Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4560 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. I, 11/02/2022, (ud. 06/10/2021, dep. 11/02/2022), n.4560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11556/2020 proposto da:

K.K., difeso dall’avv. Luigi Migliaccio, giusta procura in

atti, domiciliato presso la Cancelleria della I sezione Civile della

Suprema Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del GIUDICE DI PACE di FERRARA, depositato il

23/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2021 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Giudice di Pace di Ferrara, con decreto depositato il 23 ottobre 2019, ha rigettato il ricorso proposto da K.K. avverso il decreto di espulsione del 25 luglio 2019 emesso dal Prefetto di Ferrara.

Il Giudice di Pace, dando atto che il ricorrente era stato espulso due volte, ne ha ritenuto la pericolosità sociale in relazione ai suoi precedenti e la mancata integrazione e, quanto al rapporto di coniugio, ha valutato la mancanza di serietà e stabilità dell’unione familiare, risultando la convivenza di tre soggetti nell’appartamento di Ferrara.

Ha proposto ricorso per cassazione K.K. affidandolo a tre motivi. L’intimato non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, atteso che il Giudice di Pace aveva omesso di pronunciarsi su una questione oggetto di una specifica doglianza e relativa alla (mutata) condizione di fatto e diritto in cui versava il ricorrente a seguito del matrimonio (celebrato in data (OMISSIS), prima dell’adozione dell’espulsione 25.7.2019 avvenuta il 25.7.2019) con la sig.ra E.F., che godeva dello status di rifugiato. Tale doglianza era rilevante e decisiva in virtù del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. a e art. 22, che attribuiscono al familiare del rifugiato gli stessi diritti del titolare dello status nonché il permesso di soggiorno per motivi familiari ex art. 30 T.U.I..

2. Il motivo è infondato, anche se la motivazione va integrata ex art. 384 c.p.c., u.c..

Va preliminarmente osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 3388/2005; conf. Cass. n. 28663/20013; Cass. n. 2731/2017), ha più volte affermato il principio di diritto secondo cui, poiché il vizio di omessa pronuncia si concreta nel difetto del momento decisorio, per integrare detto vizio occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto: il che si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte ovvero quando egli pronuncia solo nei confronti di alcune parti. Per contro, il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni delle parti integra un vizio di natura diversa, relativo all’attività svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio. Pertanto, è stato ritenuto, in tema di opposizione ad ordinanza – ingiunzione, che non integra il vizio di omessa pronuncia la mancata confutazione, da parte del giudice (che rigetta l’opposizione ad ordinanza – ingiunzione) dell’argomentazione svolta in uno dei motivi di opposizione, considerato, appunto, che il vizio di omessa pronuncia è escluso dalla pronuncia sull’accertamento della pretesa punitiva fatta valere dall’amministrazione nei confronti del destinatario dell’ordinanza – ingiunzione, detto accertamento rappresentando l’oggetto del giudizio di opposizione ad ordinanza – ingiunzione. Escluso il vizio di omessa pronuncia, il mancato esame di un motivo, da parte del giudice dell’opposizione, giustifica, peraltro, l’annullamento, da parte della Suprema Corte, della sentenza impugnata a condizione che le questioni di fatto, proposte con il motivo non esaminato, siano decisive ai fini dell’accertamento dei fatti sui quali si fonda la pretesa punitiva dell’amministrazione ovvero che, trattandosi di questioni in diritto, le stesse non siano infondate: nel primo caso dovendo essere denunciato un vizio di motivazione, nel secondo un vizio di violazione di legge. Tuttavia, quando il motivo non esaminato dal giudice dell’opposizione propone infondate questioni di diritto, lo iato esistente tra pronuncia di rigetto e mancato esame del motivo per cui l’annullamento è stato domandato deve essere colmato dalla Corte di Cassazione attraverso l’impiego del potere di correzione della motivazione (art. 384 c.p.c., comma 2), integrando la decisione di rigetto pronunciata dal giudice dell’opposizione mediante l’enunciazione delle ragioni che la giustificano in diritto, senza necessità di rimettere al giudice di rinvio il compito di dichiarare infondato in diritto il motivo non esaminato.

Nel caso di specie, il ricorrente, nell’invocare il mutamento del proprio status a seguito del suo matrimonio con una rifugiata – deduzione su cui il Giudice di Pace non si è pronunciato – ha proposto una questione di mero diritto (essendo incontestate le circostanze fattuali), la quale, essendo comunque infondata, può essere esaminata da questa Corte ex art. 384 c.p.c., u.c., senza necessità di rimetterla al giudice di rinvio.

In proposito, la deduzione del ricorrente secondo cui lo stesso avrebbe avuto diritto al permesso di soggiorno, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 22, – norma che riconosce ai familiari che non hanno individualmente diritto allo status di protezione internazionale i medesimi diritti riconosciuti al familiare titolare dello status, tra cui il permesso di soggiorno a norma dell’art. 30 T.U.I. – è confutata dalla nozione di “familiare” fornita dall’art. 2, comma 1, lett. I) legge cit., che comprende “i soggetti appartenenti al nucleo familiare, già costituito prima dell’arrivo nel territorio nazionale”. Nel caso di specie, risulta dalla stessa prospettazione in fatto del ricorrente che il suo nucleo familiare non solo non si è costituito prima del suo arrivo sul territorio nazionale, ma addirittura dopo la prima espulsione dell’8.3.2019.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 10,31 e 117 Cost., art. 8 CEDU, art. 13, comma 2, lett. c) e comma 2 bis T.U.I., art. 3, art. 5, art. 7 comma 2, artt. 9 e 14 dir. 2008/115/CE.

Lamenta il ricorrente che, nell’espellerlo, non aveva tenuto conto della natura e della effettività dei suoi vincoli familiari tutelati dalle norme costituzionali e sovranazionali.

Inoltre, il Giudice di Pace, soffermandosi sulla pericolosità sociale del ricorrente, era fuoriuscito dal thema decidendum, avente ad oggetto un atto espulsivo adottato ai sensi dell’art. 14 comma 5 ter, per essersi trattenuto nel territorio senza giustificato motivo.

4. Il motivo è infondato.

Come dedotto dallo stesso ricorrente, il decreto di espulsione del Prefetto di Ferrara del 25.07.2019, oggetto di impugnazione, è un secondo decreto di espulsione che è stato emesso a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, il quale prevede una autonoma causa di espulsione costituita dalla violazione dell’ordine del questore.

Ne consegue che a tale fattispecie non si applica l’art. 13, comma 2 bis, il quale è riferito alle sole espulsioni disposte ai sensi dello stesso art. 13, comma 2, lett. a) e b).

Ne consegue che la contestata omessa valutazione da parte del Giudice di Pace dei suoi legami familiari è infondata, essendo proprio l’art. 14, comma 5 ter T.U.I. che non impone di tenere conto di tale elemento.

Infine, il riferimento del Giudice di Pace alla pericolosità del ricorrente è sicuramente ultroneo, ma non inficia la decisione del giudice di merito, essendo oggetto del giudizio di opposizione la verifica della legittimità del decreto espulsivo, a prescindere dalle argomentazioni sovrabbondanti utilizzate dal giudicante.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 2, par. 1, dir. CEE n. 115/2008 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, comma 1 e art. 35 bis, comma 4.

Lamenta il ricorrente che il Giudice di Pace non aveva considerato che lo stesso aveva presentato ricorso avverso la decisione negativa della Commissione Territoriale innanzi Tribunale di Roma, con la conseguenza che, avendo tale ricorso un effetto sospensivo automatico – non rientrando la fattispecie in oggetto nelle ipotesi di cui all’art. 35 bis, comma 3, lett. a), b), c) e d) – non era configurabile in capo allo stesso un obbligo di lasciare il territorio nazionale fino alla decisione del ricorso.

Nel caso di specie, il Giudice di Pace, avocando a sé un giudizio prognostico sull’esito della causa innanzi al Tribunale di Roma, aveva violato la normativa di cui in rubrica.

6. Il motivo è infondato.

Va osservato che, sebbene il ricorrente abbia dedotto nel ricorso di aver presentato innanzi al Tribunale di Roma ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, avverso un provvedimento negativo della Commissione Territoriale, in realtà dall’esame dell’estratto del ricorso proposto in primo, che è stato trascritto a pag. 14 del ricorso per cassazione, emerge che oggetto dell’impugnazione in prime cure era stato il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari da parte del Questore, rifiuto che è intervenuto con decisione notificata il 21.03.2018 (epoca anteriore all’entrata in vigore, nell’ottobre 2018, del D.L. n. 113 del 2018, che attraverso il richiamo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, alla fattispecie di cui all’art. 32, comma 3 – nell’ambito della quale la Commissione Territoriale trasmette gli atti al Questore per l’eventuale rilascio o rinnovo di un permesso di soggiorno per motivi umanitari- ha sottoposto anche le impugnazioni del diniego, da parte del Questore, del permesso di soggiorno per motivi umanitari alla disciplina dell’art. 35 bis, già vigente per le impugnazioni delle decisioni della Commissione Territoriale).

Ne consegue che, prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 – come nel caso di specie – disciplinando il D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35 e 35 bis, esclusivamente i ricorsi avverso le decisioni della Commissione Territoriale, l’effetto sospensivo automatico ricollegato dall’art. 35 bis legge cit alla presentazione del ricorso giurisdizionale non era applicabile all’impugnazione del provvedimento del Questore di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Non si liquidano le spese di lite, non avendo il Ministero svolto difese.

Non si applica D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, essendo il ricorso esente dal contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA