Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4566 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/02/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 19/02/2021), n.4566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3949-2015 proposto da:

INARCASSA CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PER GLI

INGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25-B, presso lo studio degli avvocati FRANCESCO GIAMMARIA e

IOLANDA GENTILE, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente principale –

V.A.M., S.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE MAZZINI 145, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GARAU,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GABRIELE

SPIZUOCO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1294/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/11/2014 R.G.N. 798/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. BUFFA FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e rigetto degli altri ricorsi;

udito l’Avvocato IOLANDA GENTILE;

udito l’Avvocato ALBERTO SPIZUOCO per delega verbale Avvocato

GABRIELE SPIZUOCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 28.11.14, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza del tribunale di Ravenna del 19.9.08, che aveva riconosciuto il diritto di V.A. -quale erede dell’ingegnere S.E. – a ricevere la somma di oltre Euro39.000, a titolo di restituzione contribuzione previdenziale già versata dal de cuius (il quale non aveva maturato il diritto a pensione). La corte territoriale ha poi dichiarato non dovuta la somma di circa di Euro 3 mila richiesta da Inarcassa. Per altro verso la sentenza ha rigettato la domanda di S.A., per difetto dei requisiti soggettivi previsti dallo statuto della Cassa per beneficiare della restituzione contributiva.

2. In particolare, la corte territoriale, nel rilevare che lo statuto Inarcassa -che prevedeva il diritto del pensionato alla restituzione dei contributi quando, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, non avesse maturato il diritto a pensione- era stato modificato nel luglio 2005 con l’esclusione del rimborso, riteneva che tale modifica contrastasse con la regola del pro-rata di cui alla L. n. 355 del 1995, art. 13, comma 2, sicchè andava disapplicato.

3. Avverso tale sentenza ricorre Inarcassa per due motivi, cui resistono con controricorso i signori V. e S., i quali propongono ricorso incidentale condizionato; la sig.ra V. propone altresì ricorso incidentale autonomo per due motivi, rispetto ai quali la Cassa è rimasta intimata. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo del ricorso principale, si deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 335 del 1995, artt. 1 e 2, e art. 3, comma 12, per avere la sentenza impugnata trascurato che il principio del pro rata non trova applicazione nell’ipotesi di restituzione dei contributi, essendo previsto solo con riguardo alle modalità di determinazione delle prestazioni previdenziali, mirando alla salvaguardia dell’anzianità contributiva maturata dal lavoratore.

5. Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3 comma 12, della L. n. 296 del 2006, art. 1 comma 763, della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 48, per avere la sentenza impugnata trascurato che la disciplina su richiamata aveva fatto salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di previdenza prima dell’entrata in vigore della legge del 2006, qualificandoli espressamente come legittimi ed efficaci (in quanto finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine).

6. I controricorrenti propongono cloro volta ricorso incidentale condizionato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 504 del 1994, art. 3, del ripetuto la L. n. 6 del 1981, art. 3, comma 12, art. 20 e dell’art. 15 delle preleggi, per avere la sentenza impugnata trascurato che le disposizioni regolamentari della Cassa non potevano derogare a disposizioni collocate a livello primario (e in particolare alla norma dell’art. 20 suddetto che prevedeva il diritto alla restituzione dei contributi), per aver trascurato che la modificazione regolamentare era stata approvata dopo che l’assistito era stato cancellato dalla cassa, per avere trascurato che la norma in materia statutaria sulla restituzione dei contributi non era stata affatto abrogata nè poteva esserlo per effetto di una disposizione che aveva oltrepassato il limite della ragionevolezza ed era inoltre gravemente discriminatoria ove riferita ai diritti dei superstiti e non dei soli iscritti. Con ricorso incidentale condizionato si chiedeva altresì accertarsi il diritto alla restituzione dei contributi fino al 2004, oltre interessi, in applicazione dell’art. 42.9 dello Statuto in favore di entrambi i ricorrenti incidentali iure ereditario ovvero in favore della sola signora V. iure proprio. Si spiegava altresì in via incidentale condizionata azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c..

7. Infine, la signora V. spiegava ricorso incidentale autonomo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere la sentenza impugnata compensato le spese per la complessità della fattispecie ed il succedersi di norme di difficile interpretazione, rendendo in tal modo una motivazione apparente che non teneva conto del fatto che la vicenda era addebitabile integralmente ad Inarcassa e alla modifica dello Statuto disposto dalla stessa. Veniva altresì proposto ricorso incidentale autonomo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia della Corte d’Appello sulla domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria.

8. Occorre premettere che sulla domanda della Cassa di pagamento della somma pari al 95% dell’importo di Euro 3.383,10 si è formato giudicato interno, non essendo stato il rigetto della domanda pronunciato dal tribunale oggetto di specifica impugnazione in appello da parte della Cassa.

9. Fermo quanto detto, il ricorso principale è fondato.

10. Occorre premettere che l’eliminazione del rimborso contributivo è legittimamente effettuata dalla Cassa. Questa Corte, infatti, ha da tempo affermato (Cass. Sez. L, Sentenza n. 24202 del 16/11/2009, Rv. 613547 – 01), che, in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense), nell’esercizio della propria autonomia, che li abilita a derogare od abrogare disposizioni di legge in funzione dell’obbiettivo di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, possono adottare misure prevedenti, fermo restando il sistema retributivo di calcolo della pensione, la facoltà di optare per il sistema contributivo a condizioni di maggior favore per gli iscritti, stabilendo, al contempo, la non restituibilità dei contributi legittimamente versati, con abrogazione della precedente disposizione di cui alla L. n. 570 del 1980, art. 21, nel rispetto dei limiti dell’autonomia degli enti (quali la previsione tassativa dei tipi di provvedimento che gli enti sono abilitati ad adottare ed il principio del “pro rata”), senza che ne consegua la lesione di diritti quesiti o di legittime aspettative o dell’affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica.

11. Nel ribadire la legittimità della previsione che stabilisce il divieto di rimborso dei contributi, si è inoltre (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4980 del 02/03/2018, Rv. 647476 – 01) rilevato che l’anzidetta delegificazione trova fondamento nella L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, che, nella sua originaria formulazione, attribuisce agli enti previdenziali privatizzati il potere di adottare atti idonei ad incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata.

12. Quanto allo specifico istituto della restituzione dei contributi, la detta sentenza ha osservato, alla luce di Corte costituzionale n. 404/2000, che l’istituto della restituzione dei contributi -che costituiva un tratto peculiare della previdenza dei liberi professionisti, che non trovava corrispondenza nel regime dell’assicurazione generale obbligatoria nel quale vige l’opposto principio dell’acquisizione alla gestione previdenziale di appartenenza dei contributi debitamente versati, nonostante che gli stessi non siano utili per l’insorgenza di alcun trattamento pensionistico- va contemperato con il principio solidaristico che, nel rappresentare l’impronta caratteristica della previdenza obbligatoria generale, tende, come più volte evidenziato dalla Corte (tra le altre, vedi sentenze n. 450 del 1993 e n. 390 del 1995), ad ispirare ormai anche la previdenza dei liberi professionisti (almeno secondo il modello in essa più diffuso, nel quale detto principio, sia pure con valenza endocategoriale, normalmente concorre, combinandosi con quello di corrispettività tra contribuzione e prestazioni, a garantire, a tutti i membri della categoria, una prestazione minima).

13. Nè può ritenersi che l’esclusione della restituzione dei contributi contrasti con il principio del pro-rata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, atteso che il detto principio riguarda in via esclusiva le modalità di determinazione delle prestazioni pensionistiche e non invece la diversa fattispecie relativa alla restituzione dei contributi. Infatti, la modifica della disciplina del rimborso non ha attinenza con il pro-rata perchè qui la prestazione restitutoria nasce in un dato momento (correlato alla presentazione della domanda di rimborso, come detto) con riguardo a tutti i contributi versati fino a quel momento, laddove la disciplina del pro-rata riguarda prestazioni la cui entità matura progressivamente nel tempo; in altri termini, l’istituto della restituzione dei contributi non integra una prestazione previdenziale rispetto alla quale possa parlarsi di anzianità già maturate.

14. Analoghe considerazioni valgono ad escludere la retroattività della disciplina regolamentare della Cassa nell’esclusione della restituzione dei contributi, ove manchi una domanda di rimborso contributivo precedente alla modifica normativa e dunque non vi è l’applicazione retroattiva di quest’ultima a domande restitutorie formulate prima della sua entrata in vigore.

15. Ciò posto in linea generale in ordine alla legittimità delle previsioni regolamentari in materia, va rilevato che questa Corte ha esaminato una fattispecie analoga a quella oggi in esame nelle sentenze n. 9290 del 2016 e n. 12880 del 2020, con soluzione, cui il Collegio intende dare continuità, che determina l’accoglimento del ricorso principale.

16. In materia di restituzione dei contributi, occorre rilevare che la restituzione dei contributi non spetta automaticamente in favore del professionista che si cancelli dalla cassa, essendo la restituzione una facoltà concessa allo stesso (che potrebbe decidere di non esercitarla, magari prevedendo in futuro nuova iscrizione o volendo beneficiare di altre prestazioni in luogo della pensione non maturata). In tale contesto, risulta fondamentale la proposizione della domanda da parte dell’assistito, atteso che la domanda non solo è presupposto necessario del procedimento amministrativo previdenziale, ma reca la manifestazione di volontà dell’assistito circa la scelta definitiva di non accumulare più i versamenti contributivi effettuati ai fini della corresponsione di eventuali prestazioni; resta irrilevante invece la mera cessazione di fatto dell’attività professionale ovvero la cancellazione dalla cassa o dall’albo dei professionisti, che in sè nulla dicono circa la sorte che l’assistito vuol riservare ai contributi versati (che ancora possono essere mantenuti in vista di futura reiscrizione o ripresa dell’attività), occorrendo allo scopo la manifestazione definitiva dell’opzione dell’assistito nei termini su indicati (e dunque con la presentazione della domanda amministrativa di restituzione).

17. L’importanza decisiva della presentazione della domanda di rimborso emerge da Cass. Sez. L, Sentenza n. 9290 del 09/05/2016, Rv. 639594 – 01 (il cui principio è stato poi ribadito più di recente da Cass. Sez. L, sentenza n. 12880 del 26/6/2020, con specifico riferimento alla Inarcassa), secondo la quale, in tema di previdenza per ingegneri e architetti, la L. n. 6 del 1981, art. 1, che prevede l’attribuzione della pensione previa domanda degli aventi diritto, va interpretato nel senso che la presentazione di una apposita domanda costituisce un requisito necessario non solo per l’erogazione dei trattamenti pensionistici ma anche per la restituzione dei contributi versati, sicchè deve ritenersi priva di effetto una domanda di rimborso proposta successivamente alla modifica statutaria che ha soppresso l’istituto restitutorio.

18. Nel caso di specie, l’iscritto alla Cassa, che al compimento del 65 anno di età non aveva ancora maturato i requisiti per la pensione, non ha presentato domanda di restituzione dei contributi, ha cessato la propria attività il 20 settembre 2005 ed è deceduto pochi giorni dopo, in epoca successiva alla modifica dello Statuto INARCASSA (approvata il 22 luglio 2005 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2005) che, eliminando l’istituto della restituzione, ha introdotto -a date condizioni- una diversa “prestazione previdenziale contributiva reversibile”.

19. Ne deriva che la restituzione dei contributi versati è beneficio (già previsto, ma ormai) non più esistente nel regime previdenziale di Inarcassa. D’altro canto, non essendo stata presentata tempestiva domanda da parte dell’assistito, allo stesso non competeva il diritto al rimborso dei contributi versati.

20. Va pure ricordato che questa Corte di legittimità, in un caso riguardante la Cassa dei Geometri, con soluzione che può adattarsi anche alla fattispecie in esame, ha già statuito che l’impossibilità, di fatto, per gli eredi di ottenere il rimborso, per essere il professionista deceduto senza aver avanzato domanda di restituzione prima della data di entrata in vigore della L. n. 236 del 1990, non vale a costituire in loro favore alcun diritto verso la Cassa. Infatti, Cass. Sez. L, Sentenza n. 2762 del 08/02/2006 (Rv. 587204 – 01) ha in proposito affermato che la L. n. 236 del 1990, art. 6, abrogando la L. n. 773 del 1982, art. 21, ha escluso il rimborso a favore di superstiti dell’iscritto alla Cassa di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti che non abbia maturato il diritto a pensione. L’impossibilità, di fatto, per gli eredi di ottenere il rimborso, per essere il professionista deceduto prima di aver raggiunto il 65 anno di età senza aver avanzato domanda di restituzione prima della data di entrata in vigore della L. n. 236 del 1990, non vale a costituire in loro favore alcun diritto verso la Cassa. La norma si riferisce genericamente agli aventi diritto e non distingue la posizione dell’iscritto da quella dei superstiti, richiedendo, per entrambi, che la domanda di restituzione sia stata presentata prima dell’entrata in vigore della L. n. 236 del 1990, con disposizione non censurabile, sotto il profilo della non ragionevolezza, posto che gli eredi subentrano nella posizione giuridica del defunto, nè per il profilo della mancata riproduzione della disposizione novellata, rientrando nella discrezionalità del legislatore determinare condizioni e modalità del diritto al rimborso dei contributi versati all’ente di previdenza. Il medesimo principio è stato poi ribadito da Cass. Sez. L, Sentenza n. 4163 del 21/02/2011 (Rv. 616161 – 01).

21. Il ricorso incidentale condizionato ed il ricorso incidentale autonomo vanno qualificati quale unico ricorso incidentale, recante motivi diversi.

22. I motivi del ricorso incidentale che attengono alla restituzione integrale dei contributi vanno disattesi alla luce delle considerazioni su esposte, in ragione da un lato della legittimità della eliminazione regolamentare del rimborso contributivo e dall’altro lato in quanto il diritto iure hereditatis dei superstiti non è mai sorto perchè mai è stata esercitata l’opzione alla restituzione integrale dei contributi da parte del dante causa.

23. Per quanto invece attiene al motivo del ricorso incidentale con il quale si chiede accertarsi jure proprio il diritto alla restituzione dei contributi fino al 2004, oltre interessi, in applicazione dell’art. 42.9 dello Statuto, e con il quale si spiega altresì in via incidentale condizionata azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c., deve rilevarsi che il motivo è inammissibile, alla luce della considerazione che il motivo riguarda questioni assorbite dal giudice d’appello per essere la parte che le aveva proposte già totalmente vittoriosa in quella sede: infatti, come già precisato da questa Corte (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 11270 del 12/06/2020, Rv. 658152 – 02; Sez. 3 -, Ordinanza n. 4003 del 18/02/2020; Sez. 5 -, Sentenza n. 22095 del 22/09/2017, Rv. 645632 – 01), in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso che proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito bensì a questioni su cui il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione.

24. Resta naturalmente salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, a seguito della cassazione della sentenza.

25. Rimangono invece assorbiti i motivi del ricorso incidentale relativi al governo delle spese.

26. Per tutto quanto detto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso principale (salvo il giudicato già rilevato) e la causa va rinviata alla stessa corte d’appello di Bologna in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso principale, qualificati i ricorsi incidentali quali unico ricorso incidentale, lo dichiara inammissibile nella parte in cui attiene all’an debeatur della prestazione ed assorbito nella parte relativa al governo delle spese.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti parte processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso medesimo a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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