi in cui la
richiesta attività istruttoria non sia diretta a contestare
bensì a confermare il significato e la valenza del negozioH
5

(

l\

sottoscritto e, dunque, ad asseverare la natura reale e
vincolante del contratto che si contesta per simulato.
3.2. Al riguardo, i controricorrenti Vito, Angelina ed
Ivania Caruso, concludono per il difetto di autosufficienza
del mezzo, in difetto di trascrizione dei documenti che si
assumono trascurati, dopo avere evidenziato come la corte

territoriale abbia ritenuto superflua ogni ulteriore
attività istruttoria sia per l’inequivocità delle
espressioni utilizzate nella controdichiarazione scritta a
firma anche di controparte, sia sulla base dei contratti
scritti di vendita del frutto del fondo, sicché la prova ex
adverso

invocata era diretta a dimostrare proprio la

simulazione di questi ultimi.
3.3. Il motivo è inammissibile.
3.3.1. In primo luogo, il quesito a suo corredo non è
conforme ai rigorosi requisiti richiesti dalla
giurisprudenza sopra ricordata al punto 2, perché è
apodittico e generico quanto alla regola generale che si
assume violata, mentre non dà adeguato conto né delle
peculiarità del caso concreto, né della regola che si
sostiene essere stata malamente applicata.
3.3.2. In secondo luogo, esso verte sulla mancata
considerazione di prova documentale e sulla negata
ammissione di prova per testi, ma nel tenore testuale del
motivo non è riportata la trascrizione dei documenti e dei
capitoli di prova.
Eppure, quanto alla pretermissione di documenti, è
giurisprudenza consolidata di questa Corte che

il

ricorrente che si dolga dell’omessa valutazione di un

(Ìi
6

documento o di risultanze probatorie o processuali, ha
l’onere di indicare specificamente il contenuto del
documento trascurato od erroneamente interpretato dal
giudice di merito, provvedendo alla sua trascrizione, al
fine di consentire al giudice di legittimità il controllo

prove stesse, che questa Suprema Corte deve essere in grado
di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto,
alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini
integrative (con principio affermato ai sensi dell’art.
360-bis, comma l, cod. proc. civ.: Cass., ord. 30 luglio
2010, n. 17915; successivamente, v., tra molte altre, Cass.
31 luglio 2012, n. 13677).
Ma ad analoga conclusione si deve pervenire in ordine
alla mancata ammissione di quel mezzo istruttorio,
dell’istanza del quale si indica sì la sede processuale di
formulazione, ma senza la trascrizione del medesimo, così
negando a questa Corte la stessa possibilità di valutare
l’oggetto della doglianza formulata: infatti, il ricorrente
che, in sede di legittimità, denunci la mancata ammissione
di una prova testimoniale da parte del giudice di merito ha
l’onere di indicare specificamente le circostanze che
formavano oggetto della prova, al fine di consentire al
giudice di legittimità il controllo della decisività dei
fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che la Corte
di cassazione deve essere in grado di compiere solo sulla
base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune
non è consentito sopperire con indagini integrative

7

della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle

(giurisprudenza costante; tra le ultime, v. Cass. Sez. Un.,
22 dicembre 2011, n. 28336).
3.4. Pertanto, non può sindacarsi in questa sede la
mancata considerazione degli elementi istruttori addotti
dall’odierno ricorrente a confutazione della tesi della

prova della simulazione dell’affitto e della dissimulazione
della vendita del frutto.
4. Va ora esaminato il secondo motivo di ricorso.
4.1. Con esso (rubricato “violazione e falsa
applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, n.
3, cpc., in particolare, violazione e falsa applicazione
dell’art. 421 cpc”) è formulato in conclusione il seguente
quesito:

dica codesta Ecc.ma Corte di Cassazione se nei

procedimenti regolati dagli artt. 409 e seguenti cod. proc.
cív. quale quello in esame, 11 Giudice del merito in virtù
del più ampi poteri istruttori allo stesso conferiti
dall’art. 421 cpc, può ammettere le prove testimoniali
anche oltre i limiti stabiliti dal codice civile e,
segnatamente, oltre quelli imposti in materia di
simulazione dall’art. 1417 cod. civ., con conseguente
erroneità del richiamo alla disciplina contenuta in tale
ultima norma operato dalla Corte di Appello di Catanzaro.
4.2. Al riguardo, i controricorrenti ribadiscono la
correttezza della valutazione, da parte della corte
territoriale, della piena sufficienza delle prove già
acquisite in ordine alla simulazione dell’affitto, per poi
porre in luce, anche in questo caso, il difetto di

8

piena sufficienza di quelli già acquisiti, ai fini della

autosufficienza per mancata trascrizione dei documenti e
dei capitoli di prova.
4.3. Il secondo motivo è inammissibile.
4.3.1. In primo luogo, il quesito a suo corredo non è
conforme ai rigorosi requisiti richiesti dalla

apodittico e generico quanto alla regola generale che si
assume violata, mentre non dà adeguato conto né delle
peculiarità del caso concreto, né della regola che si
sostiene essere stata malamente applicata.
4.3.2. In secondo luogo, va formulata anche al suo
riguardo la valutazione di imperfetta formulazione del
ricorso già illustrata al precedente punto 3.3.2.
4.4. D’altra parte:
– è ben vero che, ai fini della prova della simulazione
inter partes nelle controversie soggette al rito del lavoro
(e, quindi, pure nelle controversie agrarie), è in facoltà
del giudice ammettere ogni mezzo di prova anche al di fuori
dello specifico limite della prova testimoniale (e,
correlativamente, di quella presuntiva) ai sensi dell’art.
1417 cod. civ., in quanto l’art. 421 cod. proc. civ. – nel
consentire al giudice, nell’ambito del rito suindicato, di
ammettere mezzi di prova senza i limiti fissati dal codice
civile – si riferisce ai limiti stabiliti per la prova
testimoniale dalle relative disposizioni generali degli
artt. 2721, 2722 e 2723, alle quali si ricollega l’art.
1417 citato, che, d’altronde, fa applicazione, in tema di
simulazione, della regola generale, di cui al menzionato
art. 2722, dell’inammissibilità della prova testimoniale di
9

giurisprudenza sopra ricordata al punto 2, perché è

patti contrari al contenuto di un documento (Cass. l
dicembre 1983, n. 7197); e tanto con la precisazione che il
medesimo art. 421 cpv. cod. proc. civ. si riferisce non ai
requisiti di forma previsti dal codice per alcuni tipi di
contratto (sia

ad substantiam che

ad probationem),

ma ai

via generale, negli articoli 2721, 2722 e 2723 cod. civ.
(da ultimo: Cass. 29 luglio 2009, n. 17614);
e tuttavia, il potere del giudice del lavoro di
ammettere mezzi di prova in deroga ai limiti posti dal
codice civile – quale specificamente il divieto di cui
all’art. 2721 di ammissione di prova per testimoni su patti
aggiunti o contrari al contenuto di un documento -,
previsto dall’art. 421, secondo comma, cod. proc. civ., ha
carattere discrezionale e quindi la determinazione assunta
dal giudice di merito di ammettere o meno la prova, così
come quella di tenere conto o no della prova assunta al di
fuori dei suddetti limiti, si sottrae al sindacato di
legittimità (Cass. 2 dicembre 1996, n. 10739);
– pertanto, la valutazione di totale sufficienza del
materiale probatorio già raccolto – e segnatamente della
controdichiarazione scritta, della cui interpretazione
l’odierno ricorrente non si è validamente doluto neppure in
sede di appello, come rimarcato dalla corte territoriale
con argomento non attinto da valida censura in questa sede
– ai fini della prova della simulazione non è inficiata
dalla determinazione della corte territoriale, quand’anche
basata su di un presupposto di diritto non conforme alla
costante interpretazione di questa Corte in tema di poteri
10

limiti fissati da detto codice alla prova testimoniale, in

ufficiosi del giudice nel rito del lavoro, di non avvalersi
della potestà di ammetterli al di là dei limiti previsti
dal codice civile.
4.5. E tanto a prescindere dall’ulteriore indagine
sull’insussistenza di valida censura dell’affermazione di

della prova della simulazione, affermazione che potrebbe di
per sé costituire autonoma

ratio decidendl della reiezione

delle istanze istruttorie dell’odierno ricorrente e,
quindi, necessitare – a pena di inammissibilità – di una
specifica impugnativa, che non risulta validamente formata.
5. Va, a questo punto, esaminato il terzo motivo.
5.1. Con esso il ricorrente si duole di un duplice vizio
motivazionale,

riepilogandolo

sotto

il

profilo

di

insufficienza o contraddittorietà dell’asserzione di
irrilevanza dei documenti prodotti, siccome aventi ad
oggetto fatti diversi dalle condotte delle parti successive
al contratto, nonché sotto quello di insufficienza o
contraddittorietà dell’esclusione di rilevanza allo
specifico scopo della controdichiarazione scritta, addotto
da esso ricorrente, basata su argomentazioni giuridiche che
non tenevano conto del contesto sociale in cui erano stati
stipulati i contratti.
5.2. In merito, i controricorrenti ribattono che anche i
documenti avrebbero ad oggetto proprio la condotta delle
parti e, in quanto tali, si imbattono nella preclusione
comminata dalla giurisprudenza richiamata dalla corte
territoriale, mentre manca ogni contestazione in questa
sede al rilievo di inammissibilità delle doglianze in
11

sufficienza del materiale probatorio già raccolto ai fini

appello sul ruolo della controdichiarazione scritta del
24.11.99.
5.3. Il motivo in esame è in parte inammissibile ed in
parte infondato.
5.3.1. Esso è inammissibile quanto alla doglianza sul

simulato affittuario, perché non si fa carico della chiara
sanzione di inammissibilità, per genericità del motivo di
appello, della censura mossa dal Nicolazzi davanti allo
stesso giudice di appello: così risultando la disamina del
merito di quest’ultima operata

ad abundantiam

(se non

perfino preclusa dall’irretrattabilità della soluzione del
primo giudice, derivante da giudicato interno).
5.3.2.

Esso

è

infondato,

poi,

già

solo

nella

prospettazione del ricorrente, quanto al profilo del
riferimento della prova – di cui pure non si può apprezzare
il contenuto, attesa la vista mancata integrale
trascrizione – non alla condotta delle parti successiva al
contratto, ma all’attività di ispezione e certificazione di
un terzo, visto che, con tutta evidenza, proprio tale
ultima attività non potrebbe avere ad oggetto altro che la
condotta delle parti.
6. In conclusione, l’inammissibilità o l’infondatezza di
tutti i motivi impone il rigetto del ricorso e la condanna
del soccombente ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, tra
loro in solido per la comunanza di posizione processuale.
P. Q. M.

12

senso da attribuire alla controdichiarazione scritta del

La Corte rigetta il ricorso; condanna Antonino Nicolazzi
al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in
favore dei controricorrenti Vito, Angelina ed Ivania
Caruso, tra loro in solido, liquidate in C 4.200,00, di cui
200,00 per esborsi.

terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 16 gennaio 2014.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

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