Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4555 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. II, 19/02/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 19/02/2021), n.4555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23001-2019 proposto da:

G.Z., rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE BRIGANTI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

Avverso l’ordinanzan. cronol. 7635/2019 DEL TRIBUNALE DI ANCONA,

depositata il 11 giugno 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto dell’11.6.2019 il Tribunale di Ancona rigettò il ricorso di G.Z. avverso la decisione della Commissione Territoriale di Ancona di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. G.Z., cittadino del Pakistan proveniente dal (OMISSIS), aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese per vicende familiari in quanto il cugino era stato ucciso; i familiari della vittima avevano presentato denuncia nei confronti dei presunti autori e venivano da questi minacciati qualora non l’avessero ritirata.

1.2. Il Tribunale ha ritenuto che dette dichiarazioni non erano credibili perchè generiche in relazione ai nomi, al tempo ad ai luoghi su fatti essenziali determinanti l’espatrio e che non era stato spiegato il motivo delle aggressioni. Quanto alla documentazione prodotta il Tribunale dubitava della sua autenticità in quanto, secondo le informazioni acquisite da fonti qualificate, in (OMISSIS) era frequente la formazioni di documenti falsi. Accertò, sulla base del report EASO e da altre fonti qualificate ((OMISSIS), (OMISSIS)) che in (OMISSIS), nella regione del (OMISSIS) non vi era una situazione di conflitto generalizzato e, conseguentemente rigettò la richiesta di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Non ritenne sussistenti i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non avendo il ricorrente provato un’effettiva integrazione nel paese ospitante, a tal fine non essendo sufficienti gli attestati prodotti relativi alla frequentazione a corsi di formazione, di volontariato e di apprendimento della lingua, nè l’assunzione a tempo determinato.

2. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso G.Z. sulla base di quattro motivi.

2.1. Il Ministero dell’Interno ha depositato un atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità del decreto in relazione all’art. 360 c.p.c., per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, art. 1, art. 11, lett. a) e art. 13 e artt. 737 e 135 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6 per illogicità ed apparenza della motivazione relativa al giudizio di credibilità del ricorrente con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dal medesimo ed alla documentazione prodotta consistente in alcune denunce a firma di un avvocato pachistano; il Tribunale avrebbe affermato la falsità dei documenti sulla base della generica affermazione dell’utilizzo di documenti falsi da parte degli immigrati pachistani, secondo quanto riscontrato dalle fonti internazionali. Inoltre, il giudice di merito aveva fissato l’udienza di comparizione senza procedere all’ascolto del richiedente pur costituendo l’audizione un momento centrale nel procedimento di protezione internazionale, previsto espressamente dall’art. 35 bis qualora non sia stata effettuata la videoregistrazione. Lamenta inoltre che l’udienza fosse stata celebrata dal GOT delegato dal relatore in violazione della normativa che vieterebbe ai giudici onorari la trattazione dei procedimenti di protezione internazionale. Lamenta inoltre il riferimento, da parte del giudice di merito, di COI non aggiornate e l’omessa indagine sull’effettiva possibilità delle autorità locali di fornire effettiva protezione anche nell’ipotesi in cui le minacce provengano da un soggetto non statale. Infine, in relazione alla richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sarebbe carente l’esame della vulnerabilità del richiedente ed il suo percorso di integrazione, provato dalla frequenza di corsi di formazione e dallo svolgimento di attività lavorativa.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. In relazione ai documenti prodotti, alla situazione socio politica del paese di provenienza, alla sua situazione di vulnerabilità ed all’omessa audizione.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – in riferimento all’art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3, art. 32 Cost., L. n. 881 del 1977, art. 11,D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 10, 13, 27, 32, art. 35 bis, comma 11, lett. a) e all’art. 16 direttiva Europea n. 2013/32 nonchè agli artt. 2, 3 – anche in relazione all’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5, 6, 7 e 14 e al T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2. La censura si incentra sul fatto che, nel rispetto del dovere di cooperazione istruttoria, il giudice avrebbe dovuto prendere in esame le dichiarazioni del ricorrente e la documentazione depositata. Il Tribunale di Ancona, invece, si sarebbe limitato a ritenere in sè irrilevante la vicenda del richiedente senza ottemperare al dovere di cooperazione attraverso l’audizione del ricorrente al fine di colmare le lacune probatorie o chiarire il contenuto delle sue dichiarazioni. Peraltro, in caso di mancanza di disponibilità della videoregistrazione, sarebbe stato necessario un nuovo completo colloquio con il ricorrente, da svolgersi innanzi al collegio senza possibilità di delega al relatore. Reitera la doglianza sull’affermazione apodittica di falsità dei documenti prodotti, fondata sulla prassi tra i richiedenti pachistani di produrre documenti falsi. Inoltre, il Tribunale avrebbe escluso la ricorrenza della minaccia grave individuale alla vita o alla persona derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno e internazionale sulla base di fonti informative non attuali. Sempre in relazione alla protezione sussidiaria, lamentava che l’autorità statale del paese di provenienza non era in grado di fornire adeguata effettiva tutela e, in tal caso, non assumerebbe rilevanza la natura privata o pubblica della vicenda narrata dal richiedente. Infine, quanto alla protezione umanitaria mancherebbe un esame dello stato di vulnerabilità del ricorrente che sarebbe giunto in Italia quando era minorenne ed avrebbe in itinere un percorso di integrazione, attestato dallo svolgimento di attività lavorativa.

4. Il quarto motivo di ricorso, sotto la rubricato ” violazione falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – in riferimento agli artt. 6 e 13 CEDU all’art. 47carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 46 della direttiva Europea n. 2013/32″, reitera le censure formulate con i precedenti motivi in relazione alle norme sopra indicate.

5. I motivi, che vanno trattati congiuntamente, sono infondati.

5.1. Una prima questione, che assume carattere preliminare, riguarda la delega al GOT di celebrare l’udienza di comparizione nei giudizi di protezione internazionale.

5.2. Questa Corte ha ripetutamente escluso la nullità del procedimento nell’ambito del quale il collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione abbia delegato ad un giudice onorario di tribunale il compito di procedere all’audizione del richiedente, riservandosi la decisione della causa all’esito di tale adempimento: in proposito, è stata infatti richiamata la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 116 del 2017, recante la riforma organica della magistratura onoraria, e segnatamente le disposizioni dettate dall’art. 10, che consente ai giudici professionali di delegare, anche nei procedimenti collegiali, compiti e attività ai giudici onorari, ivi compresa l’assunzione di testimoni, e dall’art. 11, il quale esclude l’assegnazione dei fascicoli ai giudici onorari soltanto per specifiche tipologie di giudizi, tra i quali non sono compresi quelli di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis (cfr. Cass., Sez. I, 16/04/2020, n. 7878; 20/02/2020, n. 4887; Cass., Sez. VI, 5/02/2019, n. 3356).

5.3. Tale principio non risulta applicabile solo nei casi in cui la delega al giudice onorario non sia stata conferita direttamente dal collegio investito della decisione, ma dal giudice relatore, trattando, in tal caso, di un’ipotesi di subdelega, in ordine alla quale resta applicabile il principio secondo cui la delega non comporta il trasferimento della titolarità del potere ma soltanto l’attribuzione della facoltà di esercitarlo, e non consente dunque al delegato di trasmetterlo a sua volta a terzi, in assenza di una disposizione che espressamente lo preveda.

5.4. Nel caso di specie, dall’esame degli atti processuali e, nella specie, dal verbale dell’udienza di comparizione non risulta che il giudice relatore abbia subdelegato al GOT l’istruttoria, sicchè la censura è priva di fondamento.

5.5. Quanto, invece, al vizio di nullità per la mancata audizione del richiedente, osserva il collegio come detta richiesta sia del tutto generica, non indicando le circostanze sulle quali fosse necessario procedere all’audizione in sede giudiziale.

5.6. In tal senso, la pronuncia è conforme all’indirizzo nomofilattico, già espresso da questa Corte e recentemente ribadito con sentenza della Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, n. 24364, secondo cui, in mancanza della videoregistrazione del colloquio innanzi alla Commissione Territoriale, è doverosa una nuova audizione del richiedente in sede giurisdizionale quando il ricorrente faccia apposita istanza nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti.

5.7. Quanto all’omesso esame dei documenti prodotti ed all’affermazione circa la loro falsità sol perchè è invalsa la prassi dei richiedenti del (OMISSIS) di produrre documenti apocrifi, il collegio rileva l’inammissibilità del motivo di ricorso in quanto non indica il contenuto degli atti depositati, richiamando in modo generico alcune denunce sottoscritte da un avvocato (OMISSIS).

5.8. Del pari inammissibile è la doglianza relativa al rigetto della domanda di protezione sussidiaria, sia ai sensi del D.Lgs. n. 2517 del 2007, art. 14, lett. a) e b) avendo il giudice di merito ritenuto non credibile il racconto del richiedente (Cass. civ. sez. I, 30/08/2019, n. 21889; Cass. civ. sez. I, 22/02/2019, n. 5354), sia in relazione alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); il Tribunale, sulla base del report EASO e di altre fonti qualificate ((OMISSIS), (OMISSIS)) ha accertato che in (OMISSIS), nella regione del (OMISSIS) non vi era una situazione di conflitto generalizzato di tale intensità da esporre ad un danno grave la vita di chiunque per il solo fatto della presenza in quel luogo, in ossequio a quanto previsto dalla previsione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

5.9. Quanto, poi, alla censura concernente l’inattendibilità delle fonti consultate, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla Corte di legittimità l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. civ., sez. I, 21/10/2019, n. 26728).

5.10. Quanto alla censura relativa al diniego della protezione umanitaria, si osserva che il rilascio del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, applicabile ratione temporis, rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale.

5.13. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 – 01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione.

5.14. Le Sezioni Unite hanno consolidato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato (Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, n. 29459).

5.15. Il Tribunale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte, non ritenendo sufficiente, ai fini dell’integrazione, la produzione degli attestati relativi alla frequentazione a corsi di formazione, di volontariato e di apprendimento della lingua, nè l’assunzione a tempo determinato, nè ha ritenuto sussistente una situazione di vulnerabilità, intesa quale compromissione dei diritti umani fondamentali (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/01/2020, n. 625; Cass. civ., Sez. 6 – 1, n. 25075 del 2017).

6. Il ricorso va pertanto rigettato.

6.1. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

6.3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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