Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4555 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2022, (ud. 14/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2562/2021 R.G. proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE, in persona del

presidente p.t., rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Lorenzo del

Federico, con domicilio eletto in Roma, via F. Denza, n. 20, presso

lo studio del Prof. Avv. Lorenzo del Federico e dell’Avv. Laura

Rosa;

– ricorrente –

contro

A.D.E.R. – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del

presidente p.t., in qualità di avente causa di Equitalia Centro

s.p.a. (già Equitalia Sardegna S.p.a.), rappresentata e difesa

dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma,

via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2854/20,

depositata il 15 giugno 2020.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 gennaio

2022 dal consigliere Guido Mercolino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense ha proposto ricorso per cassazione, per quattro motivi, illustrati anche con memoria, avverso la sentenza del 15 giugno 2020, con cui la Corte d’appello di Roma ha accolto il gravame interposto da Equitalia Centro S.p.a. (già Equitalia Sardegna S.p.a.) avverso la sentenza n. 10893/14 del Tribunale di Roma, revocando il decreto ingiuntivo (OMISSIS), con cui era stato intimato all’Equitalia il pagamento della somma di Euro 133.584,46, a seguito del riversamento soltanto parziale degl’importi dovuti dagl’iscritti alla Cassa per l’ambito di Cagliari, ed avviati alla riscossione con il ruolo suppletivo 1998 e con il ruolo ordinario 1999;

che ha resistito con controricorso l’A.D.E.R. – Agenzia delle Entrate – Riscossione, in qualità di avente causa di Equitalia Centro.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 527-529, e del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 504, artt. 1 e 2, sostenendo che, nel ritenere operante il meccanismo di annullamento e discarico automatico previsto dal citato art. 1, commi 527-529, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della riferibilità dello stesso soltanto ad entrate erariali ed a quelle di enti pubblici alimentati dal bilancio dello Stato, e della conseguente inapplicabilità alle entrate di soggetti privati, quali le casse previdenziali, per i quali non è previsto alcun intervento pubblico di risanamento dell’equilibrio economico-finanziario;

che con il secondo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 527 e ss., per contrasto con gli artt. 3,38,41,42 e 117 Cost., in riferimento al Primo Protocollo Addizionale alla CEDU, art. 1, all’art. 6 CEDU, ed all’art. 117 Cost., osservando che, ove si accogliesse l’interpretazione del citato comma 527, fornita dalla sentenza impugnata, l’annullamento automatico previsto per i crediti d’importo inferiore ad Euro 2.000,00 comporterebbe un prelievo forzoso senza indennizzo a carico di enti estranei all’apparato statale, dotati di autonomia finanziaria ed impossibilitati ad avvalersi di finanziamenti pubblici, che, oltre a mettere a rischio la stessa funzione solidaristica dagli stessi svolta in favore degl’iscritti, determinerebbe una disparità di trattamento rispetto ai crediti vantati dall’Unione Europea;

che con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 19, comma 1, lett. b), e art. 59, comma 4-ter, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, artt. 35, 39, 74 e ss., e art. 82, censurando la sentenza impugnata per aver implicitamente escluso la decadenza dell’esattore dal diritto al discarico, indipendentemente dall’invio delle comunicazioni d’inesigibilità, nonostante la mancata dimostrazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi di attivazione delle procedure di recupero coattivo, d’informazione e di rendicontazione posti a suo carico;

che con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in subordine, la violazione e la falsa applicazione della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 527, e del D.M. 15 giugno 2015, art. 1, commi 1 e 2, rilevando che la sentenza impugnata non ha tratto le dovute conseguenze dalla diversità della disciplina prevista per i crediti d’importo rispettivamente inferiore e superiore ad Euro 2.000,00, non avendo considerato che, mentre per questi ultimi l’automatico discarico non preclude la possibilità di ricorrere a strumenti di riscossione diversi dal ruolo, per i primi l’annullamento automatico comporta l’estinzione anche del credito, che risulta di fatto espropriato senza indennizzo;

che i predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, sono infondati;

che la questione concernente l’applicabilità della disciplina dettata dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 527-529, alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense è stata già affrontata da questa Corte, e risolta mediante l’enunciazione del principio, puntualmente richiamato dalla sentenza impugnata, secondo cui, nonostante la privatizzazione, la predetta Cassa costituisce un ente deputato allo svolgimento di una funzione pubblica, al quale lo Stato ha eccezionalmente concesso di procedere alla riscossione dei propri crediti a mezzo del ruolo, cioè attraverso un sistema normalmente riservato agli enti pubblici, con la conseguenza che lo stesso legislatore può legittimamente disciplinare le modalità della riscossione, imporre limiti alla stessa, o, come avvenuto nella specie, non consentire più la riscossione con tale sistema per i crediti più risalenti;

che la predetta legge, ispirata ad un’esigenza di razionalizzazione dei bilanci di tutti gli enti creditori (indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli stessi), non pone alcuna distinzione tra ruoli attinenti a crediti consegnati da soggetti pubblici o comunque da soggetti istituzionalmente beneficiari di finanziamenti pubblici e ruoli concernenti invece crediti vantati da soggetti privati, riferendosi indistintamente a tutti i crediti iscritti in ruoli resi esecutivi sino al 31 dicembre 1999, ed escludendo la possibilità di procedere ulteriormente alla riscossione degli stessi mediante ruolo, sulla base di una valutazione rispondente ad evidenti criteri di ragionevolezza, in quanto fondata sull’epoca risalente dell’iscrizione a ruolo e, per i crediti di valore inferiore ad Euro 2.000,00, sull’antieconomicità della riscossione, i cui costi sono stati reputati superiori ai benefici (cfr. Cass., Sez. III, 26/07/2021, n. 21386; 20/11/2020, n. 26531; 9/05/2019, n. 12229);

che l’art. 1, comma 527, nella parte in cui prevede, per i ruoli relativi ai crediti di valore inferiore ad Euro 2.000,00, l’annullamento dei crediti e l’eliminazione dalle scritture contabili, dev’essere interpretato (non diversamente dal comma 528, riguardante i ruoli relativi ai crediti di valore superiore al predetto importo) nel senso che l’esclusione della possibilità di procedere ulteriormente alla riscossione a mezzo ruolo comporta unicamente il venir meno del titolo esecutivo, costituito dal ruolo, e non anche l’estinzione del diritto di credito, in tal senso deponendo le finalità perseguite dal legislatore con la disciplina in esame, configurabile non già come un provvedimento ablatorio nei confronti di enti cui lo Stato non contribuisce neppure in via indiretta, ma come un intervento di riorganizzazione del servizio di riscossione a mezzo dei ruoli;

che nessun rilievo può assumere, in contrario, l’espressa previsione della eliminazione dei predetti crediti dalle scritture contabili dell’ente, la quale, oltre a costituire un effetto già altre volte contemplato in caso di discarico dal ruolo, riveste una valenza esclusivamente contabile, in funzione dell’esigenza, correlata al sistema contabile Europeo, di fornire una realistica esposizione dello stato patrimoniale ed economico dell’ente, evitando che crediti persistentemente insoluti possano venire ad alterarne i bilanci di esercizio, quali poste soltanto virtuali iscritte all’attivo, in contrasto con il criterio di veridicità dei bilanci (cfr. Cass., Sez. III, 20/11/2020, n. 26531; 19/06/2020, n. 11972);

che anche per i ruoli relativi ai crediti di valore inferiore ad Euro 2.000,00 vale pertanto la considerazione svolta dalla sentenza impugnata in riferimento a quelli riguardanti i crediti di valore superiore al predetto importo, e anch’essa ripresa da un precedente di legittimità, secondo cui l’annullamento del ruolo non coincide con l’annullamento del credito sottostante, che ben potrà essere successivamente azionato in proprio dall’ente creditore, con gli strumenti di tutela ordinariamente apprestati dall’ordinamento per i soggetti privati (cfr. Cass., Sez. III, 9/05/2019, n. 12229, cit.);

che risulta pertanto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme in esame, sollevata dalla ricorrente sia in relazione alla previsione di un’espropriazione senza indennizzo dei crediti da essa vantati nei confronti dei propri iscritti e dell’idoneità di tale intervento a incidere sull’equilibrio finanziario dell’ente, sia in relazione alla disparità di trattamento introdotta tra i crediti delle casse previdenziali e quelli dell’Unione Europea, per i quali resta confermata l’operatività del sistema di riscossione a mezzo ruolo, anche se risalenti;

che deve ritenersi altresì infondata la censura di violazione dell’art. 117 Cost., sollevata in riferimento all’art. 6 CEDU, sotto il profilo dell’irragionevole incidenza delle disposizioni in esame sulla posizione di parità delle parti nei giudizi in corso, non configurandosi le stesse come un intervento isolato ed inaspettato rispetto ad un quadro normativo idoneo ad ingenerare nelle parti un ragionevole affidamento in ordine alla sua immutabilità, ma come uno stadio ulteriore di un percorso normativo avviato fin dal 1999 con la riforma del sistema di riscossione a mezzo ruolo, e proseguito con la sostituzione dell’organizzazione di carattere pubblicistico degli agenti della riscossione ai rapporti di concessione precedentemente intrattenuti dagli enti creditori con società private (cfr. Cass., Sez. III, 20/11/2020, n. 26531; 19/06/2020, n. 11972);

che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, nell’escludere l’intervenuto esaurimento dei rapporti tra l’ente e l’esattore, la sentenza impugnata non ha affatto negato soltanto per implicito la decadenza di quest’ultimo dal diritto al discarico, avendo specificamente affrontato, oltre alla questione riguardante la proroga dei termini per l’invio delle comunicazioni d’inesigibilità, quella concernente l’inadempimento degli obblighi d’informazione e rendicontazione, del quale ha espressamente escluso l’idoneità a giustificare la perdita del diritto al discarico, osservando che il mancato invio delle informazioni annuali comportava la perdita del predetto diritto soltanto per i ruoli successivi al 30 settembre 1999, mentre l’obbligo di rendicontazione, non previsto dal D.P.R. n. 43 del 1988, è stato introdotto, per i ruoli resi esecutivi prima del 30 settembre 1999, dalla disciplina transitoria del D.Lgs. n. 112 del 1999, che non prevedeva però la perdita del predetto diritto;

che tale ratio decidendi non risulta in alcun modo attinta dalle censure proposte dalla ricorrente, la quale, nell’insistere sulla perdita del diritto al discarico, si limita a far valere l’omessa valutazione della condotta inadempiente dell’esattore, evidenziando gli obblighi d’informazione e rendicontazione posti a carico di quest’ultimo, senza curarsi di contestare la ritenuta insussistenza di tali obblighi;

che l’affermazione della Corte territoriale, secondo cui i termini per l’invio delle comunicazioni di esigibilità, alla cui scadenza la ricorrente ricollega la perdita del diritto al discarico, sono stati invece prorogati fino all’entrata in vigore della L. n. 228 del 2012, trova invece conforto nella giurisprudenza di legittimità, la quale ha richiamato la distinzione tra proroghe c.d. generiche, applicabili ai vecchi concessionari nazionali o ai soggetti dagli stessi eventualmente scaturiti, e quelle c.d. specifiche, riguardanti la Riscossione S.p.a. e le società da essa partecipate, cui è succeduta l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, rilevando che, mentre le prime, disposte attraverso la modifica del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 59, sono perdurate fino al 30 giugno 2006, per effetto dell’introduzione ad opera del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, del comma 4-quater, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, le altre, applicabili nel caso in esame, sono proseguite ininterrottamente per effetto delle continue modifiche del D.L. n. 203 del 2005, art. 3, comma 12, volte ad evitare che le disfunzioni nell’attività di riscossione risalenti alle gestioni private si riverberassero a danno del pubblico erario (cfr. Cass., Sez. III, 19/06/2020, n. 11972; v. anche Corte Cost., sent. n. 51 del 2019);

che non può infine condividersi la tesi sostenuta dalla difesa della ricorrente nella memoria di cui all’art. 380-bis c.p.c., comma 2, secondo cui, in quanto configurabile come una sanatoria prevista unicamente a favore degli agenti della riscossione, confluiti nell’Agenzia delle Entrate Riscossione, il meccanismo del discarico automatico dei ruoli introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 527-529, si traduce in un aiuto di Stato contrastante con l’art. 107 TFUE, determinando un indebito vantaggio selettivo a danno dei concessionari operanti nel medesimo settore;

che, ai fini della qualificazione di una determinata misura come aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 107 TFUE, par. 1, è infatti necessario che ricorrano quattro condizioni, ovverosia a) che sussista un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali, b) che lo stesso incida sugli scambi tra gli Stati membri, c) che esso conceda un vantaggio selettivo al beneficiario, d) che falsi o minacci di falsare la concorrenza (cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 15/05/2019, in causa C-706/17, Achema; 13/09/2017, in causa C-329/15, ENEA, 19/12/2013, in causa C-262/12, Association Vent de Colere Ed altri);

che nella specie, anche a voler ritenere sussistenti le prime due condizioni, in ragione dell’introduzione della misura attraverso una disposizione legislativa e dell’idoneità della stessa a precludere il recupero di risorse che, pur non appartenendo direttamente al patrimonio dello Stato, spettano ad un organismo dallo stesso istituito (cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 21/10/2020, in causa C-556/19, Eco TLC; 10/12/2020, in causa C-160/19, Comune di Milano c. Commissione; 28/03/2019, in causa C-405/16, Germania c. Commissione), nonché a determinare un rafforzamento della posizione dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione rispetto ai concessionari operanti nel medesimo settore (cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 29/07/2019, in causa C-659/17, Azienda Napoletana Mobilità; 27/06/2017, in causa C-74/16, Congregacion de Escuelas Pias Provincia Betania), non risulta in alcun modo dimostrato che il discarico automatico si traduca in un vantaggio economico che la beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 15/05/2019, in causa C-706/17, Achema; 17/07/2008, in causa C-206/06, Essent Netwerk Noord e altri; 27/06/2017, in causa C74/16, Congregacion de Escuelas Pias Provincia Betania);

che, in senso contrario, depone d’altronde la stessa ratio della misura in esame, alla cui introduzione il legislatore si è determinato “tenendo bene presente la situazione complessiva dei ruoli ancora insoluti risultante all’esito delle ripetute proroghe concesse agli “agenti della riscossione”, ritenendo ostativa ad una sana e corretta gestione dei bilanci degli enti creditori ed all’efficienza del servizio di riscossione il mantenimento di crediti che continuavano ad essere considerati fittiziamente “esigibili”, trattandosi invece di crediti meramente virtuali, in quanto iscritti a ruoli emessi e consegnati in tempi risalenti ed ormai del tutto inesigibili essendo venuta meno ogni concreta probabilità di esazione (cfr. Cass., Sez. III, 19/06/2020, n. 11792);

che non merita dunque accoglimento l’istanza di rinvio pregiudiziale della causa alla Corte di Giustizia UE, ai sensi dell’art. 267 TFUE, par. 3, proposta dalla difesa della ricorrente ai fini della valutazione in ordine alla riconducibilità della misura in esame alla nozione di aiuto di Stato contemplata dall’art. 107 TFUE, e della conseguente disapplicazione della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 527-529, per contrasto con la normativa Eurounitaria;

che il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

 

 

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