Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4556 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2022, (ud. 19/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26426/2020 R.G. proposto da:

B.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Vito Giuseppe

Cellie;

– ricorrente –

contro

Ministero della Salute;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, n. 116/2020,

pubblicata il 3 febbraio 2020.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 19 gennaio

2022 dal Consigliere Emilio Iannello.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.G. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Lecce il Ministero della Salute chiedendone la condanna al risarcimento del danno subito per aver contratto l’infezione da HCV in conseguenza di alcune emotrasfusioni praticategli nell’ospedale Di Summa di (OMISSIS) in occasione di un ricovero nel novembre 1969.

Il Ministero si costituì eccependo tra l’altro la compensazione del credito risarcitorio con le somme liquidate per indennizzo ex L. 25 febbraio 1992, n. 210.

All’esito della espletata c.t.u. il tribunale accolse la domanda e liquidò a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale la somma di Euro 20.232, al netto degli importi percepiti e percipiendi fino all’età di 80 anni per indennizzo ex L. n. 210 del 1992, con integrale compensazione delle spese, fatta eccezione per quelle di c.t.u., poste a carico del Ministero.

2. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Lecce ha confermato in ogni sua parte tale decisione.

3. Per la cassazione di tale sentenza B.G. propone ricorso sulla base di tre motivi.

L’amministrazione intimata ha depositato c.d. “atto di costituzione” per la “eventuale partecipazione all’udienza di discussione”.

4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione o falsa applicazione dell’art. 1242 c.p.c., e dei principi in materia di compensazione tra le somme riconosciute a titolo di risarcimento e quelle erogate a titolo di indennizzo ex L. n. 210 del 1992”.

Lamenta che la corte d’appello ha erroneamente detratto dal riconosciuto risarcimento (Euro 193.750,00) gli importi relativi all’indennizzo ex lege n. 210 del 1992 quantificandoli in base ad un approssimativo rateo e moltiplicando quest’ultimo in base all’aspettativa di vita futura del danneggiato (80 anni) e non limitandosi agli importi effettivamente percepiti alla data della pronuncia.

Sostiene, di contro, che nessuna decurtazione e/o compensazione può operare qualora l’indennizzo indicato dalla L. n. 210 del 1992, non sia stato già corrisposto, ovvero non sia quanto meno determinato o determinabile nel suo preciso ammontare.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c., e del principio del contraddittorio ex art. 111 Cost..

La violazione dell’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., è dedotta per avere la corte di merito deciso nei termini esposti benché il Ministero non avesse fornito alcuna prova certa circa gli importi che il B. percepirà o potrebbe percepire in futuro a titolo di indennizzo.

Quella dell’art. 112 c.p.c., sub specie di vizio di ultrapetizione, e la violazione altresì del principio del contraddittorio, sono invece dedotte sul rilievo che il Ministero della Salute, in primo grado, aveva chiesto che, in caso di accoglimento della domanda, venissero scomputate le somme già percepite.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, infine, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione al rigetto del motivo di gravame con il quale si era dedotta l’illegittimità della operata compensazione delle spese.

Rileva che la motivazione a tal fine addotta, con riferimento all’esistenza di contrasti giurisprudenziali, “non è più attuale” poiché, da anni, la responsabilità del Ministero in tema di contagio da emotrasfusioni infette “e’ stata ben delineata e riconosciuta da tutte le corti ed in tutti i gradi di giudizio, ed integra una formula di stile che viola il precetto di legge”.

4. Il primo motivo è in parte inammissibile, in altra parte infondato.

4.1. Nella parte in cui, con esso, il ricorrente sembra sostenere che alcun indennizzo sia stato ancora corrisposto e che, comunque, questo non sia ancora stato determinato né sia determinabile nel suo preciso ammontare, la censura si risolve in una affermazione apodittica (priva di consistenza censoria, come tale riconoscibile in quanto riferibile ad alcuno dei tipizzati vizi cassatori) contrastante con l’accertamento di fatto contenuto nella sentenza d’appello, e ancor prima in quella di primo grado, secondo cui il B. ha percepito gli importi già maturati a titolo di indennizzo (v. sentenza pag. 4, secondo cpv.) e quelli che a tal titolo avrebbe in futuro percepito fino all’età di 80 anni sono “calcolabili in base agli atti di causa” (v. sentenza, pag. 19, ultimo rigo).

4.2. La censura è poi infondata nella parte in cui deduce l’illegittimità dell’operata compensazione con riferimento a ratei che, come quelli appunto maturati e maturandi successivamente alla data del calcolo, non erano stati ancora di fatto corrisposti.

Questa Corte ha, invero, sul punto, già più volte chiarito che per il principio della compensatio lucri cum damno l’indennizzo corrisposto al danneggiato, ai sensi della L. 25 febbraio 1992, n. 210, a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, deve essere integralmente scomputato dalle somme spettanti a titolo di risarcimento del danno, venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero della salute) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo (Cass. Sez. U 11/01/2008, n. 584; Cass. 14/03/2013, n. 6573); trattandosi di erogazione periodica – assegno bimestrale calcolato in base alla gravità dei danni subiti (L. 29 aprile 1976, n. 177, allegata tabella B, come modificata dalla L. 2 maggio 1984, n. 111, art. 8:L. n. 210 del 1992, art. 2) – detta esigenza rimarrebbe in buona parte insoddisfatta ove il defalco dall’entità del risarcimento spettante venisse limitato ai ratei già corrisposti al momento della liquidazione del danno, con esclusione di quelli futuri, volta che, come detto, nella specie deve ritenersi già determinato ovvero determinabile il loro preciso ammontare (v. Cass. 06/12/2018, n. 31543; 31/08/2020, n. 18115; 23/12/2020, n. 29432; 31/03/2021, n. 8866; 05/11/2021, n. 32030).

La decisione impugnata è pertanto corretta nella parte in cui afferma la necessità di considerare ai detti fini anche i ratei futuri di una erogazione già determinata o comunque determinabile nel suo ammontare.

La necessità e la correttezza di tale operazione ai fini della compensatio trovano indiretta conferma nell’arresto di Cass. Sez. U. n. 12567 del 2018 che, nel risolvere il contrasto di giurisprudenza sulla questione se nella liquidazione del danno patrimoniale relativo alle spese di assistenza che una persona invalida sarà costretta a sostenere vita natural durante, debba tenersi conto, in detrazione, della indennità di accompagnamento erogata dall’istituto nazionale della previdenza sociale, hanno dato risposta positiva al quesito, identificando la posta da portare in diminuzione nel valore capitalizzato della indennità predetta.

Ponendosi, nella diversa ipotesi qui in esame, la medesima esigenza di defalcare dalla somma liquidata in moneta attuale a titolo di risarcimento quanto lo stesso debitore sarà tenuto a versare, nel tempo, attraverso ratei periodici ma con analoghe finalità compensative, non v’e’ motivo di non applicare il medesimo criterio che consente di rendere omogenei gli elementi del computo.

5. Il secondo motivo è infondato.

La compensatio lucri cum damno integra un’eccezione in senso lato, come tale rientrante nell’attività difensiva consentita alla parte in ogni momento e finché non resti preclusa da un giudicato interno anche implicito, sicché può essere dedotta per la prima volta in appello ed essere rilevata pure di ufficio dal giudice (Cass. 14/01/2014, n. 533; v. anche Cass. 24/09/2014, n. 20111; 30/10/2020, n. 24177; 24/11/2020, n. 26757).

Infatti, con essa non viene prospettato alcun ampliamento dell’iniziale oggetto della controversia, pur sempre circoscritto alla valutazione globale delle conseguenze dirette dell’illecito nella sfera economica del danneggiato (Cass. 08/03/1996, n. 1862): non viene fatto valere alcun diritto sostanziale del convenuto in contrapposizione a quello avanzato dall’attore, né l’eccezione stessa è identificabile come oggetto di una specifica disposizione di legge che ne faccia riserva in favore della parte (il che condurrebbe a qualificare l’eccezione come ecc. in senso stretto, come tale soggetta al regime delle preclusioni in primo grado e al divieto dei nova in appello).

Ne discende che, allorché vi sia stata rituale allegazione dei fatti rilevanti e gli stessi possano ritenersi incontroversi o dimostrati per effetto di mezzi di prova legittimamente disposti, il giudice può trarne d’ufficio (anche nel silenzio della parte interessata ed anche se l’acquisizione possa ricondursi ad un comportamento della controparte) tutte le conseguenze alla cui produzione essi sono idonei ai fini della quantificazione del danno lamentato dal soggetto attore (Cass. Sez. Un., 03/02/1998, n. 1099; argomenti in tal senso si traggono pure da Cass. n. 2112 del 2000; n. 21910 del 2000; n. 6529 del 2011).

Nessuna violazione pertanto è ravvisabile né del principio della domanda né di quello del contraddittorio.

6. Il terzo motivo è infondato.

6.1. Va premesso che, essendo stato il giudizio instaurato con ricorso depositato in data 13 settembre 2013, opera, nel caso in esame, in materia di spese processuali, la modifica introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, che – per i giudizi instaurati successivamente alla sua entrata in vigore – ha modificato nuovamente dell’art. 92 c.p.c., il comma 2, dopo la novella di cui alla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), già applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006 (della medesima L., art. 2, comma 4, come modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39-quater, conv. con mod. nella L. 23 febbraio 2006, n. 51).

La novella del 2009, che regola, dunque, la fattispecie in esame ratione temporis, ha previsto che “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese fra le parti”.

La locuzione “gravi ed eccezionali ragioni” è stata ricondotta -nell’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite di questa Corte -nell’alveo delle c.d. “norme elastiche”, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (Cass. Sez. U. 22/02/2012, n. 2572).

Ne consegue la necessità di una giustificazione che, per essere ricondotta al parametro normativo, deve essere fondata su di una motivazione specifica ed eziologicamente ricollegabile in modo effettivo e non astratto alla controversia in oggetto.

In altri termini, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica, inidonea a consentire il necessario controllo (v., tra tante, Cass. 05/07/2017, n. 16473; 14/07/2016, n. 14411).

6.2. Nel caso di specie la giustificazione offerta dai giudici a quibus rispetta detti requisiti, in quanto fondata sulla ritenuta esistenza (al momento della pronuncia di primo grado, pubblicata in data 13 dicembre 2016), di un contrasto di giurisprudenza.

Tale fondamento e’, in fatto, contestato dal ricorrente, sul rilievo che, in realtà, la responsabilità del Ministero in tema di contagio da emotrasfusioni infette “e’ stata ben delineata e riconosciuta da tutte le corti ed in tutti i gradi di giudizio”.

Tale rilievo è però infondato, atteso che, al momento della introduzione della lite, si registravano ancora contrasti, anche nella giurisprudenza di legittimità, in ordine alla possibilità di affermare la responsabilità del Ministero per le trasfusioni che – quale quella per cui è causa – fossero state eseguite in epoca anteriore alla conoscenza scientifica dei virus HBV, HIV e HCV e all’apprestamento dei relativi test identificativi (risalenti, rispettivamente, agli anni 1978, 1985, 1988): per la negativa si era infatti pronunciata Cass. 31/01/2013, n. 2250, successivamente ancora richiamata da Cass. 20/05/2015, n. 10291, essendosi solo in seguito consolidato l’orientamento opposto (v. Cass. 04/02/2016, n. 2232; 13/07/2018, n. 18520; 22/01/2019, n. 1566; 22/07/2021, n. 21145).

7. Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Non v’e’ luogo a provvedere sul regolamento delle spese, non avendo controparte svolto difese nella presente sede.

Tale non può infatti considerarsi (l”atto di costituzione in giudizio” sopra menzionato, poiché finalizzato solo a consentire la partecipazione della parte all’eventuale discussione orale, che però non ha avuto luogo, essendo stato il ricorso destinato a diverso modello processuale che tale incombente non prevede, ossia alla trattazione in camera di consiglio non partecipata, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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