Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4565 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4565 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA

sul ricorso 13386-2008 proposto da:
MASCITELLI FILOMENA MSCFLN33R51A1500, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresentata

e

MAZZA

difesa

RICCI

dall’avvocato

GIGLIOLA,
PRIGNANO

MARCELLO giusta procura speciale in calce;
– ricorrente –

2014

contro

99

FORTE ANGIOLA DIVINA FRINGL35C41E716L, elettivamente
dumiliata

in

ROMA, VIA AURELIA 190,

preso lo

5túdiz dell’avvoto TC,TA FELI C E, che la raPPrGgenta

1

Data pubblicazione: 26/02/2014

e difende unitamente all’avvocato CONCETTA CINZIA
D’ANGELO giusta procura speciale del Dott. Notaio
LUCIANO MATTIA FOLLIERI in LUCERA 28/3/2012, rep. n.
56787;
– controricorrente

D’APPELLO di BARI, depositata il 06/12/2007, R.G.N.
921+922/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/01/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

avverso la sentenza n. 1254/2007 della CORTE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Ai fini che ancora rilevano nel presente processo, Filomena Mascitelli,
quale coltivatrice diretta e proprietaria confinante di un fondo rustico che
era stato acquistato da Angiola Forte nel 1990, la convenne in giudizio
per sentir accogliere la domanda di riscatto, assumendo di avere titoli di
preferenza rispetto alla Forte, pure proprietaria confinante. La convenuta
contestò la sussistenza dei requisiti in capo all’attrice e chiamò in giudizio

in caso di accoglimento della domanda. Il Tribunale accolse la domanda
di riscatto e la domanda di risarcimento proposta dalla Forte nei confronti
della alienante.
La Corte di appello di Bari, ai fini che ancora rilevano, in accoglimento
dell’impugnazione proposta da Angiola Forte, rigettò la domanda
proposta dalla Mascitelli, riformando la sentenza di primo grado anche
rispetto alla pronuncia sul diritto al risarcimento del danno posto a carico
della alienante (sentenza del 6 dicembre 2007, notificata il 18 marzo
2008).
2. Avverso la suddetta sentenza, Mascitelli propone ricorso per
cassazione con unico motivo e deposita memoria.
Resiste con controricorso Angiola Forte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.La alienante (Pitta) non risulta intimata. Trattandosi di una ipotesi di
litisconsorzio facoltativo – essendosi il giudizio svolto anche in
contraddittorio dell’alienante per avere il retrattato proposto nei suoi
confronti domanda di risarcimento dei danni (Cass. 12 settembre 2011,
n. 18644) – non deve provvedersi all’integrazione del contraddittorio.
Attività che si risolverebbe in un inutile dispendio di attività processuali
(da ultimo Cass. 17 giugno 2013, n. 15106), anche in considerazione
della pronuncia di inammissibilità di questa Corte, secondo le
argomentazioni che seguono.
2. La Corte di merito ha ritenuto non provati i requisiti previsti dalla
legge per l’esercizio del riscatto da parte del proprietario coltivatore
diretto confinante. In particolare, all’esito dell’esame delle prove
testimoniali, ha ritenuto non provato il requisito della coltivazione del

3

la venditrice, Antonietta Pitta, chiedendone la condanna al risarcimento

fondo per un periodo almeno biennale; inoltre, ha ritenuto la mancanza
di prova in ordine al requisito della capacità lavorativa.
3.La ricorrente, con l’unico motivo di ricorso deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 8 della legge n. 590 del 1965, come modificato
dall’art. 7 della legge n. 817 del 1971; deduce, inoltre, la sussistenza di
tutti i vizi motivazionali, anche in relazione all’art. 2727 cod. civ. e all’art.
116 cod. proc. civ.

riferiti al mancato riconoscimento della qualità di coltivatore diretto. Nel
primo, infatti, si chiede alla Corte se il confinante ha diritto al riscatto
qualora provi di coltivare il fondo «da almeno due anni e non
necessariamente nell’ultimo biennio precedente la proposta di acquisto
(o la data dell’atto di vendita)». Con il secondo si chiede alla Corte se
la qualifica di coltivatore diretto possa essere dimostrata anche con
presunzioni e, segnatamente, con la documentazione SCAU e INPS.
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. In primo luogo, rispetto al prospettato vizio di motivazione, va
rilevata la mancanza del c.d. quesito di fatto, richiesto – secondo la
giurisprudenza consolidata della Corte – ai sensi dell’art. 366 bis cod.
proc. civ., applicabile ratione temporis. Secondo tale giurisprudenza, il
motivo deve indicare chiaramente, in modo sintetico, evidente e
autonomo, il fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, così come le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la
decisione. A tale fine è necessaria la enucleazione conclusiva e
riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale
tutto ciò risalti in modo non equivoco.
4.2. In secondo luogo, rileva la mancata censura, attraverso la
formulazione del quesito, della parte della sentenza impugnata nella
quale si argomenta in ordine alla mancanza di prova relativa alla
capacità lavorativa, richiesta dalla previsione dell’art. 8 in argomento,
secondo il quale è necessario che « …il fondo per 11 quale intende
esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in
proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente
alla capacità lavorativa della sua famiglia». Né alcun rilievo assume il
4

Il motivo si conclude con due quesiti di diritto strettamente collegati,

riferimento al suddetto requisito nella parte esplicativa del motivo.
Infatti, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che non si
può desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo
con il secondo, pena la sostanziale abrogazione dell’art. 366 bis cod.
proc. civ.
4.3. I fatti costitutivi del diritto di (prelazione e) riscatto del fondo rustico
sono previsti dalla legge (art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590,

1971, n. 817). Sono individuati í soggetti qualificati (coltivatore insediato
a vario titolo sul fondo oggetto di retratto; proprietario coltivatore,
confinante con il fondo oggetto di retratto); sono individuate le
condizioni positive (la durata temporale della coltivazione del fondo, il
rapporto tra capacità lavorativa della famiglia e terreni in proprietà,
comprensivi di quello per il quale il riscatto si esercita) e negative (la
mancata vendita di altri fondi rustici da parte dell’avente diritto alla
prefazione). Inoltre, per il proprietario confinante, il diritto è subordinato
all’ulteriore condizione negativa, costituita dall’assenza di insediamenti
qualificati sul fondo oggetto di retratto (art. 7 I. n. 817 del 1971).
Tali requisiti, la cui sussistenza legittima l’accoglimento della domanda di
riscatto agrario, costituiscono condizioni dell’azione, sicché la mancanza
anche di uno solo di essi determina il rigetto della domanda stessa.
Consegue che, non essendo stata idoneamente censurata la sentenza
nella parte in cui nega uno dei requisiti in capo ai retraente e dovendo
sussistere tutti i requisiti in capo al retraente affinché la domanda di
riscatto agrario possa trovare accoglimento, la ricorrente non ha
interesse ad una decisione di merito sul motivo di censura incentrato sul
requisito dei “biennio”. Infatti, anche un ipotetico accoglimento della
relativa censura non sarebbe idoneo a cassare la sentenza, potendo
fondarsi la domanda di rigetto di riscatto anche solo sull’assenza di uno
dei requisiti previsti dalla legge. Tanto in applicazione del principio
generale, costantemente applicato dalla Corte di legittimità, secondo il
quale <

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