Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4553 del 27/02/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 27/02/2018, (ud. 22/06/2017, dep.27/02/2018),  n. 4553

Fatto

 

1. I ricorrenti indicati in epigrafe, in data 30 marzo 2016, hanno depositato istanza nella quale hanno rappresentato che, in relazione al ricorso iscritto a r.g. con il numero 4085 del 2013, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed iscritto a ruolo da essa, essi deducenti avevano notificato ricorso successivo, iscritto in seno all’altro.

Hanno, quindi, rilevato che, con decreto n. 7426 del Presidente Titolare della Terza Sezione Civile del 28 marzo 2014, essendovi stata rinuncia della difesa erariale al ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri, era stata disposta l’estinzione del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 391 c.p.c..

Sulla base di tali deduzioni hanno chiesto fissarsi la trattazione del ricorso da essi proposto.

Hanno, quindi, iscritto nuovamente il loro ricorso con il n.r.g. 6895 del 2016.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso così iscritto ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore proposta di definizione del ricorso dei ricorrenti con declaratoria di inammissibilità ed è stata fissata con decreto adunanza della Corte. Il decreto e la proposta sono stati notificati all’avvocato dei ricorrenti.

4. I ricorrenti hanno depositato memoria sottoscritta dall’originario difensore e da altro in forza di procura notarile.

Considerato che:

1. Il Collegio condivide la proposta del relatore nel senso della inammissibilità del ricorso.

Queste le ragioni.

2. L’istanza dei ricorrenti, cui si deve attribuire il valore di richiesta di trattazione in pubblica udienza del ricorso da loro proposto e che, a seguito della iscrizione a ruolo è stata iscritta come ricorso, non è ammissibile.

Si rileva che nell’istanza, come si è rilevato nella proposta, si è prospettato espressamente da parte dei ricorrenti che il decreto n. 7426 del 2014 dispose l’estinzione dell’intero giudizio di cassazione, in cui il ricorso dei ricorrenti assumeva, pur essendo stato proposto autonomamente, carattere oggettivamente incidentale rispetto a quello della presidenza del Consiglio dei Ministri (al di là del fatto che esso, come si diede atto nella rinuncia, non risultava notificato ai ricorrenti, cosa vera, atteso che risultava notificato alla stessa difesa erariale).

L’istanza di trattazione si deve intendere come richiesta di fissazione dell’udienza ai sensi del terzo comma dell’art. 391 c.p.c. con riferimento al ricorso dei ricorrenti in quanto iscritto al n.r.g. 4085 del 2013, ma anche di trattazione del ricorso della Presidenza del Consiglio, posto che la decisione sui due ricorsi non poteva che avvenire insieme (art. 335 c.p.c.) e non potrebbe, se dovesse nuovamente rendersi, che avvenire unitariamente.

L’istanza si sarebbe dovuta proporre nei dieci giorni dalla comunicazione del decreto al difensore dei ricorrenti nel ricorso, ma detta comunicazione, prescritta dal comma 3 dell’art. 391 non risulta effettuata.

Senonchè come rilevato dalla proposta, l’istanza, in mancanza di comunicazione, specie considerando che la sollecitazione di cui al citato terzo comma non è un’impugnazione, ma si risolve solo nella richiesta di trattazione del ricorso in pubblica udienza, avrebbe dovuto essere proposta nei dieci giorni dalla conoscenza effettiva dell’avvenuta estinzione del giudizio di cassazione iscritto con l’indicato numero di ruolo per effetto del decreto ex art. 391 c.p.c. del marzo del 2013.

Ora, risulta dagli atti del fascicolo d’ufficio che il difensore dei ricorrenti indicato in ricorso prese visione del fascicolo il 24 febbraio 2016 come da modulo sottoscritto di richiesta di restituzione del fascicolo di parte alla Cancelleria Centrale della Corte e che successivamente altro difensore, quello poi nominato con la memoria, chiese in visione il fascicolo, ma si vide rifiutare l’accesso.

Ebbene, il primo accesso, quello del difensore costituito, fu idoneo a far decorrete il termine di cui all’art. 391 c.p.c., comma 3.

Poichè l’istanza ai sensi dell’art. 391 c.p.c., comma 3, è stata iscritta il 24 marzo 2016 (e prima notificata alla difesa erariale il 15 marzo) risulta evidente che la sollecitazione ai sensi dell’art. 391 c.p.c., comma 3, è stata tardiva e ciò rende inammissibile il ricorso sulla base di essa iscritta.

Si rileva che il precedente di cui a Cass., Sez. Un. n. 19980 del 2014, avendo chiarito che l’istanza non è un’impugnazione del decreto, giustifica che, in mancanza di comunicazione, il termine di cui all’art. 391 c.p.c., comma 3, comunque decorra da quando si ha conoscenza effettiva del decreto.

3. Nella memoria, mutando la prospettazione dell’istanza reiterativa dell’originario ricorso si sostiene che nella sua letteralità il decreto presidenziale n. 7426 del 2014 si sarebbe riferito al solo ricorso iscritto dalla difesa erariale.

Effettivamente in esso si allude solo a quel ricorso.

4. Tuttavia, anche a voler esaminare il ricorso dei ricorrenti, considerando l’istanza di trattazione come mera sollecitazione a trattare il ricorso dei ricorrenti in quanto non attinto da alcun procedimento e dando rilievo al fatto che essa concerne solo la trattazione del ricorso successivo inserito a suo tempo nel n.r.g. 4085 del 2013 (ed ora iscritto con il n.r.g. su cui si decide formalmente) e non di quello principale della difesa erariale, si dovrebbe rilevare che:

a) il primo motivo di ricorso – con cui si lamenta che la sentenza non abbia provveduto sulla domanda della G. – è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che non fornisce alcuna indicazione specifica di dove e come la G. fosse entrata nel processo di merito e dunque, a torto la sentenza di appello l’abbia ignorata;

b) il ricorso avrebbe dovuto fornire l’indicazione specifica della sede della citazione introduttiva del giudizio in cui essa aveva formulato la domanda, della sede in cui sulla sua posizione si era deciso in primo grado e, soprattutto della sede in cui nella citazione appello la corte territoriale era stata investita della sua posizione;

c) nessuna di tali indicazioni è fornita nel ricorso e ciò è tanto vero che tal indicazioni vengono fornite inammissibilmente (essendo il requisito dell’art. 366, n. 6 riferito al ricorso) nella memoria, ma, peraltro, solo riguardo alla citazione di primo grado ed alla sentenza di primo grado, nulla dicendosi, invece, sulla citazione in appello.

d) che, peraltro, dall’esame dell’originale della citazione in appello presente nel fascicolo dei ricorrenti e recante il timbro di deposito del 14 aprile 2008 della cancelleria della Corte d’Appello di Roma (ma anche da una copia colà rinvenuta), emerge che il nome della G. risulta cancellato ed interlineato a penna nella detta citazione e, pertanto, emerge che l’appello non era stato proposto dalla medesima, onde il motivo sarebbe stato anche manifestamente infondato, in quanto la corte romana non era stata investita dell’appello riguardo alla G..

d) che il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, in quanto non forniscono elementi per superare la consolidata giurisprudenza di questa Corte sul criterio di liquidazione del danno agli specializzandi quanto agli accessori, non senza doversi rilevare che la corte romana aveva anche liquidato il danno capitale in modo eccedentario rispetto a quanto da detta giurisprudenza emerge (per tutte si rinvia a Cass. n. 1917 del 2012).

5. Il ricorso iscritto al n.r.g. 6895 del 2016 dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

Non è luogo a statuizione sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2018

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