Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4554 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2022, (ud. 14/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24115/2020 R.G. proposto da:

ORTOFRUTTICOLA N. S.R.L. in liquidazione, in persona del

liquidatore p.t. N.G., rappresentata e difesa dall’Avv.

Gerardo Coralluzzo, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

AZIENDA VIVAISTICA M.F., in persona del titolare

F.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Giangerardo Miranda, con

domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della

Corte di cassazione;

– controricorrente –

e:

FALLIMENTO DELL'(OMISSIS) S.R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 1039/20,

depositata il 23 settembre 2020.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 gennaio

2022 dal Consigliere Guido Mercolino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l'(OMISSIS) S.r.l., in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, illustrati anche con memoria, avverso la sentenza del 23 settembre 2020, con cui la Corte d’appello di Salerno rigettato il reclamo da essa interposto contro la sentenza emessa il 15 aprile 2020 dal Tribunale di Salerno, che aveva dichiarato il fallimento della ricorrente, su ricorso dell’Azienda Vivaistica M.F.;

che l’Azienda Vivaistica ha resistito con controricorso, mentre il curatore del fallimento non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 15, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto nulla anziché inesistente la rinotifica dell’istanza di fallimento, disposta irritualmente presso il domicilio del liquidatore, anziché presso la sede legale della società;

che il predetto motivo va esaminato congiuntamente al terzo, con cui il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 15 L. Fall., anche in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rilevando che la notificazione dell’istanza di fallimento non si era perfezionata, essendo stata effettuata mediante deposito dell’atto presso la casa comunale di (OMISSIS), anziché presso quella di (OMISSIS), benché la sede legale della società fosse situata in quest’ultimo Comune;

che i due motivi sono infondati;

che, in tema di notificazione, questa Corte ha infatti affermato, a Sezioni Unite, che l’inesistenza è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità;

che i predetti elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato, b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (cfr. Cass., Sez. Un., 20/07/2016, n. 14916; Cass., Sez. V, 16/02/ 2018, n. 3816; Cass., Sez. VI, 27/01/2017, n. 2174);

che nella specie è pacifico che, non essendo stato rispettato il termine previsto dall’art. 15 L. Fall., comma 3, ultimo periodo, in riferimento all’udienza fissata per la comparizione, è stata disposta la rinotifica-zione di persona dell’istanza di fallimento, non già presso la sede risultante dal registro delle imprese, come prescritto dal quarto periodo della medesima disposizione, ma presso il domicilio del liquidatore della stessa, effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., mediante deposito dell’atto presso la casa comunale del predetto luogo;

che la trasmissione dell’atto a mezzo dell’ufficiale giudiziario e la consegna dello stesso al destinatario, testimoniata dalla successiva costituzione in giudizio della società, consentono di escludere, alla stregua del principio dianzi richiamato, l’inesistenza della notifica, correttamente ritenuta soltanto nulla dalla sentenza impugnata, in quanto effettuata in un luogo ed a persona diversi da quelli stabiliti dalla legge (ma aventi, nella specie, pur sempre un riferimento con il destinatario), e quindi sanabile per effetto del raggiungimento dello scopo (cfr. Cass., Sez. Un., 20/07/2016, n. 14916; Cass., Sez. III, 9/03/2018, n. 5663; Cass., Sez. V, 6/12/2017, n. 29200);

che è invece fondato il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto sanata la nullità della rinotificazione dell’istanza di fallimento, per effetto della costituzione in giudizio di essa ricorrente, senza tener conto dell’intervenuta scadenza del termine perentorio fissato dal Giudice delegato per la rinnovazione della notifica;

che, mentre il termine fissato per la notificazione dell’istanza di fallimento e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione, ai sensi dell’art. 15 L. Fall., comma 3, ha carattere ordinatorio, non avendo il giudizio natura impugnatoria né bifasica, cioè produttrice di effetti prodromici e preliminari suscettibili di stabilizzarsi in difetto di impugnazione, con la conseguenza che, nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica ed in difetto di spontanea costituzione del fallendo, può essere assegnato al ricorrente un termine per la rinnovazione (cfr. Cass., Sez. I, 26/11/2018, n. 30538), quest’ultimo termine (la cui fissazione è riconducibile all’art. 291 c.p.c., ritenuto applicabile, in assenza di una disciplina specifica, anche ai procedimenti contenziosi che si svolgono con rito camerale, come quello prefallimentare) ha carattere perentorio, sicché la sua inosservanza determina l’improcedibilità del ricorso, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, l’eventuale costituzione del resistente, dal momento che il principio, sancito dall’art. 156 c.p.c., che esclude la rilevabilità della nullità dell’atto per avvenuto raggiungimento dello scopo si riferisce esclusivamente alle ipotesi di inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori (cfr. Cass., Sez. Un., 2/12/2005, n. 26225; 12/05/2006, n. 11003; Cass., Sez. VI, 26/10/2017, n. 25453; 24/05/2013, n. 12894);

che la sentenza impugnata va pertanto cassata senza rinvio, avuto riguardo all’improcedibilità della domanda, con la conseguente condanna della controricorrente al pagamento delle spese dei tre gradi di giudizio, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo e cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge per il giudizio di primo grado, in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge per il giudizio di secondo grado, ed in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge per il giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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