Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4561 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 21/02/2020), n.4561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19891-2018 proposto da:

SOGEAT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANO PETTORINO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LACCO AMENO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GABI 8, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO ESPOSITO, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO MANGIA;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 3067/26/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 05/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con sentenza n. 3067/26/18 depositata in data 5 aprile 2018 la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva gli appelli proposti dal Comune di Lacco Ameno e dall’Agenzia delle Entrate Riscossione avverso la sentenza n. 18202/46/16 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accolto il ricorso della Sogeat Srl relativo alla cartella di pagamento IMU 2013.

2 Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo due motivi. Il Comune di Lacco Ameno resiste con controricorso, mentre l’Agente della riscossione non si è difeso, restando intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.In via preliminare va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso dedotta dal Comune in sede di controricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, dal momento che il ricorso ha seppure succintamente – esposto gli essenziali fatti di causa e del processo nelle prime tre pagine ed è autosufficiente, in riferimento al richiamo ad atti e documenti.

2. Con il primo motivo di ricorso – dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -, la contribuente lamenta la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla censura di inesistenza della notifica della cartella esattoriale a mezzo posta elettronica certificata in quanto priva di firma digitale

2.1 Il motivo è infondato.

2.2 Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente la CTR ha sul punto statuito e motivato affermando che i vizi della notificazione della cartella sono sanati dal ricorso in primo grado proposti dalla società contribuente non potendosi ritenere integrata l’ipotesi della inesistenza della notifica ma al più quella della nullità.

3.Con il secondo motivo denuncia il ricorrente violazione e falsa applicazione dell’art. 156 in quanto la CTR ha erroneamente non ritenuto inesistente, e quindi insanabile, la notifica a mezzo per della cartella con allegato non firmato digitalmente in quanto redatto in pdf e non p7m. atteso che soltanto quest’ultima estensione garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico e, quanto alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto.

3.1 Il motivo è destituito di fondamento.

La sentenza della Cassazione nr 6417/2019 ha fatto il punto in materia affermando: ” per quanto riguarda invece la possibilità di notificare un atto mediante PEC è stato affermato dalle sezioni unite sia che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. 28 settembre 2018 n. 23620) sia che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nel caso affrontato dalla Cassazione il file era in “estensione.doc”, anzichè “formato.pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. 18 aprile 2016, n. 7665), sia ancora che in tema di processo telematico, a norma del D.Dirig. 16 aprile 2014, art. 12, di cui al D.M. n. 44 del 2011, art. 34 – Ministero della Giustizia -, in conformità agli standard previsti dal Reg. UE n. 910 del 2014, ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”. Tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5 e del citato D. Dirig. 16 aprile 2014, art. 19 bis, commi 2 e 4 (Cass. 27 aprile 2018, n. 10266), dovendosi altresì tenere conto che è stato affermato che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26,comma 5, (in tema di notifica della cartella di pagamento) al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, di cui all’art. 156 c.p.c. (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27561).

4 II ricorso va, quindi, rigettato con conseguente condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 7.800 per compensi ed Euro 200 per esborsi oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 21 febbraio 2020

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