Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4562 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 24/02/2011), n.4562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DELLA BALDUINA 59, presso lo studio dell’avvocato

FALZETTI CARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato BERNA

GIOACCHINO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DEUTSCHE BANK SPA, (OMISSIS) – capogruppo del Gruppo Deutsche

Bank in persona del suo procuratore speciale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SAVOIA 33, presso lo studio degli avvocati

VESCUSO GIUSEPPE e GIUSEPPE MULE’, che la rappresentano e difendono,

giusta delega ad litem in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

CRIF SPA in persona del suo Amministratore delegato e legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 180,

presso lo studio dell’avv. MARIO SANINO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avv. MARGHERITA PITTALIS, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.M., NEW PRESTITEMPO;

– intimate –

avverso la sentenza n. 2006/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

6.11.09, depositata il 22/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito per la controricorrente (Deutsche Bank SpA) l’Avvocato Giovanni

Viale (per delega avv. Giuseppe Vescuso) il quale non risulta

presente alla chiamata; udito per la controricorrente (Crif SpA)

l’Avvocato Piero Biasiotti (per delega avv. Mario Sanino) che insiste

per l’accoglimento.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Quanto segue:

p. 1. F.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 22 dicembre 2009, con la quale la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo che – nel presupposto del difetto di jus postulandi in capo a legale che aveva redatto l’atto introduttivo – aveva dichiarato “inammissibile” la domanda proposta da lui e dalla moglie C.M. contro la Deutsche Bank s.p.a., la CIRF s.p.a., la New Prestitempo e la Banca d’Italia.

Al ricorso hanno resistito con separati controricorsi la Deutsche Bank e la CRIF. Nel giudizio di appello non risulta essere stata evocata la Banca d’Italia, nei cui confronti non risulta diretto nemmeno il ricorso per cassazione.

p. 2. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, la quale è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte. La resistente CRIF s.p.a. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Quanto segue:

p. 1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. sono state esposte le seguenti testuali considerazioni:

“(…) 3. – Il ricorso sembra presentare una duplice ragione di inammissibilità. La prima ragione è rappresentata dalla violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, sotto il profilo che la sua struttura non reca l’enunciazione dei motivi per cui si chiede la cassazione della sentenza impugnata. Infatti, il ricorso esordisce con l’indicazione della qualità di ricorrente del F., cui fa seguire, prima della indicazione delle parti contro cui è proposto, la mera enunciazione della richiesta di cassazione della sentenza impugnata assumendola emessa “in violazione ex art. 83, comma 2, ex art. 182 c.p.c., violazione ex artt. 101, 112, 115 c.p.c., e art. 354 c.p.c., comma 2, e art. 355 c.p.c., il tutto in riferimento all’art. 360 c.p.c., punto 3, 4, e 5, in violazione del diritto di difesa in ragione del mancato esercizio del contraddittorio sancito dal giusto processo ex artt. 24 e 111 Cost.”.

Dopo di che segue l’indicazione delle parti e, quindi, un’esposizione del fatto, spesso di difficile comprensione e nella quale riesce arduo comprendere sia il decisum della sentenza di primo grado, sia quello della sentenza d’appello. Essa si sviluppa dalla pagina due fino alla pagina sedici, a metà della quale, sotto l’intestazione “diritto”, trovasi l’espressione “quesiti di diritto ex art. 366 c.p.c.” e, quindi, seguono sei brevissime enunciazioni (salvo il primo ed il sesto risultanti da una sola proposizione assertiva), che iniziano ognuna con delle relative “in ordine al primo punto” fino al sesto, ciascuna evocativa delle norme indicate nella prima pagina del ricorso. Esse terminano all’inizio della pagina diciotto.

Ora, fermo che alla enunciazione di cui a tale prima pagina si deve assegnare solo il valore di mera indicazione riassuntiva di motivi che si intendono svolgere nel corpo del ricorso, la descritta struttura palesa che nessuno svolgimento, necessario per adempiere al requisito di contenuto-forma del ricorso per cassazione si coglie nel ricorso. Ciò, sia se ci si pone solo dal versante della manifestazione di volontà del ricorrente, posto che nelle espressioni che egli usa non v’è l’enunciazione della intentio di esporre i motivi (tanto che la parola “motivo” nemmeno si usa) e considerato che non possono essere considerati diretti a questo scopo quelli che si denominano “quesiti di diritto”, sia se la struttura si apprezza oggettivamente, adoperando i consueti canoni della idoneità al raggiungimento dello scopo. Infatti, salvo che per il primo punto, che contiene un’attività in qualche modo dimostrativa dell’asserto, gli altri punti sono enunciati in modo meramente apodittico.

In ogni caso, se il Collegio reputasse che almeno il primo punto sia idoneo ad integrare illustrazione di un motivo, esso sarebbe inammissibile perchè non critica la ratio decidendi della sentenza impugnata. Vi si enuncia, infatti, che l’atto di citazione introduttivo del giudizio davanti al Tribunale di Palermo recava all’esordio l’indicazione che il F. e la C. erano “rappresentati e difesi Avvocato Silvano Teresi” e si assume, quindi, che “nell’ultimo foglio dell’atto di citazione spillato e notificato ai convenuti l’avvocato Silvano Teresi” aveva accertato e sottoscritto la veridicità delle firme dei suoi assistiti “rendendo comunque certa la provenienza dell’atto, con la contestuale relata di notifica in nome e dei rispettivi assistiti e dell’avvocato Silvano Teresi, nonchè l’iscrizione a ruolo in nome e per conto” dei suoi assistiti, onde non vi era stato alcun falsus procurator.

Ebbene, se, con notevole sforzo induttivo, queste enunciazioni si potessero considerare motivo e precisamente motivo di violazione dell’art. 83 c.p.c., richiamato da esse, sotto il profilo che il jus postularteli, cioè la procura in capo all’Avvocato Teresi sarebbe stata esistente, in quanto risultante dalla combinazione fra l’affermazione recata dalla citazione nel suo inizio dell’essere gli attori rappresentati e difesi dal detto avvocato, combinata con la mera attestazione di autenticazione delle sottoscrizioni dei due pretesi rappresentati, figurante sul foglio spillato, si dovrebbe rilevare che la ratio decidendi della sentenza impugnata non è criticata da dette enunciazioni, perchè essa ha concordato con il primo giudice nel giustificare l’affermazione del difetto di procura per la mancanza di “una dichiarazione – antecedente alla loro costituzione – della volontà di F.G. e C. M. di conferire all’avv. Silvano Tersi il potere di rappresentarli”. Tale affermazione, la quale sottende la necessità che la procura si concreti in una dichiarazione di volontà di conferimento del mandato, è stata poi solo ulteriormente giustificata con l’esclusione della possibilità che essa emergesse dalla combinazione fra l’affermazione iniziale del ricorso, la richiesta di notificazione della citazione e la mera autenticazione delle sottoscrizioni della citazione. Il motivo doveva, dunque, criticare l’affermazione della mancanza di una dichiarazione di volontà di conferimento della rappresentanza e non avendolo fatto sarebbe inammissibile, perchè il motivo di ricorso per cassazione, non diversamente da ogni motivo di impugnazione si deve necessariamente risolvere in una critica alla ratio decidendi della sentenza impugnata (Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi). Onde nel caso di specie il ricorrente doveva svolgere attività dimostrativa di come e perchè una procura alle liti possa essere rilasciata senza una dichiarazione di conferimento della parte che la conferisce.

p. 2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali, del resto, non sono stati mossi rilievi.

Va solo rilevato che è infondata l’eccezione di difetto di jus postulandi quanto al ricorso, ribadita dalla CRIF, atteso che – in disparte il fatto che la procura nella specie fa riferimento al giudizio innanzi alla Corte di cassazione – la procura a margine del ricorso per ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte è riferibile al ricorso (si veda già Cass. sez. un. n. 22119 del 2004:

“La procura al difensore apposta a margine o in calce al ricorso per cassazione deve considerarsi conferita, salva diversa manifestazione di volontà, per il giudizio di cassazione, in quanto costituendo corpo unico con l’atto cui inerisce, esprime necessariamente il suo riferimento a questo e garantisce il requisito della specialità, essendo irrilevante la mancanza di uno specifico riferimento al giudizio di legittimità”).

Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo a favore di ciascuna delle parti resistenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione ai resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate a favore della CRIF in Euro milleduecento, di cui duecento per esborsi, ed a favore della Deutsche Bank in Euro mille, lisi. di cui duecento per esborsi, oltre, a favore di ognuna di tali parti le spese generali e gli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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