Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4566 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. III, 11/02/2022, (ud. 15/06/2021, dep. 11/02/2022), n.4566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21064-2019 proposto da:

SACE BT SPA CON UNICO AZIONISTA, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO

FILESI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ASA SPA IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

RASELLA, 155 presso lo studio dell’avvocato MICAEL MONTINARI, che la

rappresenta e difende con l’avvocato MARTINA LUCENTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2733/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/6/2021 dal Consigliere Dott. SCARANO LUIGI ALESSANDRO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23/4/2019 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dalla società Sace BT s.p.a. in relazione alla pronunzia Trib. Roma n. 18662 del 2015, di accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dalla società Asa s.p.a. di pagamento di somma a titolo di “indennizzo assicurativo, sulla base di una polizza stipulata in data 21 aprile 2008, in ragione del mancato incasso di fatture del cliente/debitore Hellenie Fishfarming SA”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Sace BT s.p.a. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la società Asa s.p.a. in liquidazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione degli artt. 1321,1453,1456 e 1901 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente interpretato il contratto di assicurazione per i rischi del credito commerciale in argomento, atteso che “ai fini dell’operatività ed efficacia della garanzia assicurativa in questione… rileva… non il momento di verificazione del sinistro (cioè quando la perdita del credito assume carattere definitivo), ma quello in cui il credito è storto ed è stato trasferito alla compagnia assicurativa, operando per quei sinistri riferibili ad insolvenze di crediti sorti ed assicurati in costanza ed efficacia contrattuale”, sicché “il mancato pagamento della rata di scadenza… ha determinato la sospensione della copertura assicurativa ai sensi dell’art. 1901 c.p.c., comma 1” e “il tenore letterale delle clausole contenute nell’art. 7.4 e 9.1 non si pongono in alcun modo in contrasto con le norme imperative di cui all’art. 1901 e/o 1458 c.c.”, essendosi “conformata al dettato normativo inderogabile nell’esecuzione del contratto, effettuando una corretta interpretazione delle clausole contrattuali”.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto posto in rilievo che in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, la ricorrente non riporta debitamente nel ricorso i richiamati atti e documenti del giudizio di merito posti a fondamento della formulata censura (in particolare, gli artt. “7.4 e 9.1 delle Condizioni generali” dell'”assicurazione contro i rischi del credito commerciale denominato Polizza Multimarket Globale n. 2005/5569/M2239 (cfr. doc. n. 1 del fascicolo di primo grado di A.S.A. s.p.a.)”, la “missiva del 29.01.2009 (cfr. doc. 11 del fascicolo di primo grado di A.S.A. s.p.a.)”, il riscontro all’ISVAP in relazione al reclamo proposto da controparte, il “comportamento tenuto dall’assicurato”, la “denunci di sinistro datata (OMISSIS)”, i “motivi di appello” avverso la sentenza del giudice di prime cure, la “Circolare ISVAP n. 162/1991”), limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente -per la parte strettamente d’interesse in questa sede- riprodurli nel ricorso, ovvero laddove in tutto o in parte riprodotti senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

Orbene, nella specie risulta dalla ricorrente assolto l’onere di c.d. localizzazione, con l’indicazione della presenza della polizza nel fascicolo di 1 grado di controparte, ma la mancata riproduzione del testo delle clausole di cui essa si compone depone per la indebita rimessione a questa Corte della ricerca di quanto idoneo a supportare il motivo.

A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata nell’impugnata decisione (secondo cui, atteso che (come osservato già dal giudice di prime cure) “la durata del contratto era annuale” e il premio da pagare ripartito in tre rate, il “ritardo nel pagamento” in argomento riferendosi solo “alla terza e ultima rata” scadente il 1/12/2008, la quale “ancorché pagata in ritardo” (“con bonifico in data 23 gennaio 2009” è stata in ogni caso “pagata”, con successivo scioglimento del contratto “per consunzione naturale”, la “disposta ex post risoluzione del contratto è in odore di strumentalità al fine di non pagare l’indennizzo per cui bene ha deciso il Tribunale”, in quanto “il fatto di avere disposto la risoluzione del contratto solo dopo avere ricevuto il pagamento della terza rata, di non avere restituito le rate precedenti e di avere esercitato la facoltà di risoluzione del contratto quando lo stesso stava per venire a naturale scadenza è condotta non conforme a buona fede contrattuale e in violazione della norma inderogabile di cui all’art. 1901 c.c., comma 3”) rimangono invero dall’odierna ricorrente non idoneamente censurati.

E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

Senza sottacersi che la censura dall’odierna ricorrente in ordine all’interpretazione del contratto de quo e in particolare delle clausole 7.4. e 9.1 risulta formulata senza nemmeno l’indicazione dei criteri legali d’interpretazione ex artt. 1362 ss. c.c., asseritamente violati (non potendo ritenersi al riguardo esaustivo l’apodittico riferimento (operato come detto in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) al relativo “tenore letterale”) né la deduzione di idonei argomenti a sostegno (tale non potendo considerarsi il del pari apodittico assunto sostanziantesi in realtà in una mera petizione di principio secondo cui la “comminata risoluzione contrattuale… non può considerarsi contraria a buona fede, giacché autorizzata dalle medesime parti, le quali hanno predeterminato l’evento (mancato pagamento del premio o ritardo) attribuendogli una gravità tale da legittimare la Compagnia ad avvalersi della clausola risolutiva”).

Prospettazione quest’ultima comportante una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.

A tale stregua la ratio decidendi dell’impugnata sentenza (come sottolineato anche dal P.G. nelle rassegnate conclusioni scritte invero conforme al principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale è nulla, in forza dell’art. 1932 c.c., la clausola del contratto assicurativo che stabilisce, in caso di mancato pagamento dei premi assicurativi, la loro persistente esigibilità e la decadenza dell’assicurato dal diritto di pretendere l’indennizzo (determinando una sospensione della garanzia non prevista dalla legge), perché essa espone l’assicurato al pagamento del corrispettivo in mancanza di prestazione dell’assicuratore, così derogando, in senso a lui sfavorevole, all’art. 1901 c.c., secondo il quale il mancato pagamento dei premi successivi al primo comporta la sospensione della garanzia assicurativa per il solo periodo a cui si riferisce il premio, fermo restando l’obbligo dell’assicuratore di indennizzare i sinistri verificatisi precedentemente (v., da ultimo, Cass., 11/11/2020, n. 25298)), nonché la ravvisata contrarietà a buona fede o correttezza del comportamento dall’odierna ricorrente nella specie mantenuto, altresì violativo dell’art. 1901 c.c., comma 3, risultano invero non (quantomeno idoneamente) censurate.

Emerge evidente, a tale stregua, come l’odierna ricorrente solleciti in realtà un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo favore della controricorrente, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’eventuale ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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