Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4556 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/02/2017, (ud. 01/06/2016, dep.22/02/2017),  n. 4556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è

domiciliata per legge;

– ricorrente –

contro

M.R.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Venezia

– Mestre, sezione staccata di Verona n. 50/21/09, depositata il 28

maggio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

giugno 2016 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 19 settembre 2008, la CTP di Verona rigettava il ricorso proposto da M.R. avverso il diniego di rimborso IVA dell’anno 2003, sul presupposto che la richiesta non era stata presentata per il tramite del prescritto modello VR unitamente alla dichiarazione fiscale ed era stata presentata oltre i due anni dal giorno in cui si era verificato il presupposto per il rimborso.

La M. proponeva appello e la CTR di Venezia – Mestre, sezione staccata di Verona, con sentenza n. 50/21/09, accoglieva il gravame sulla base del rilievo che, nel caso di specie, la richiesta era stata respinta non perchè fosse contestata l’esistenza del diritto al rimborso, ma unicamente per le modalità con le quali il rimborso era stato richiesto. L’Agenzia delle Entrate, quindi, una volta ricevuta la pur irrituale richiesta di rimborso contenuta nella dichiarazione dei redditi, non essendo contestata la spettanza del rimborso, avrebbe dovuto spiegare alla contribuente che per ottenere il rimborso era necessaria la compilazione di un apposito modulo.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

La contribuente non ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo la ricorrente Agenzia denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, il quale prevede che la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

L’Agenzia rileva che, avendo la contribuente formulato la richiesta di rimborso del credito IVA solo in sede di dichiarazione modello unico 2004 per l’anno 2003, inoltrata all’ufficio il 31 ottobre 2004, e non avendo la stessa compilato il modello VR, l’unico modo per ottenere il rimborso era costituito dalla presentazione della relativa istanza ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2; nella specie, poichè l’istanza di rimborso era stata presentata nel febbraio 2007, e quindi oltre il termine di due anni decorrente dal 31 ottobre 2004 (presentazione della dichiarazione unico del 2003), la domanda era tardiva ed era conseguentemente maturata la prevista decadenza.

A conclusione del motivo la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “Dica codesta Suprema Corte se, in materia di rimborso IVA, nell’ipotesi in cui una contribuente, indicando in sede di dichiarazione mod. Unico 2004 per l’anno 2003 un certo importo IVA a credito, non compili poi il prescritto modello VR ed inoltre lasci decorrere il termine biennale di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, sia possibile per il Giudice tributario (come ritenuto dalla CTR) affermare comunque che la contribuente possa ottenere il rimborso dell’IVA a credito in quanto il decorso del termine biennale di decadenza sarebbe solo un “errore formale”; oppure se, invece, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, debba essere interpretato nel senso che il decorso del termine biennale di decadenza ivi previsto preclude in tutti i casi la possibilità per la contribuente di ottenere il rimborso dell’IVA, con la conseguenza che, in siffatti casi, erra il Giudice tributario che, a fronte di un’istanza di rimborso IVA presentata solo nel febbraio 2007 (ovvero dopo il decorso del citato termine biennale di decadenza avvenuto il 31/10/2006), conceda comunque il rimborso de quo”.

2. – Il ricorso è infondato, alla luce del principio per cui “In tema di IVA, l’esposizione di un credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l’Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte ovvero, ricorrendone i presupposti, attraverso lo strumento della rettifica della dichiarazione. Ne consegue che il relativo credito del contribuente è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, in quanto l’istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso” (Cass. n. 20678 del 2014).

Del resto, “in tema di IVA, la domanda di rimborso relativa all’eccedenza di imposta risultata alla cessazione dell’attività di impresa è regolata dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, comma 2, con la conseguenza che è esaustiva la manifestazione di una volontà diretta all’ottenimento del rimborso, ancorchè non accompagnata dalla presentazione del modello ministeriale che costituisce, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, solo un presupposto per l’esigibilità del credito, ed è soggetta al termine ordinario di prescrizione decennale, e non a quello di decadenza biennale, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 21, comma 2, applicabile solo in via sussidiaria e residuale” (Cass. n. 9941 del 2015).

La CTR si è attenuta a tali principi, valorizzando, da un lato, il fatto che la sussistenza del diritto al rimborso non aveva formato oggetto di contestazione alcuna da parte dell’Agenzia delle entrate e, dall’altro, il rilievo dell’avvenuta indicazione del credito IVA nella dichiarazione modello Unico 2004, per il 2003, tempestivamente inoltrata.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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