Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4564 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2010, (ud. 11/12/2009, dep. 25/02/2010), n.4564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso rgn 20557/2005, proposto da:

signora C.G., di seguito anche “Contribuente”,

rappresentata e difesa dagli avv. Albisinni Luigi ed Achille

Buonafede, presso i quali è elettivamente domiciliata in Roma, Via

Zanardelli 20;

– ricorrente –

contro

il Ministero dell’economia e delle finanze, di seguito “Ministero”,

in persona del Ministro in carica;

– intimato –

e contro

l’Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del

Direttore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, Via dei

Portoghesi 12;

– intimata e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Napoli 16 febbraio 2005, n. 61/24/05, depositata l’11 aprile 2005;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica dell’11

dicembre 2009 dal Cons. Dr. Achille Meloncelli;

udito l’avv. Giulio Brocchieri, delegato, per la Contribuente;

udito l’avv. Diana Ranucci per le intimate autorità tributarie;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti introduttivi del giudizio di legittimità 1.1.1. Il 27 luglio 2005 è notificato alle intimate autorità tributarie un ricorso della Contribuente per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha respinto il suo appello contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Napoli n. 704/05/2002, che aveva rigettato il suo ricorso contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) dell’Irpef 1995.

1.1.2. Il ricorso per cassazione della Contribuente è sostenuto con tre motivi d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione, anche in ordine alle spese processuali.

1.2. Il controricorso dell’Agenzia.

L’Agenzia resiste con controricorso, concludendo per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

2.1 fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) S’Ufficio delle imposte dirette di Napoli accerta, a carico della Contribuente, cantante lirica, un reddito imponibile irpef per il 1995 di L. 496.296.000 in luogo del valore dichiarato in L. 16380.000, sul presupposto del carattere fittizio della residenza e del domicilio esteri, contestando, quindi, l’infedele dichiarazione irpef D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ex art. 1 e violazione dell’art. 9 dello stesso atto normativo in materia di contabilità ed arrogando sanzioni per L. 236.936.000, pari ad Euro 122.367;

b) il ricorso della Contribuente è rigettato dalla CTP di Napoli;

c) il suo appello è, poi, respinto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è così motivata:

a) “in fatto, mentre risulta del tutto dimostrato dal contribuente il possesso di una residenza a (OMISSIS), il medesimo non offre alcun elemento nuovo per contrastare il fondamento dell’accertamento dell’ufficio. In particolare, risulta dagli atti e non è contestato dall’appellante: 1) che sono stati prodotti in Italia tutti i redditi professionali della cantante dei quali si controverte; 2) che esistono rilevanti e concomitanti criteri di collegamento del contribuente con il territorio nazionale quali: la nascita; la cittadinanza, il codice fiscale; il patrimonio immobiliare; l’usufrutto su un’abitazione; il contesto familiare; la disposizione in (OMISSIS) dei propri redditi attraverso il conto corrente bancario; 3) che i redditi professionali di cui all’accertamento non sono stati dichiarati ai fini IRPEF e CSSN contributo al Servizio sanitario nazionale”;

b) “in diritto, non si può richiamare per la presente fattispecie, come fa l’appellata sentenza, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, n. 2 bis perchè contenuto in una novella legislativa del 1998, successiva quindi di tre anni rispetto all’annualità di imposta di cui è lite.

Nè può applicarsi, come vorrebbe l’amm.ne finanziaria nelle conclusioni del proprio atto di costituzione, la legislazione sul trattamento dei redditi dei non residenti (30% di ritenuta) perchè successiva al 1995 (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 25, n. 2, introdotto dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 31, comma 1). Per quanto sopra detto, tuttavia, risultano pienamente soddisfatti i requisiti richiesti dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, n. 2, per la sottoposizione all’IRPEF in quanto il contribuente ha sempre avuto nel territorio dello Stato, fino dalla nascita, la sede principale dei propri interessi di vita e professionali, anche se, dal 1987, si è compiaciuto, potendolo, di possedere una residenza all’estero.

Senza ombra di dubbio il contribuente, avendo domicilio nel territorio dello Stato, va considerato residente in (OMISSIS) ai fini dell’imposta sui redditi, secondo la chiara formulazione letterale del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, n. 2”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Il primo motivo d’impugnazione.

4.1. La censura proposta con il primo motivo d’impugnazione.

4.1.1. La rubrica del primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è preannunciato dalla seguente rubrica: “Errata interpretazione e, quindi, falsa applicazione di norme di diritto, con particolare riferimento altresì alle disposizioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2, commi 2 e 2-bis, L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 10, artt. 43 e 2697 c.c., e 115 epe. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

4.1.2. La motivazione addotta a sostegno del primo motivo d’impugnazione.

Secondo la ricorrente, la CTR si contraddirebbe quando, da un lato, “ed esattamente … rilevava l’inapplicabilità al caso di specie della presunzione di residenza in Italia dei cittadini italiani emigrati in paesi a fiscalità privilegiata, perchè prevista solo con la L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 10 introduttiva del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, comma 2 bis”, e, dall’altro, “riteneva di addossare alla contribuente le sfavorevoli conseguenze della sua asserita mancata contestazione dei rilievi e delle circostanze poste alla base dell’accertamento, … dimenticando l’acquisito principio di diritto per cui affinchè un fatto allegato da una parte possa considerarsi pacifico si da essere posto a base della decisione, ancorchè non provato, non è sufficiente la mancata contestazione, non sussistendo nel nostro ordinamento processuale un principio che vincoli alla contestazione specifica di ogni situazione di fatto dichiarata dalla controparte, occorrendo invece che esso sia esplicitamente ammesso dalla controparte, ovvero che questa, pur non contestando in modo specifico, abbia impostato il proprio sistema difensivo su circostanze o argomentazioni logicamente incompatibili con il suo disconoscimento”.

La ricorrente riferisce, poi, testualmente quelle parti del ricorso in-troduttivo, nelle quali sosteneva la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento e la fornitura della prova della propria residenza a (OMISSIS), per concludere che “sotto i profili suesposti, appare, pertanto manifesta la violazione delle disposizioni indicate in rubrica ed il conseguente difetto di adeguata e corretta motivazione sul punto da parte della Commissione di merito, che ha illegittimamente, e contraddittoriamente con i suoi stessi rilievi in punto di diritto, addossato alla contribuente oneri probatori invece integralmente incombenti all’Amministrazione Finanziaria”.

In sintesi, la CTR errerebbe nell’addossarle “oneri probatori insussistenti ed elaborando un principio di specifica contestazione estraneo al nostro ordinamento processuale”.

4-2. La valutazione della Corte del primo motivo d’impugnazione.

Il motivo è, quanto all’invocazione del principio di non contestazione, infondato, perchè la ricorrente trascura che ciò che ella non ha contestato risulta dagli atti di causa, come ha accertato il giudice d’appello.

Il motivo è, quanto all’onere della prova, inammissibile per genericità, perchè la ricorrente asserisce la “manifesta violazione delle disposizioni indicate in rubrica”, ma non indica nè quali elementi della fattispecie controversa sarebbero oggetto della violazione ipotizzata, nè la norma giuridica che sarebbe stata violata, se non il principio generale dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., richiamato, però, senza specificare il suo legame sussuntivo con la fattispecie concreta, che il giudice di merito ha accertato in base agli atti di causa, che non sono in alcun modo utilizzati dalla ricorrente per dimostrare l’infondatezza della posizione assunta dalla CTR. 4.2. Valutazione conclusiva sul primo motivo d’impugnazione.

In conclusione il primo motivo dev’essere rigettato.

5. Il secondo motivo d’impugnazione.

5.1. La censura proposta con il secondo motivo d’impugnazione.

5.1.1. La rubrica del secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo d’impugnazione è posto sotto la seguente rubrica:

“Errata interpretazione e, quindi, falsa applicazione di norme di diritto, con particolare riferimento altresì alle disposizioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2, commi 2 e 2-bis, L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 10, artt. 43 e 2697 c.c., artt. 2727 e 2729 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

5.1.2. La motivazione addotta a sostegno del secondo motivo d’impugnazione.

Secondo la Contribuente, la CTR errerebbe anche confermando “la statuizione gravata sulla base degli elementi addotti dall’Ufficio accertatore, sia singolarmente considerati, che nel loro complesso assolutamente e meramente indiziati e, soprattutto, privi del carattere della precisione, gravità e concordanza che unicamente può giustificare la valorizzazione di presunzioni semplici, quali quelle acquisite agli atti”.

5.1.3. La norma di diritto indicata dal ricorrente.

Il ricorrente non indica, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, alcuna specifica norma, su cui si fondi il motivo d’impugnazione.

5.2. La valutazione della Corte del secondo motivo d’impugnazione.

Il motivo, a parte l’inammissibilità derivante dall’inosservanza dell’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 è inammissibile perchè la ricorrente svolge considerazioni che attengono all’accertamento di una serie di fatti, nei quali si articola la fattispecie controversa, e alla loro valutazione, che rientrano nella competenza esclusiva del giudice di merito.

L’accertamento dei fatti, il giudizio finale su di essi del giudice d’appello e la motivazione per giungere alla formulazione dell’uno e dell’altro possono ben essere, in sede di legittimità, contestati dal ricorrente nella loro sufficienza e nella loro logicità, ma egli non può limitasi, come fa la Contribuente nel caso in esame, ad esprimere il suo dissenso e a pretendere dalla Corte soltanto una valutazione diversa da quella fornita dal giudice di merito.

6. Il terzo motivo d’impugnazione.

6.1. La censura proposta con il terzo motivo d’impugnazione.

6.1.1. La rubrica del terzo motivo d’impugnazione.

Il terzo motivo d’impugnazione è presentato sotto la seguente rubrica: “Errata interpretazione e, quindi, falsa applicazione di norme di diritto, con particolare riferimento altresì alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 25, del D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 1 e 9, del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3, 7, 12 e 17, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1, 7 e 17 e art. 115 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

6.1.2. La motivazione addotta a sostegno del terzo motivo d’impugnazione.

Secondo la ricorrente, “degna di emenda appare … la sentenza impugnata anche nella parte in cui conferma acriticamente la decisione gravata … senza nemmeno esprimersi sulla illegittimità della stessa, laddove la fattispecie elusiva è stata ritenuta integrata omettendo di dar conto dell’avvenuto versamento delle imposte da parte dei Teatri committenti, così come risultante per tabulas dalla documentazione allegata al ricorso in appello della contribuente, come di seguito elencata: … (segue l’elenco di quattro documenti). … Il Giudicante ha infatti completamente omesso di considerare e valutare le certificazioni fornite dai Teatri in relazione al versamento dell’imposta, laddove rappresenta principio acquisito quello per il quale la determinazione del reddito imponibile debba compiersi provvedendo alla detrazione degli importi de quibus. … Sicchè ed anche in parte qua la sentenza gravata si rivela illegittimamente emessa nell’assoluta mancata considerazione di un punto decisivo della controversia e tale da destituire di legittimità alcuna l’accertamento operato dall’Amministrazione Finanziaria e fatta oggetto di puntuale impugnativa da parte della contribuente. Sulla scorta della portata fondamentale dei documenti prodotti e della circostanza così acquisita agli atti di causa, il Collegio avrebbe, infatti, dovuto annullare l’accertamento per la motivazione di cui sopra ed a cagione proprio della errata determinazione del reddito imponibile del periodo di riferimento”.

6.3. La norma di diritto indicata dal ricorrente.

Il ricorrente elenca una serie di disposizioni normative, che, tuttavia, non sono poi utilizzate per confezionare la norma da indicare, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 come quella su cui si fonda il motivo, mentre dalle argomentazioni addotte a suo sostegno si deduce che la norma fondante è quella secondo cui la sentenza dev’essere validamente motivata.

6.2. La valutazione della Corte del terzo motivo d’impugnazione.

Il motivo è inammissibile, perchè con esso si denuncia un errore di fatto, che potrebbe essere censurato solo con ricorso per revocazione dinanzi alla stessa CTR che ha adottato la sentenza impugnata.

7. Conclusioni.

7.1. Sul ricorso.

Le precedenti considerazioni comportano il rigetto del ricorso.

7.2. Sulle spese processuali.

La peculiare conformazione della fattispecie controversa depongono per la compensazione tra le parti delle spese processuali relative al giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

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