Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4567 del 22/02/2017

Cassazione civile, sez. trib., 22/02/2017, (ud. 25/11/2016, dep.22/02/2017),  n. 4567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4531-2011 proposto da:

G.M.F., elettivamente domiciliata in ROMA VIA TIRSO

90, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PATRIZI, che la

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

CONCESSIONARIA EQUITALIA GERIT SPA in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE VARI’, che lo

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 152/2009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 22/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/11/2016 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

udito per il controricorrente l’Avvocato VARI’ che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.M.F. adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Roma per l’annullamento del provvedimento di fermo amministrativo di veicolo con il quale le veniva intimato di pagare, entro 20 giorni, la somma di Euro 3.162,93, deducendo l’illegittimità per mancata notifica di n. 8 cartelle di pagamento presupposte. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso e annullava il provvedimento impugnato. Equitalia Gerit S.p.A. proponeva impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, in riforma della sentenza impugnata, rigettava il ricorso proposto dalla contribuente. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione G.M.F., svolgendo due motivi. Ha resistito Equitalia Gerit S.p.A. con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Il Collegio ha disposto, come da decreto del Primo Presidente del 14.9.2016, che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Con i due motivi di ricorso, illustrati congiuntamente, G.M.F. censura le sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Difetto della motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 350 c.p.c., n. 5); ed in ogni caso per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e dell’art. 139 c.p.c., comma 2, come interpretati da codesta Ecc.ma Corte (art. 360 c.p.c., n. 3)”. La ricorrente rileva il difetto assoluto di motivazione della decisione impugnata, in quanto il giudice di appello avrebbe omesso di motivare sulle ragioni che hanno portato a ritenere provata la notifica, per di più giuridicamente valida, delle cartelle esattoriali. Deduce, altresì, violazione di legge, nel caso si ritenesse sussistere una implicita motivazione, per avere il giudice di secondo grado, in difformità della giurisprudenza di legittimità, ritenuto valide le notifiche delle cartelle presupposte, benchè eseguite in violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 con consegna al portiere in mancanza dell’attestazione da parte del notificatore dell’assenza del destinatario e di soggetti rientranti nelle categorie contemplate dall’art. 139 c.p.c., comma 2.

2. I motivi di ricorso, per evidente connessione, vanno trattati congiuntamente.

Le censure sono inammissibili sotto vari profili.

Va preliminarmente evidenziato che in tema di ricorso per cassazione, la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione intrinsecamente eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate sotto i nn. 3 e 5 art. 360 cod. proc. civ., comma 1 mostra di non tenere conto dell’impossibilità della individuazione della medesima questione sotto profili incompatibili. In tal modo, si rimette alla Corte il compito di isolare le singole censure, teoricamente suscettibili di valutazione, onde ricondurle poi ad uno dei mezzi di impugnazione enunciati in rubrica, assegnando al giudice di legittimità il ruolo di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, sovvertendo i ruoli dei diversi soggetti del processo, e rendendo il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di immaginare le ragioni che il giudice pone a sostegno della decisione, enuncleandole dalla generica esposizione illustrata in atti (Cass. Sez. 1, n. 19443 del 2011; Cass. Sez.3, n. 12248 del 2013; Cass. sez. 2, n. 9723 del 2013).

La medesima questione, inoltre, è stata inammissibilmente dedotta in termini di violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione ai quali si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e contestualmente del vizio di motivazione, che, invece, presuppone l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio.

Le censure sono, altresì, inammissibili per totale carenza di autosufficienza. Nel caso di specie, con riferimento ad entrambi i motivi di censura, parte ricorrente ha mancato di ottemperare all’onere di autosufficienza gravante ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto non si è data cura di riprodurre il contenuto degli atti che sorreggono le doglianze proposte, nè di operarne altrimenti la trascrizione, nè ha riprodotto i punti salienti del provvedimento di fermo amministrativo, nè delle cartelle di pagamento che si asserisce non essere state mai notificate, nè dei nove avvisi di ricevimento, di cui si rileva la mancata corrispondenza ai numeri delle cartelle oggetto del giudizio.

Il ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza, deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, permettere la valutazione della fondatezza delle ragioni del ricorrente, senza necessità di fare rinvio a fonti esterne allo stesso ricorso e quindi ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito; ne consegue che il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato, mediante la produzione diretta del documento che sorregge la censura, oppure attraverso la produzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta produzione (Cass., Sez. 5, n. 14784 del 2015; Cass. Sez. 5, n. 19410 del 2015; Cass. Sez. 5, n. 23575 del 2015; Cass. Sez.1, n. 195 del 2016). Onere processuale a cui la parte ricorrente non ha ottemperato.

3. Il ricorso è, conclusivamente, rigettato; la parte soccombente va condannata alle spese del giudizio di legittimità in favore della controparte.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna G.M.F. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controparte, liquidate in Euro 1000,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori se dovuti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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