Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4557 del 27/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4557 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

ORDINANZA
sul ricorso 15515-2017 proposto da:
ALOJIE PETER, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FEDERICO CESI, 72, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
SCIARRILLO, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO
SGARBI;

– ricorrente contro
MINISTERO DELL’INTERNO e PEC AGS, Commissione
Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di
Ancona, in persona dei legali rappresentanti, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– contraticorrente –

Data pubblicazione: 27/02/2018

avverso la sentenza n. 832/2017 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA, depositata il 26/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/11/2017 dal Consigliere Dott. LOREDANA
NAZZICONE.

– che la parte ricorrente ha proposto ricorso avverso la sentenza
della Corte d’appello di Ancona del 26 maggio 2017, che ha respinto
l’impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città, a
sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della
Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione
internazionale;
– che deposita controricorso il Ministero intimato;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis
c.p.c.;
– che il ricorrente ha depositato memoria;
CONSIDERATO
– che i motivi censurano: 1) violazione e falsa applicazione degli
artt. 3 d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, e 27 d.lgs. 28 gennaio 2008, n.
25, per avere la corte del merito ritenuto non credibile la narrazione del
ricorrente, senza attivare poteri officiosi di indagine e con motivazione
solo apparente; 2) violazione o falsa applicazione dell’art. 14 lett. b)
d.lgs. n. 251 del 2007, per avere il giudice del merito sottovalutato la
minaccia per il ricorrente costituita dal rifiuto di aderire alla setta
“Ogboni” e dal suo credo cristiano, in una situazione di instabilità
socio-politica del paese di origine e senza tener conto dei rapporti
internazionali prodotti dal ricorrente, dai quali risulta pacifica
l’esistenza di un danno grave per il medesimo; 3) violazione o falsa
applicazione dell’art. 8, comma 3, d.lgs. n. 25 del 2008, per non avere
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RILEVATO

provveduto il giudice a reperire documentazione aggiornata, peraltro
prodotta a più riprese dallo stesso ricorrente; 4) violazione o falsa
applicazione dell’art. 32, comma 3, d.lgs. n. 25 del 2008, e 5, comma 6,
d.lgs. n. 286 del 1998, con nullità della sentenza, perché esisteva una
situazione di vulnerabilità del richiedente ed il giudice del gravame no

– che il ricorso è inammissibile;
– che, invero, la corte territoriale ha ritenuto, sulla base del
principio della considerazione dello sforzo ragionevole del richiedente
e del dovere di cooperazione col medesimo, che il racconto da lui
compiuto non riesca a rendersi credibile, sia pure nell’ambito
dell’onere probatorio cd. attenuato, avendo egli narrato di essere
minacciato da un’organizzazione segreta di traffici e di subire
l’imposizione ad entrare nella setta per successione forzosa del posto
dell’associato (dopo la morte del padre): laddove si tratta di vicenda
privata ereditaria familiare;
– che, di conseguenza, non ha reputato sussistere i presupposti né
del rifugio politico, né della protezione sussidiaria, sotto quest’ultimo
profilo riscontrando l’insussistenza del conflitto in prossimità
geografica del luogo di dimora del richiedente, sulla base delle
informazioni disponibili da rapporti internazionali, e tenuto conto del
fatto che il richiedente non ha neppure menzionato in sede di
audizione eventuali rischi possibili in ragione di attacchi terroristici o
conflitti armati;
– che, quanto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, la
corte territoriale ha escluso siano state allegate circostanze idonea ad
integrarne i presupposti, prima ancora che provate, secondo le
categorie soggettive individuate da questa S.C.;

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si è pronunciato al riguardo;

- che, in definitiva, la corte territoriale ha compiutamente
approfondito l’esame in fatto della situazione, nel pieno rispetto dei
principi enunciati da questa Corte in materia, dilungandosi in una
motivazione accurata ed esauriente nell’esporre le ragioni che hanno
portato la medesima alla decisione di rigetto del gravame e senza

– che, pertanto, il ricorso, sotto l’egida del vizio di violazione di
legge mira invece a sottoporre di nuovo il giudizio di fatto,
inammissibile tuttavia in sede di legittimità;
– che la condanna alle spese di lite segue la soccombenza;
– che eve provvedersi alla dichiarazione di cui all’art. 13 d.P.R. 30
(N,vk ‘e/rAkAA/117~

maggio 2002, n. 115 ,1

efe

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte
ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in € 2.100,00 per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Dichiara che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater, inserito dalla legge n. 228 del 2012, art. 1, comma 17,
_
\s~ono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrenti
principali ed incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso
articolo 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 novembre
2017.
Il Pr i.ente
(Magda

Ric. 2017 n. 15515 sez. M1 – ud. 21-11-2017
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l

nessuna omissione di pronuncia;

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