Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4567 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 21/02/2020), n.4567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29541-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

N.C. SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALDO

ALTO-MARE;

– resistente –

avverso la sentenza n. 200/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO, depositata il 05/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1.Con sentenza n. 200/5/18 depositata in data 5 marzo 2018 la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 83/1/17 della Commissione tributaria provinciale di Chieti che aveva accolto il ricorso della N.C. Srl contro un avviso di accertamento per II.DD. e IRAP 2012 emesso in quanto un elemento di costo non era stato ritenuto inerente e pertanto deducibile.

2.La CTR riteneva di condividere le ragioni poste a base della decisione di primo grado, ritenendo il costo inerente e, avverso tale decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso, affidato a due motivi. La contribuente ha depositato mera procura.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo – dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4- l’Agenzia ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per apparenza della motivazione espressa nella decisione censurata, che non spiegherebbe le ragioni del rigetto dell’appello; 1.1 II motivo è infondato.

1.2 La Corte reitera l’insegnamento secondo cui “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232); rammenta inoltre che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053);

1.3 Nel caso di specie la ratio decidendi a sostegno del rigetto è evincibile, ed è incentrata sull’applicazione al caso concreto del canone dell’onere della prova. La CTR ha ritenuto che il costo, il pagamento di una somma avente titolo in un contratto di transazione, fosse collegato all’attività di impresa, in quanto facente riferimento all’immobile utilizzato dalla società in Altino ad uso di commercio all’ingrosso e deposito, escludendo la prova contraria da parte dell’Agenzia;

2.Con il secondo motivo – dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3- per violazione e falsa applicazione dell’art. 109 T.U.I.R., comma 5, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 1 e D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, nonchè 2697 c.c. per aver la CTR ritenuta dimostrata l’inerenza sulla base del mero fatto giuridico del pagamento da parte della contribuente della somma per cui è causa sulla base di titolo negoziale di contenuto incerto;

2.1 Il motivo è infondato.

2.2 Vanno reiterati i principi secondo i quali “In tema di redditi di impresa, la deducibilità dei costi inerenti all’attività di impresa va apprezzata secondo un giudizio di tipo qualitativo, con la conseguenza non rilevano valutazioni in termini di utilità o di vantaggio, afferenti ad un giudizio quantitativo, e neppure in termini di congruità del costo. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto deducibile, in quanto inerente all’attività esercitata, la percentuale aggiuntiva di fatturato che la contribuente era tenuta contrattualmente a corrispondere alla società controllante in caso di mancato raggiungimento di un certo numero annuale di acquisti, a copertura dei costi fissi sostenuti dalla fornitrice) nel caso di specie in effetti il motivo di ricorso non riporta un passaggio apprezzabile della sentenza impugnata, limitandosi a citare il breve inciso sopra riportato nell’identificazione del motivo, ponendosi così al limite già nella sua formulazione” (Cass., Sez. 5 -, Ordinanza n. 22938 del 26/09/2018, Rv. 650335 – 01).”/n tema di imposta sui redditi d’impresa, il principio dell’inerenza esprime la riferibilità dei costi sostenuti all’attività d’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea, e, infatti, quale vincolo alla deducibilità dei costi, non discende dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5 (attuale art. 109, comma 5), che concerne il diverso principio dell’indeducibilità dei costi relativi a ricavi esenti (ferma l’inerenza), cioè la correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili. Da ciò consegue che l’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, scevro dai riferimenti ai concetti di utilità o vantaggio, afferenti ad un giudizio quantitativo, e deve essere distinta anche dalla nozione di congruità del costo, anche se l’antieconomicità e l’incongruità della spesa possono essere indici rivelatori del difetto di inerenza.” (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 27786 del 31/10/2018, Rv. 651406 – 01);

2.3 Nel caso di specie la CTR si è sostanzialmente attenuta ai principi giurisprudenziali sopra richiamati, in quanto ha ritenuto, sulla base di un accertamento in fatto assolto l’onere della prova dell’inerenza da parte della contribuente, individuando nel caso concreto il titolo del costo, una transazione, ritenuto logicamente collegato con l’attività di impresa, facendo riferimento la transazione alla necessità di prevenire una lite in riferimento ad immobile utilizzato dalla contribuente in Altino ad uso di commercio all’ingrosso e deposito di oli e grassi alimentari, suo oggetto sociale come si legge nello stesso ricorso, ed escludendo la prova del contrario da parte dell’Agenzia, nel pieno rispetto dei principi di diritto sopra richiamati;

3.Per tutte le concorrenti ragioni esposte il ricorso va rigettato e, in assenza di attività difensiva effettiva della contribuente, non vanno liquidate spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 21 febbraio 2020

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