Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4563 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2010, (ud. 11/12/2009, dep. 25/02/2010), n.4563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso rgn 17647/2004, proposto da:

EGN B.V. – Filiale (OMISSIS), di seguito “Società”, in persona del

legale rappresentante in carica, signor K.J.,

rappresentata e difesa dagli avv. Boniello Gerardo M. e Gian Franco

Macconi, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, Viale

di Villa Massimo 57;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del

Direttore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, Via dei

Portoghesi 12;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Roma 19 settembre 2003, n. 29/30/03, depositata il 5 dicembre 2003;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica dell’11

dicembre;

udito l’avv. Gerardo Boniello per la Società;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti introduttivi del giudizio di legittimità.

1.1.1. Il 23 luglio 2004 è notificato all’Agenzia un ricorso della Società per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha accolto l’appello dell’Ufficio Roma (OMISSIS) dell’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Roma n. 397/19/2002, che aveva accolto il ricorso della Società contro il diniego del rimborso dell’IVA 1999 da essa richiesto.

1.1.2. Il ricorso per cassazione della Società, indicato il valore della causa in L. 9.400.000.000, è sostenuto con un solo motivo d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata e conseguentemente, in via principale, che sia accertato il diritto della Società ad ottenere la restituzione della somma richiesta e, in via subordinata, che sia sollevata questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia e, in via ulteriormente subordinata, che la causa sia rinviata al giudice di merito. Con vittoria di spese.

1.1.3. Il ricorso della Società è, poi, integrato con memoria.

1.2. La difesa dell’Agenzia.

L’Agenzia limita la sua difesa alla costituzione in giudizio al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) la Società EGN B.V. – Filiale (OMISSIS), stabile organizzazione in (OMISSIS) della Società di diritto (OMISSIS) EGN B.V., esercente attività di telecomunicazioni, chiede il rimborso dell’IVA per il 1999 per L. 9.400.000.000, con rinvio del residuo credito di lire 101.968.000, da utilizzare nel corso del 2000;

b) il 23 marzo 2001 l’Ufficio di Roma (OMISSIS) dell’Agenzia respinge la domanda di rimborso per mancanza dei presupposti per la detrazione di imposta;

c) il ricorso della Società è accolto dalla CTP di Roma, che afferma il suo diritto alla detrazione, in presenza di operazioni, non soggette ad imposta a mente del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 7 che, se effettuate in (OMISSIS), sarebbero state invece imponibili, in applicazione dell’art. 17, comma 3, lett. a), della Direttiva CEE 77/388 del 17 maggio 1977, del Consiglio (Sesta Direttiva), con le successive modificazioni ed integrazioni;

d) l’appello dell’Ufficio è, poi, accolto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è così motivata: “non sussiste il diritto alla detrazione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19, comma 2 mancando la condizione ivi prevista e cioè che le operazioni attive afferenti risultino soggette all’imposta.

Nè alla fattispecie torna applicabile la deroga alla indetraibilità prevista dal successivo comma 3, lett. b, mancando la condizione ivi prevista della concreta effettuazione delle operazioni al di fuori del territorio nazionale. Il convincimento della Commissione, oltre che dalla chiarezza ed univocità del testo delle citate norme, è suffragata anche da considerazioni di ordine sistematico”, perchè, tenendo conto della successione delle norme in tema di servizi di telecomunicazione, l’imposta si applica, con la conseguenza che la detraibilità è ammessa, per le operazioni di cui all’art. 8 (cessioni all’esportazione), art. 8 bis (operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione) e art. 9 (servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali): ma, con la soppressione (D.L. n. 669 del 1966, art. 2, comma 1, lett. c), come convertito dalla L. n. 30 del 1997), dell’art 9, n. 10), riguardante i servizi relativi alle telecomunicazioni internazionali, con esclusione delle comunicazioni telefoniche in partenza dallo Stato, i servizi in questione risultano espressamente esclusi dalla detraibilità; in conclusione, “venuta meno la disciplina derogatoria del principio di territorialità con la soppressione dell’art. 9, comma 10, la territorialità dei servizi di telecomunicazioni internazionali risulta regolata dalla deroga di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d-e-f-fbis. In particolare, alla fattispecie torna applicabile la lett. e): dovendosi considerare le operazioni di che trattasi effettuate in favore di un soggetto passivo a fini IVA domiciliato e residente in territorio comunitario, le medesime sono da considerarsi effettuate in tale territorio con conseguente non assoggettabilità ad IVA in (OMISSIS) (ed in effetti non risultano assoggettate, se non in parte aliquota, come si è detto): ergo, torna applicabile il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 2, che non riconosce la detrazione alle operazioni afferenti esenti o comunque non soggette ad imposta”.

4. L’ordinanza di sottoposizione di questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.

La causa è posta in discussione nell’udienza del 23 aprile 2008, a conclusione della quale questa Sezione adotta l’ordinanza 1 agosto 2008, n. 20948, che, sospeso il procedimento, sottopone alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE, la seguente questione pregiudiziale: “se l’art. 17, p. 3, lett. a), della Direttiva del Consiglio n. 77/388/Cee, del 17 maggio 1977, in caso di prestazioni di servizi di telecomunicazione tra soggetti residenti in diversi Paesi membri della Comunità, con Imposta sul valore aggiunto gravante sul destinatario, consenta la deduzione dell’Imposta relativa all’acquisto o all’Importazione di beni, afferenti a tali operazioni, al fornitore, che ne avrebbe diritto se effettuasse le stesse prestazioni nel proprio Paese”.

5. La sentenza della Corte di giustizia.

Sulla questione pregiudiziale la Corte di giustizia si pronuncia con la sentenza 2 luglio 2009, nel procedimento C-377/08, e dichiara:

“L’art 17, n. 3, lett. a) della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata con direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/77 CE, dev’essere interpretato nel senso che un prestatore di servizi di telecomunicazione, come quello di cui trattasi nella causa principale, stabilito nel territorio di uno Stato membro, ha il diritto, in forza di tale disposizione, di detrarre o ottenere il rimborso, in tale Stato membro, dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte relativamente a servizi di telecomunicazione forniti ad un’impresa avente sede in un altro Stato membro, nei limiti in cui tale prestatore avrebbe goduto di questo diritto se i servizi di cui trattasi fossero stati forniti all’interno del primo Stato membro”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il motivo d’impugnazione addotto nel ricorso della Società.

6.1. La censura proposta con il motivo d’impugnazione.

6.1.1. La rubrica del motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è preannunciato dalla seguente rubrica; “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19 (e del corrispondente art. 17 della Direttiva CEE 17 maggio 1977, n. 388), anche in relazione al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 7 (e del corrispondente art. 9 della Direttiva CEE 17 maggio 1977, n. 388”.

6.1.2. La motivazione addotta a sostegno del motivo d’impugnazione Già nell’ordinanza 1 agosto 2008, n. 20948, si è operata la sintesi della motivazione addotta dalla Società a sostegno della sua censura. La si riproduce tal quale: “La censura appare compendiata, nella parte finale del ricorso (ivi, p. 30), come “… errata interpretazione, e, conseguentemente, applicazione, delle regole dettate in materia di detrazione i.v.a. dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, (e dal corrispondente art. 17 della Direttiva CEE n. 77/388) le quali, se correttamente interpretate, e, conseguentemente, applicate, avrebbero inevitabilmente condotto i giudici di secondo grado a confermare la sentenza di prime cure e, dunque, a riconoscere la legittimità e fondatezza della richiesta di rimborso avanzata da EGN B.V. – Filiale (OMISSIS) nel 2000. Conseguentemente, la sentenza qui impugnata viola il – e, quindi, da falsa applicazione al – più volte citato art. 19, comma 3, lett. b), del Decreto i.v.a.”. E’ opportuna la premessa in fatto, illustrata in ricorso e riecheggiata, del resto, nella sentenza impugnata. La Società ricorrente è filiale (OMISSIS) di Equant Global Network B.V. (EGN), società di diritto (OMISSIS), all’epoca dei fatti appartenente a Societè Internationale de Telecommunications Aeronatiques (SITA), società cooperativa di diritto (OMISSIS), fondata nel (OMISSIS) da undici compagnie aeree per realizzare un sistema di telecomunicazioni “integrato” e “dedicato”. Nell’ambito dei complessi rapporti, di rilievo “transnazionale”, tra la Società cooperativa e le numerose consociate, EGN B.V – Filiale (OMISSIS) prestava i servizi ad un unico cliente, la ENS Limited (Ensys), società con sede in (OMISSIS), e quindi “residente in uno Stato membro dell’Unione Europea ed ivi registrata ai fini iva”. Onde l’odierna ricorrente “si trovava strutturalmente e perennemente a credito di iva, dato che – a fronte di acquisti imponibili – tutti i servizi di telecomunicazione da essa prestati risultavano non soggetti ad i.v.a. in (OMISSIS) per mancanza del requisito di territorialità D.R.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 7, comma 4, lett. e)” (ricorso, p. 5). A questi crediti si riferiscono il rimborso ed il riporto a credito delle somme ricordate in narrativa. Indi la ricorrente, dopo aver rammentato la portata dell’art. 19, primi tre commi del Decreto i.v.a., in materia di detrazioni dell’imposta, ricordando come il primo detti la regola generale della detraibilità (per le operazioni “a monte”), il secondo preveda la eccezione della indetraibilità (per acquisto o importazione afferenti operazioni esenti o comunque non soggette alla imposta), ed il terzo l’eccezione (di detraibilità) alla eccezione che precede, segnala tre profili da cui dedurre l’erroneità della soluzione negativa, cui è pervenuto il giudice del merito. … Sotto un primo profilo, i criteri ermeneutici generali, fissati nell’art. 12 disp. gen., non consentirebbero una interpretazione dell’art. 19, comma 3, lett. b), del Decreto i.v.a., diversa da quella proposta dalla stessa contribuente. La disposizione afferma che la indetraibilità di cui al comma 2, non si applica alle “operazioni effettuate fuori del territorio dello Stato, le quali, se effettuate nel territorio dello Stato, darebbero diritto alla detrazione dell’imposta”. La individuazione di tali operazioni, secondo i criteri interpretativi letterale e sistematico, va fatta con riferimento all’art. 7, del Decreto i.v.a. – che disciplina la territorialità dell’imposta, con la conseguenza che operazioni siffatte “sono tutte (e solo) quelle prive del requisito di territorialità ex art. 7, comma 4, lett. e), e cioè i servizi di telecomunicazione effettuati a favore di committente comunitario che sia soggetto passivo di imposta nello Stato membro di appartenenza” (ivi, p. 18). E l’esattezza della interpretazione sarebbe agevolmente apprezzabile là dove evidenzia il punto di saldatura con l’art. 30, comma 3, lett. d), dello stesso Decreto i.v.a., che afferma il diritto del contribuente al rimborso “quando effettua prevalentemente operazioni non soggette all’imposta per effetto dell’art. 7” (ivi, p. 18 segg.).

2.2. Sotto un secondo profilo, la censura alla decisione impugnata si fonda sulla estraneità della riscrittura dell’art. 7, del Decreto i.v.a. (sulla territorialità dell’imposta) rispetto a quella dell’art. 19 (sulla detraibilità dell’imposta). La prima, attuata col D.L. n. 669 del 1996, come convertito dalla L. n. 30 del 1997, ha fissato il principio per cui, stante la peculiarità dei servizi di telecomunicazione, al criterio del luogo di effettuazione della prestazione, veniva sostituito quello del luogo del committente: il tutto, a partire dal 1 aprile 1997, con la soppressione dell’art. 9, previgente n. 10), che, dunque, non ha avuto alcuna incidenza sull’art. 19. La materia delle detrazioni è stata, invece, modificata per effetto del D.Lgs. n. 313 del 1997, a far data dal 1 gennaio 1998. Onde, mentre dalla indicata soppressione non possono trarsi le conseguenze volute dal giudice a quo, in occasione del secondo intervento il legislatore italiano, avendo contezza delle modifiche apportate all’art. 1, “se avesse voluto, avrebbe potuto tranquillamente contrapporre alla regola generale in materia di territorialità delle operazioni attive (quella recata dall’art. 7) una regola speciale che disciplinasse la stessa materia agli specifici fini della detraibilità dell’i.v.a. sulle operazioni passive” (ricorso, p. 22) … .

Il terzo profilo della complessa censura è tutto incentrato sul principio di neutralità dell’imposta, principio fondamentale (con quelli di effettività e di non discriminazione) nell’ambito della disciplina comunitaria, che non può non riflettersi sulla regolamentazione dell’imposta nell’ambito dei singoli Stati membri della Comunità. Sostiene, infatti, la ricorrente, che l’interpretazione seguita nella sentenza impugnata contrasterebbe col principio suddetto e, quindi, con quello più ampio che lo ha ispirato, della libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali entro l’Unione Europea. Essa condurrebbe invero alla inammissibile conclusione che “l’imposta sul valore aggiunto verrebbe ad essere prelevata una volta – correttamente – nello stato di destinazione (sotto forma di applicazione dell’i.v.a. domestica nei confronti dell’acquirente del bene o servizio), ed un’altra volta – non correttamente – nello Stato di origine (sotto forma di i.v.a.

sugli acquisti non deducibile (detraibile) da parte del cedente/prestatore”) (ricorso, p. 24: affermazione illustrata, anche attraverso esemplificazioni, nelle pagine seguenti).

6.2. La valutazione della Corte del motivo d’impugnazione.

Tenuto conto della sentenza della Corte di giustizia 2 luglio 2009, nel procedimento C-377-08, testualmente riprodotta nel precedente p.5, si deve riconoscere il diritto della Società ricorrente di ottenere dallo Stato italiano il rimborso dell’IVA assolta a monte relativamente a servizi di telecomunicazione forniti ad un’impresa avente sede in un altro Stato membro dell’UE, nei limiti in cui essa avrebbe goduto di questo diritto se i servizi fossero stati forniti all’interno dello Stato italiano.

Ne deriva che il motivo del suo ricorso per cassazione dev’essere riconosciuto fondato e che il ricorso dev’essere, quindi, accolto e che la sentenza impugnata sia cassata.

Inoltre, poichè si rende necessario che sia effettuato un nuovo accertamento dei fatti, per verificare se la Società abbia assolto l’IVA a monte relativamente ai servizi di telecomunicazione forniti ad un’impresa avente sede in un altro Stato membro dell’UE e se, ed in quali limiti, la Società avrebbe goduto del diritto al rimborso, se i servizi in questione fossero stati forniti all’interno dello Stato membro di riferimento, cioè, nel nostro caso, all’interno dello Stato italiano, si deve rinviare la causa ad altra Sezione della CTR del Lazio, perchè siano accertati i fatti appena indicati.

7. Conclusioni.

7.1. Sul ricorso.

Le precedenti considerazioni comportano l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa ad altra Sezione della CTR del Lazio.

7.2. Sulle spese processuali.

Si rimette al giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3 di provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra Sezione della CTR del Lazio, anche per le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

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