Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4557 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. I, 24/02/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 24/02/2011), n.4557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. MAGDA Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, V. SICILIA 235, presso l’avvocato DI GIOIA GIULIO, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

03/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIORGIO COSTANTINO, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso con condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.S. ricorreva alla corte d’appello di Roma ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, chiedendo la condanna del Ministro della Giustizia all’equa riparazione in suo favore relativamente al danno non patrimoniale subito in conseguenza del fatto che il giudizio instaurato con ricorso del 24 marzo 1994 davanti al Giudice del Lavoro di Benevento, avente ad oggetto la corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria relativi ad erogazioni da parte del Comitato Provinciale di Assistenza delle dovute prestazioni in qualità di invalida, si era concluso con sentenza depositata il 28 giugno del 1999.

Resisteva l’Amministrazione convenuta.

La Corte d’appello di Roma con decreto dell’I giugno 2002 respingeva il ricorso ritenendo non sussistente alcun danno a carico della ricorrente per effetto della lamentata non ragionevole durata del processo.

P.S. proponeva ricorso per cassazione al quale resisteva il Ministro della giustizia.

La Corte Suprema con sentenza n. 3023 del 2006 accoglieva il ricorso,e cassava il decreto impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello.

P.S. proponeva ricorso in riassunzione e la Corte d’appello di Roma, con decreto del 3 ottobre 2007, condannava il Ministro della giustizia al pagamento di Euro 2000, ritenendo che il tempo eccedente la durata ragionevole del processo dovesse essere determinato in due anni e sette mesi. Condannava altresì l’amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali.

Ha proposto ancora ricorso per cassazione P.S. con atto del marzo 2008, articolato su tre motivi.

Ha resistito con controricorso il Ministro della Giustizia eccependo preliminarmente e l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dalla parte resistente ai sensi dell’art. 366 c.p.c., mediante la quale viene allegata la mancanza della procura sulla copia notificata del ricorso, e dunque la incertezza dell’epoca del suo conferimento al difensore. La giurisprudenza della corte di cassazione, da tempo, ha dato luogo ad un orientamento dal quale il collegio non ha motivo per discostarsi, in base al quale in tema di procura alle liti costituiscono sufficienti elementi per ritenere ragionevolmente che il mandato sia stato conferito prima della notificazione dell’atto, la dicitura ” mandato sull’originale” trascritta a margine della copia notificata, ovvero l’indicazione, nell’epigrafe della copia, del difensore quale destinatario della procura speciale (cass. n 6169 del 2005, per tutte).

Nel caso di specie per l’appunto, come ammette la stessa Amministrazione resistente, la procura notificata contiene la dicitura “vi è mandato sull’originale”. Tale attestazione dell’ufficiale giudiziario è sufficiente a far ritenere la antecedenza del conferimento del mandato rispetto alla introduzione del giudizio di legittimità.

2. Con il primo motivo di ricorso P.S. lamenta che la Corte d’appello nel liquidare il danno senza adeguata motivazione si è discostata dai dettami della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, violando in tal modo tanto la Convenzione relativa quanto i principi della L. n. 89 del 2001, e dunque liquidando Euro 2000,00 per due anni e sette mesi di ritardo. Sostiene anche che la Corte di merito avrebbe dovuto considerare tutta la durata del processo e non soltanto quello che, peraltro a suo avviso, sarebbe stato il periodo eccedente la durata ragionevole.

2.a. Il motivo è inammissibile. Esso infatti prospetta una violazione di legge, ovvero dunque una questione di diritto (cass n 17922 del 2010 ex multis), che tuttavia non precisa nel quesito previsto dalla normativa applicabile ratione temporis (art 366 bis epe), attese le date del decreto della Corte di merito e quella dei presente ricorso, indicate in narrativa.

3. E’ inammissibile anche il secondo motivo del ricorso mediante il quale la ricorrente P. lamenta la violazione di legge che sarebbe stata commessa dal giudice di merito nel determinare le spese di giudizio in violazione dei minimi tariffar, giacchè essa non si conclude con la precisazione mediante quesito della doglianza proposta,ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo vigente al momento della proposizione del ricorso.

4. E’infondato il terzo motivo di ricorso con il quale si deduce l’omessa oppure insufficiente motivazione in ordine alla determinazione delle spese di lite. La doglianza è infatti puramente strumentale al sostegno dell’erroneo presupposto dal quale muove il ricorrente invocando l’applicazione della L. n. 794 del 1942, art. 24, dimenticando che tale norma, che stabiliva l’inderogabilità degli onorari minimi e dei diritti previsti per le prestazioni professionali forensi, risultava già abrogata al momento in cui giudice ha provveduto, per effetto dell’entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006.

5. il ricorso deve dunque essere complessivamente respinto.

6. La ricorrente deve essere condannata alle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il. ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 1000,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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